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mercoledì 4 gennaio 2012

Ma la Francia dice no

Monti, il governo italiano, l’Italia potrebbero essere la sua ultima arma, l’ultima ciambella di salvataggio per il presidente francese Sarkozy, tanto potente in patria e tanto isolato. Più delle riserve di Moavero, è infatti la Francia, uno dei due fondatori della Ue “germanica”, che potrebbe portare al rifiuto della unione fiscale europea. Non subito, entro giugno: nella campagna elettorale di primavera e subito dopo. Ma già al vertice europeo tra un mese Sarkozy dovrà mantenenrsi cauto. A meno che il compito svolto e la buona coscienza dell’Italia non gli diano il coraggio e la possibilità di smarcarsi dalla cancelliera Merkel, se non di denunciarne le responsabilità.
Il presidente francese è praticamente solo in Francia a sostenere il patto tedesco. Ha contro la destra, ha la fronda socialista (ma tutte le correnti socialiste sono contrarie, compresa quella della supereuropeista Martine Aubry), e all’interno del movimento gollista, e nel nuovo Centro di François Bayrou e del suo nemico de Villepin, è criticato per l’eccessiva arrendevolezza. L’opinione resta sicuramente antifederalista in Francia, e più ora che la prevalenza tedesca è manifesta. Lo è di principio e di fatto. Di principio per la cessione di autonomia. Di fatto perché riduce salari e pensioni, nel mercato privato e nel potentissimo pubblico impiego, comprese le aziende pubbliche. L’«Europa tedesca» non piace. Alcuni esponenti socialisti si sono spinti a evocare i peggiori momenti del Novecento. Ma anche il candidato socialista Hollande, europeista, è andato in Germania a dirlo, al congresso socialista, alla vigilia del patto fiscale: “Non è concepibile un direttorio franco-tedesco per gestire l’Europa”. E: “Nessun paese ha lezioni da dare a un altro. Abbiamo bisogno di un compromesso dinamico tra la Francia e la Germania”. E anche la Francia potrebbe giovarsi ora del veto di Cameron, che impone accordi intergovernativi tra i 26, con le relative lunghe procedure. Senza cioè doversi spingere all’eccesso di sei anni fa, quando silurò la Costituzione europea con un referendum dall’afflusso massiccio.
Già si parla in Francia di Unione fiscale rivista. Sulla traccia della Costituzione europea. Quella bocciata al referendum del 31 maggio 2005, 448 articoli, redatta sulla base del trattato di Amsterdam tre anni prima, fu sostituita a metà dicembre 2007 dal Trattato di Lisbona, 70 articoli, e una quindicina di modifiche all’assetto iniziale. Una di queste è la possibilità di recedere dall’Unione. Anche per il Trattato di Lisbona il paese che pose più problemi fu la Gran Bretagna. Anche allora Polonia e Francia fecero leva sulla Gran Bretagna per far valere le loro proprie riserve.

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