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mercoledì 4 gennaio 2012

L’Italia, una democrazia autoritaria

È scandalo a Napoli – figurarsi – contro la gip Laviano che ha trascritto tal quale in una sentenza l’atto d’accusa della Procura. Escluso il dolo (che la dottoressa abbia stilato una sentenza-suicida, i magistrati lo fanno spesso), il fatto non è un’eccezione: il gip è un falso giudice, è un’ombra delle Procure, la dottoressa Laviano ha solo sbagliato la copiatura, evidentemente lasciata alla segretaria. Ma il peggio è quello che verrà: il Csm sanzionerà la dottoressa, blandamente, e tutto continuerà come prima, la giustizia la faranno le Procure. Contenti Napolitano, Vietti e ogni altro tutore della democrazia. Perché la democrazia italiana è autoritaria. Si dice bloccata ma è autoritaria.
L’autoritarismo è una categoria precisa (insomma) della sociologia politica, da cui l’Italia è sicuramente protetta dalla sua Costituzione, ben democratica. Ma è un miraggio, la realtà della vita quotidiana – anche a voler rifiutare la nozione di costituzione materiale, che pure è ben reale – è autoritaria. La Costituzione è ben salda in Italia e anzi non si riesce nemmeno ad ammodernarla, per come necessiterebbe. Ma è inapplicata. In ogni suo capitolo e si può dire in ogni suo articolo: sulla presidenza della Repubblica, il federalismo, il sindacalismo, la libertà d’opinione, il diritto al lavoro, la protezione delle minoranze e dei deboli, la giustizia, naturalmente, ancora iperfascista. E il governo: l’invenzione del governo tecnico, che non esiste in nessun posto se non negli interessi costituiti, è solo una stravaganza nell’anticostituzionalità ordinaria.
Un semplice elenco dei fronti autoritari è già una spiegazione, tanto l’antidemocrazia vi è manifesta.
L’informazione non ha alcuna deontologia se non quella dei suoi padroni – Rai compresa.
Tutti i corpi separati dello stato.
Compresa la corte Costituzionale – non ha mai protetto il cittadino.
Il Csm, le Procure, i Tribunali.
Le Poste.
Il fisco.
Le Autorità. L’illegalità di fatto le Autorità costituire da Prodi nel 1997 a protezione dei clienti e degli utenti non hanno fatto che aggravare, al costo di qualche miliardo per il loro lussuoso mantenimento.
La proliferazione normativa.
La mutevolezza delle norme: ciò che è valido il mese scorso non è valido ora, e tra sei mesi sarà ancora diverso. In un’elezione si anni fa a Roma si è votato con cinque sistemi elettorali diversi – o erano sei?
La proliferazione: ci sono un centinaio di termini e prescrizioni diverse, per le multe stradali, i ricorsi, gli accertamenti fiscali, diversi di anno in anno. Perfino per il finanziamento pubblico dei partiti, che un certo anno è perseguibile, quando un certo partito che ci è antipatico si può accusare di finanziamento illegale, ma l’anno dopo no, se un altro partito che ci è simpatico si è finanziato illegalmente.
Un’Italia si può dire, in fatto di leggi e applicazione della legge, fortemente autoritaria. Con la giustizia ridotta a intercettazioni e dossier, con fortissime discriminazione fra i potentati e anche fra i comuni. Oberati da una microlegislazione proteiforme e inaccessibile, che cambia le regole, le procedure, i termini ogni paio di mesi, e i nuovi termini rinchiude in sigle di una riga incomprensibili eccetto che ad avvocati e commercialisti da pagare profumatamente, Dpr, Dprm, etc. Una legislazione che ha sostituito l’imposta bruta del sale, ma ha lo stesso scopo, ed è molto, infinitamente più, onerosa.
Il fatto principale, che mai si mette in rilievo, e anzi si annega sulla società che è peggiore dei politici, è che l’Italia è impropriamente una democrazia. Cosa che tutti sanno, eccetto gli studiosi. La Costituzione è democratica ma lo Stato è sempre quello umbertino\fascista, ribattezzato etico dagli stessi fascisti, e cioè autoritario. La Resistenza non ha debellato quello Stato, non ci ha nemmeno tentato. Il Sessantotto l’ha sfidato e in parte vinto, ma l’impianto resta autoritario, e le aree autoritarie sono più di quelle democratiche.
Enorme è l’autoritarismo che il politico mantiene, non più controllato, da una quindicina d’anni, dalla dialettica politica: sanità, fisco, giustizia, amministrazione urbana, informazione, le funzioni pubbliche principali dipendono dalla mediazione politica – la raccomandazione, la lottizzazione. E persino i minuti adempimenti della vita quotidiana: l’iscrizione alla scuola, la pulizia delle strada, l’equità del servizio pubblico, considerato anche il tempo e la fatica delle code. Tariffa.
Si è cancellata con i socialisti la funzione di controllo del potere politico. O delle due subculture dominanti, la cattolica e la comunista, apparentate negli anni 1970 da Berlinguer nel compromesso storico, e quindi nella gestione della specifica questione morale che lo stesso leader comunista imponeva. La libertà è come non mai intesa come sottogoverno, affiliazione alle due culture dominanti, faziosamente discriminatorie.

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