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domenica 21 luglio 2013

Canfora si spreca

“Gesù morì come Meleagro”, il “Sole 24 Ore” apre così il suo supplemento letterario (giovandosi di uno studio iconografico a quattro mani di Settis, Ginzburg, Maria Luisa Catoni e Luca Giuliani), il giornale del cardinale Ravasi, e dunque non c’è da meravigliarsi. Ma la funzione di Giovanni Paolo II ridotta a “liberare” le prostituzione polacca e ucraina per i mercati dell’Ovest (sic!, p. 143) non fa nemmeno ridere. Non è la sola scemenza di Luciano Canfora in questo intervistone. Carioti sempre accorre a metterci una pezza, ma l’incontinenza sembra aver colpito lo studioso – è anche lui, come Camilleri, a un libro al mese. Innumerevoli e fantastiche le elucubrazioni su Stalin – anche noiose per la verità, dopo la prima sorpresa (Canfora ha pur sempre il merito di parlarne, l’Urss è in Italia come se non fosse esistita). Lui che non era comunista. Sciocco (scipito) lo snobismo antidemocratico – la scoperta dell’Africa, la quale era stata scoperta prima di Gesù Cristo. Intemperante come un (vecchio) lettore del “Manifesto”, con sussiego critico.
Forse è la formula: trecento pagine di so tutto non le reggerebbe Domineddio, il deprecato. Il monumento inevitabilmente è indigesto. Ma qui di più perché Canfora vi si presta, malgrado la saggezza che professa, di tutto sa di più, da Tucidide a Stalin: l’Occidente, l’Oriente, la schiavitù, i monoteismi, l’arricchimento, le élites, le plebi. Asintotico e apodittico, il che aggiunge alla fatica della lunga lettura. Una sorta di esercizio masochista, in autoantipatia.
Il problema è che Canfora è diventato “comunista” dopo – ma qui dice che lo era già a quattordici anni, al punto che, prima di compiere i quindici, aveva già abiurato? O è il modello talkshow che sembra esaurire ogni ambizione? Fare il personaggio, con inquadrature lusinghiere, e parlare il più a lungo possibile, non importa ciò che si dice. Con qualche merito, Canfora ne ha le attitudini, bisogna riconoscergliele.
Come studioso dei processi politici si professa ricercatore, se non teorico, delle élites. Incantato dalla “generale vittoria della storia, intesa in senso continuistico, sull’ideologia” (non possiamo non dirci crociani?), in Russia, in Cina, in India. Di Gramsci ricorda che vedeva il fascismo “destinato a durare”, non un’opera dei pupi: “Mussolini aveva pacificato l’Italia”, dopo una quasi guerra vivile. Gli dei greci sono gli stessi degli egiziani, seppure con nomi diversi. La chiave del crimine organizzato (mafie, terrorismi) è in Tucidide – nella parafrasi di Canfora: “Spesso i congiurati commettono tutti insieme un reato per confermare il legame reciproco e vincolarsi a non tradire”. La sofistica, “che è forse la matrice di tutta la filosofia successiva (inclusi i suoi strenui avversari Socrate e Platone), esprime un pensiero radicalmente laico, che mete in luce il carattere convenzionale della legge di contro alla «natura umana» unica vera. Dov’è la divinità in questa concezione del mondo? Non c’è, non vi trova alcuno spazio”. Il ceto medio “assomiglia un po’ al Medio Evo, che è definito dal fatto di collocarsi tra l’antichità e l’età moderna”, e in realtà non ha nome. E Mussolini “espressione dei ceti medi emergenti”? “Mussolini può contare anche su vaste adesioni tra le classi popolari”. Non è tutto, ma è vero che non è molto.
Violenta ma magistrale, in ogni punto, la diagnosi dell’Europa germanizzata, o dell’euro. Canfora sa anche che la magistratura politicizzata è di destra.  E fa capire, anche se su questo non si espone, che la “guerra civile” imposta ai grandi giornali, tipo le 10 domande a Berlusconi su “Repubblica”, risponde a una mentalità violenta. Fungendo da sparring partner al suo talkshow qualcosa però gli va obiettato. Lo Stato sociale non è stato creato dopo la grande guerra, fu creato da Bismarck, e rinvigorito negli anni 1930 dal laburismo britannico. È sempre dubbio che Berlinguer intendesse quello che diceva quando parlava di autonomia dall’Urss, poiché ne ha ricevuto dollari e materiali pregiati (con gli sfioramenti svizzeri sull’ex-import con l’Italia) fino all’ultimo. E soprattutto perché il Pci è arrivato al 1989 del tutto impreparato, senza sapere che fare – e lo dimostra ormai da venticinque anni. È il fascismo che “traccia il solco” al nazionalismo nei paesi ex colonizzati, per quasi un secolo e ancora dura. Non Breznev, e sicuramente non il nazismo (il nazionalsocialismo), che sciocchezza. Quanto all’Europa Anno Zero, Canfora si dice folgorato da Niall Ferguson, “Occidente. Ascesa e crisi di una civiltà”: “Stiamo vivendo la conclusione di 500 anni di predominio occidentale”. Questo è vecchio messianesimo da “Enciclopedia Sovietica”: gli Usa non sono Occidente, la Cina non è un colosso coi piedi d’argilla, e perché non chiamare l’Europa Europa? L’impero Usa è “piuttosto ammaccato”. Dove? In America Latina, il cortile di casa? Nel Medio Oriente, che gli Usa controllano in ogni granello di sabbia, mantenendovi mezzo mondo? In Cina, nel Pacifico? In Europa? Per uno storico, seppure dell’antichità, parlare del cristianesimo come ne parla Canfora è un’offesa a se stesso prima che al suo soggetto. Del papa abbiamo detto. Del cristianesimo l’approssimazione meno ostile è: “Una scuola d’intolleranza che sfocia nelle guerre di religione”.
Antonio Carioti, a cura di, Luciano Canfora, intervista sul potere, Laterza, pp. 283 €12

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