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giovedì 9 aprile 2020

Il corpo di Napoli, a letto e in cronaca

Avendo deciso che Napoli è il luogo “dei corpi, della carne, del sesso”, lo scrittore “siculo-francese” che di Napoli è diventato cittadino onorario la mette in scena in vicende di sesso avventuroso infaticabile, e di ludibrio. Mentre lui stesso naviga personalmente in un mare di rotondità, tra coiti a ripetizione, di ogni genere – omaggio allo sdoganamento della pornografia che si praticò nell’editoria europea un lustro fa (in Carrère se ne trovano casi, perfino nel casto Enzensbger)? Questo nella seconda raccolta del volume, “Encore en tour autour de la vie”, del 2016 – ai sessant’anni, non detti, dello scrittore? Con le storie parastoriche della Santa Vulva (Suor Giulia di Corna), una Santa Baubo giovane, tra Cinque e Seicento – la Baubo originale è la vecchia che fece sorridere Demetra, in lutto per la scomparsa della figlia Persefone, denudandosi le parti basse. Della saponificatrice di Venafro, molto brutta e molto fascista, e molto abile in affari, roba della entrata in guerra, col processo, e le memorie in carcere. E dei”bambini-doccia” nei bagni di scuola dei-delle tredicenni a Napoli.
Un caso di cronaca, quest’ultimo. Come quelli che Schifano racconta nella prima raccolta del volume, “Everybody is a star”, del 2003. Un seguito delle fortunate “Cronache napoletane”, 1984: cronache semplici, prese dall’attualità, e raccontate il più semplicemente possibile, con linguaggio quasi piatto, da verbale giudiziario. Che atterriscono per gli eccessi, quasi sempre di violenza, quasi sovrumana, di Napoli in questi ultimi decenni. Di furori quasi astratti, tanto sono inimmaginabili: la mamma che castra il figlio omosessuale, il giovanissimo camorrista che uccide la madre perché ha un amante. Compresi già i bambini terribili che poi diventeranno “paranze”. Racconti, si direbbe, alla Malaparte di “La pelle”. Soprattutto quelli della seconda raccolta. Ma anche i primi, brevi aneddoti inverosimili, benché senza l’onirico - l’inverosimile, o fantastico, è nei fatti. Racconti “omerici”, o tragici, da intendere per ineluttabili. Senza tornaconto o calcolo. In effetti non sociologizzabili, se non per un pregiudizio post-unitario, oggi leghista.
Ma Schifano è anche conoscitore come pochi, oltre che estimatore, della “nobilissima Partenope”. Padroneggia perfino, da virtuoso, il napoletano stretto in traduzione, riuscendo a salvarne il senso sonoro oltre che semantico. E ne racconta il male da difensore preconcetto della città, contro tutto e tutti, soprattutto Garibaldi e i Savoia. Per ultimo usa il lapsus di papa Francesco a Napoli, “la corruzione spuzza”, per salvarne anche la corruzione: il papa voleva dire che quella di Roma, del Vaticano, puzza anche di più.
Polemiche soprattutto le presentazioni: “Chi non riconosce il valore dei Borboni non sa niente di Napoli. Carlo III è stato un grandissimo dirigente. Loro hanno costruito, i Savoia invece hanno distrutto”. La città è un corpo martoriato, dall’unità: “Napoli è come un ex voto, da 150 anni è smembrata, il cuore qui, una gamba là”. Malignamente profetico: “Fra 50 anni Salerno e Caserta saranno unite da un solo territorio urbano, sarà cosa favolosa. Volevano ridurre Napoli a una città bonsai, invece ne hanno fatto una pantagruelica”. Il prologo alla seconda raccolta, intitolato “Garibaldo”, si propone di “fare giustizia” di questo “Fregoli della storia”, intenzionalmente deformato in ribaldo. E di Cavour: gli occhiali di Cavour, “’e lent’ a Cavour”, sono a Napoli le manette.

Jean-Noël Schifano, Le corps de Naples. Folio, pp. 305 € 8


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