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venerdì 8 luglio 2011

Letture - 68

letterautore

Camilleri – Ha collaudato, con più costanza che Pirandello, Capuana o De Roberto, anzi come tipologia unica, il meridionale “fascistone”. Specie nei gialli di Montalbano, ma anche negli altri racconti.
Del fascistone Montalbano non è il prototipo in quanto personaggio d’invenzione, ma ha tutte le carature prescritte. Un capoccione dotato di molto ego (si dice personalità) e che non bada a nessuno, al procuratore, al questore, al vescovo, all’onorevole, una sorta di anarchico dell’ordine. È il fascistone simpatico perché integrale, in ogni suo gesto, detto o rapporto, con la fidanzata, gli amici, i subordinati, i cittadini, uno che parla male, un po’, dei carabinieri, e della Dc, e copre le tresche del suo vice, della cui moglie si professa amico. Le donne attorno a lui sono inaffidabili, mantidi, sciocche, ricattatrici, sfruttate, eccetto qualche vecchia insegnante - una tipologia tutta negativa, che Luca Zingaretti nei film ammorbidisce, non resistendo al fascino delle caratteriste locali, tutte con esperienza collaudata di teatro.
Sono del fascistone anche i cliché che fanno Montalbano consolatorio. E i luoghi comuni: tutto è bello in Sicilia, gli sbirri sono un po’ scemi (in basso e in alto, i piantoni e i questori), la politica è bugiarda e ladra, la mafia strana, le donne infide, e c’è pure la svedese, facile. Il lieto fine. I ruoli notabilari. L’immutabilità soddisfatta. Tutto peraltro realistico. Molto. Sicuramente più del tutto mafioso, e più produttivo. Ma in un quadro di compiaciuta stabilità.
Montalbano è peraltro l’ordine di cui di cui Camilleri soprattutto si compiace, nell’intervista con Francesco Piccolo (il lungo colloquio è buona parte del “Michele Sparacino”). Pretendendosi impegnato per la giustizia, che invece teme, e nella politica che invece non cura, giusto per non creare increspature andando controcorrente, e la vita di paese e i plot risolve nei circoli, dei nobili, dei borghesi, dei compagni, gli altri comprimari riducendo a maschere da commedia dell’arte. Al suo personaggio avendo assegnato immutabile, senza sorprese - il fascistone non è uomo di sorprese - questo quadro: una fidanzata impicciona e inesistente, puro dileggio, ragazze e checche ricattabili e ricattate, politicanti mai puliti o intelligenti, questure di trogloditi. La stessa concezione che Camilleri ha del Pci e del movimento è di destra: del galantomismo, per l’ordine e il coraggio. Anche il rapporto di Camilleri col proprio padre naturale, nella stessa intervista, è, sebbene rispettoso, molto fascistone: quando il figlio in carriera è sempre migliore del padre, più sensato, di più esperienza, più generoso, al limite sempre della disperazione (per colpa del padre, la colpa di esistere), più saggio, più capace, più previdente e protettivo.

Fascistone – È il tipo risolutivo: pieno di sé, rassicurante, maneggione, sapientone, introdotto, un trickster aggiustatutto. Senza il riserbo che caratterizzava il vecchio notabile, anzi invadente, se non vantone, pure nel fisico: petto in fuori, testa eretta, occhi perforanti, voce tonante, quando non è sorretto dall’altezza.
Una parola meridionale per una figura però non necessariamente meridionale. Montalbano, il personaggio più popolare e amato, certamente lo è. Anche il suo creatore Camilleri vi si atteggia. Ma Montanelli ne è il prototipo, sempre pieno di sé, nella coerenza e nell’incoerenza, nella generosità e nella cattiveria, fascista e antifascista, comunista e anticomunista, e sempre con la coscienza pulita, anzi più pulita di ogni altro.
Il fascistone meridionale non è un reduce di Mussolini, anzi lo avrebbe disprezzato, ma è autorevole e autoritario, e tutto dice, sa, fa, e risolve. Non è nemmeno di sinistra, non può esserlo, ma un po’ come Croce ci voleva tutti liberali, concede che tutti dobbiamo essere un po’ di sinistra. Si vuole anticonformista, ma con moderazione, un po’ laico, con moderazione, e un po’ bacchettone, sempre con moderazione: non vuole sollevare onde, vuole piacere a tutti. Vuol’essere il centro della simpatia, l’interprete del sentimento comune, quello che tutti vorrebbero essere – magari comunista, una volta, nell’intimo, poiché il Pci, che ha avuto al Sud breve vita, si è creata per quei lontani anni un’aura d’irenismo e giustizia, ma non del Partito. Critica i Dc ma li rispetta. E del fascismo ha solo la doverosa memoria storica, più ridicola peraltro che violenta.

Pasolini – Il poeta debutta con componimenti filologici – subito adocchiati dal filologo Contini – in “volgare”. Sul modello di Dante, con analoga pretesa di separazione dalla cultura colta, e invece con onnivora scienza. Conclude con “Le ceneri di Gramsci”, che sono Foscolo ingigantito. Per l’eloquenza ricercata, che anche la sfida fa sempre retorica – qui è nel metro martelliano, recuperato perché squalificato, “maledetto”. Si può dire che ha perduto l’occasione di una nuova “Commedia” che la storia, personale, politica, gli proponeva?
Pasolini ne ha sempre cognizione, ma sempre la omette, della feroce, violenta antropofagia comunista, benché invasiva, anche sul piano personale, e opprimente. Per pavidità? Per opportunismo? Perché non era nelle sue corde. Era un esteta foscoliano, quindi ingaggiato e polemista nello spirito del tempo nel quale era cresciuto, dannunziano – della vita che imita l’opera (tanto dismesso-omesso quanto invadente nei suoi anni formativi).
Non si misurano ancora abbastanza le omissioni cui la cultura di partito chiamava, con inevadibili autocensure. Togliatti insomma. Altrove, dove c’è un partito con la stessa egemonia culturale, in Francia per esempio, o nell’antifascismo spagnolo, non c’erano le stesse censure, il centralismo fu ferramente democratico solo in Italia. Pasolini ne fu partecipe, anche se si costituiva alibi, ma in quanto letterato, cresciuto nella concezione della letteratura aliena – in contrasto con la vena di polemista, e quindi con la sua capacità di giudizio politico, ma questo è un altro discorso, dell’eroismo o coerenza.

Il friulano non è la lingua di Pasolini. Si dice che era la lingua materna. Ma non si parlava friulano in casa. Pasolini non parlava friulano con la mamma e i cugini. Il suo eloquio, le sue prose non ne hanno gli accenti né le cadenze. Il friulano è il suo “volgare”, un campetto di esercitazione, o uso a freddo delle parole – come lo sarà, con maggiore-minore fortuna, il suo romanesco. Il friulano Pasolini dice, in un testo postumo, “la lingua di mia madre”, che non è propriamente la lingua materna.

Pound – Collaborò negli anni 1930, con William Carlos Wiliams, T.S. Eliot e E.E.Cummings, a una rivista di poesia intitolata “Furioso”, creata e curata all’università di Yale da James Jesus Angleton. Che a fine anni 1940 sarà ai vertici della neonata Cia, dopo aver fatto con successo le prime esperienze di spia a Roma alla Liberazione.
Angleton, cresciuto a Milano, dove suo padre aveva rilevato la sussidiaria italiana della NCR, era bilingue. Fu a capo dell’ufficio Italia dei servizi segreti americani dal febbraio 1944, da Londra. A novembre fu trasferito in Italia, dove rimase dopo la guerra. Gli storici della Cia gli attribuiscono un ruolo di iniziativa e organizzazione nella sconfitta del Fronte popolare l’8 aprile del 1948, aggregando il potere d’influenza della mafia e del Vaticano, e il voto neo fascista. E quindi nella successiva decisione del Congresso Usa di creare la Cia. Nel 1951 fu incaricato dell’ufficio Israele. Nel 1954 fu nominato capo del controspionaggio, carica che mantenne fino alla pensione nel 1975.
Angleton era in eccellenti rapporti con Kim Philby, a Londra e a Washington, per cui negli anni 1950 subì il contraccolpo della defezione di Philby e altri intellettuali inglesi a Mosca. Ma il capo della Cia Allen Dulles apprezzò la sua capacità di giudizio. In particolare la cautela sulle operazione di rollback (sovversione) proposte e tentate da altri suoi dirigenti in Albania e Polonia, tutte fallite.
Con Pound Angleton rimase sempre in contatto – così come con Eliot, Cummings e Williams. Una lettera di Pound al futuro capo del controspionaggio è in testa al sito leconomistamascherato (Geminello Alvi?). Sarebbe di Angleton l’escamotage per cui Pound divenne non giudicabile perché “pazzo”.

J.Roth – Si ricorda – anche Magris - soprattutto che fu cattolico e ubriacone. Cattolico con più forte riprovazione. È un’assurdità ma è la contemporaneità, sia nordica (protestante) che latina (anticlericale). È anche un reliquato della vecchia intramontabile ostilità dell’ebraismo contro il cristianesimo, solo “ribattezzata” (rigiustificata) dall’Olocausto, con la colpa.

letterautore@antiit.eu

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