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giovedì 7 luglio 2011

Bossi flaubertiano

Elementare e geniale. Un’idea non italiana naturalmente - noi siamo arrivati, con difficoltà, all’Uomo Qualunque. Detta in tre battute. L’uso volgare, brutale, provocatore del linguaggio da parte di Bossi, per smontare la politica tradizionale. Il suo parcheggio in una zona ben visibile, un teatro all’aperto da commedia dell’arte, con ruoli riconoscibili, e per questo stesso fatto rassicuranti oltre che distruttivi. La riconquista su queste basi affidabili – la semplicità, la chiarezza, la secchezza - della politica.
È “l’arroganza della semplicità”, nota l’autrice, antropologa di professione. Che però non può non vedere che essa si dimostra, negli enunciati e nei fatti, più “gramsciana” della vecchia sinistra. Nel senso che recupera dal nulla, insomma con poco, l’egemonia culturale, molto al di là dei suoi esiti elettorali, che pure sono lusinghieri – resta da dire che la Lega è fenomeno milanese, e che diventa nazionale perché Milano si è impossessata dell’Italia: è un fatto più propriamente economico e sociologico, e quindi bisognerà aspettare qualcun altro oltralpe ne abbia voglia.
Il titolo echeggia “L’idiota in famiglia”, il volumone che Sartre affettuosamente ha dedicato a Flaubert. Spiritoso. Ma ha propiziato una terribile reprimenda di Pierluigi Battista a Gad Lerner, reo di aver firmato la prefazione: “Bobbio non chiamava idioti gli avversari” – ed è l’unica eco che il libro ha suscitato, per il resto il solito assordante silenzio. Un’altra cosa da dire però ci sarebbe: Lerner stigmatizza lo stilema della beffa, che “svuota di significato la politica”. Lui non si rivede mai? Meglio la beffa comunque dell’indignazione – un Umberto Eco onesto direbbe Bossi più onesto di Lerner.
Lynda Dematteo, L’idiota in politica. Antropologia della Lega Nord, Feltrinelli, pp. 266 € 16

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