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lunedì 4 giugno 2012

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (130)

Giuseppe Leuzzi

Il razzismo è oggi mentale, pervasivo. La famosa domanda “sposereste un-a negro-a” che delimitava il razzismo si è oggi in qualche modo risolta, è possibile sposare un-a negro-a dimenticare che lo sia. Ma non un-a meridionale, questo sarà sempre presente.

La Lega (Milano) ha impoverito l’Italia
Chi ha vissuto il leghismo negli anni prima della sua (prima) sconfitta nel 1996, non se ne libera. Poiché lo ha vissuto, cioè sofferto, chi, da Milano a Pordenone, aveva idealizzato il “Nord” come un mondo migliore. In qualche caso, per esempio in Emilia-Romagna, per esempio a Sant’Arcangelo di Romagna, San Mauro Pascoli, attorno a San Marino, il Sud era stato tenuto fuori. Se necessario riducendo l’attività in campagna e murando le case abbandonate, per evitare che dei meridionali vi s’insediassero. Altrove l’accesso era stato libero, per la necessità che c’era di braccia, e anche di professionalità: medici, infermieri, chimici, ingegneri, insegnanti. Il “respingimento” a opera dei bossiani fu imprevisto e doloroso: una sofferenza talvolta personale, ma sempre culturale, identitaria. Anche quando si manifestava come negazione della negazione – a un certo punto fu linguaggio d’obbligo: “Io non sono leghista, io non ho pregiudizi”. Molti si scoprirono come non essere.
L’effetto è diverso oggi, sulle generazioni successive, per le quali la Lega è un partito coma tanti, non grande, e umorale, e l’Italia è quella che era, unita nella diversità. Oggi nessuno si attende niente da nessun altro, il Sud sa di essere Sud, il Nord Nord, non molto felice, senza delusioni né recriminazioni, l’Italia torna unita nella diversità. Con una differenza minima: il Nord continua a non sapere nulla del Sud, nemmeno la geografia, il Sud comincia a non sapere più a memoria il Nord. Quindici anni fa era diverso. Accantonando la sfera passionale, i (ri)sentimenti, stando alla morfologia, è come se Milano avesse rinunciato a fare sua l’Italia nel momento in cui con più forza e costanza ne ha tentato – ne tenta – l’annessione. Dal punto di vista di Milano. Dal punto di vista del resto d’Italia è stato ed è un impoverimento.

Non propriamente cattolici, e nemmeno cristiani, Giavazzi, Micheli, Vitale su tutti, coi soci Barucci e Gennarini e il sindaco Tavecchio, Gregotti, Pansa, Modiano, e destra e sinistra unite nella lotta, la società civile dei belli-e-buoni con i berlusconiani, gli avvocati di Bazoli, Lombardi e Pedersoli, col Pdl Contestabile. Tutti insieme intimano al papa di cacciare Bertone. Potrebbero non farcela, al papa è impossibile mandare un avviso di reato - di garanzia. Ma sarebbe la prima volta, Milano non perde mai.
Milano ha perduto l’Italia, perché non perde mai.
Lo studio Vitale & associati ha molto lavorato col San Raffaele di Gotti Tedeschi, il manager cacciato dal Vaticano di cui gli ottimati ambrosiani intimano il reintegro. Col San Raffaele che Gotti Tedeschi all’improvviso dichiarò fallimentare, su istanza di Bazoli. Ma non si vergogna di imporre il reintegro al papa, non c’è conflitto d’interessi quando si afferma la verità e l’onestà. Cioè Milano.

Breve storia del Nord – 6
A lungo il Nord fu “ariano”, per un paio di secoli fino a Hitler. In Inghilterra più che in Germania. E a lungo solo i migliori indiani furono “ariani” nell’impero britannico, benché gli ariani fossero in definitiva indiani. Nord contro Sud non è la facile dicotomia dell’Italia, in cui il Nord prospera, specie il Lombardo-Veneto, l’a-rea più ricca del pianeta, contro calabresi mozzateste, siciliani traditori di se stessi, e i soliti ladroni napoletani. Che non è vero ma il Sud ci crede. È un altro Nord, non virtuoso, neppure ricco, che pretende – pretendeva? - di sottoporsi il mondo perché è biondo, quando lo è. Per la razza. Razza di predoni.

Il Nord è “ariano” – anche se non si sa che cosa voglia dire. Meglio, ariogermano, parola amata in Germania: si disse indogermani a lungo prima che indoeuropei, già prima dei primati nazionali - forse per dare un’identità ai tedeschi. Il sentimento era diffuso, con poche eccezioni: il diavolo di Heine, che è laureato, studia il sanscrito. E con una sola parentesi, attorno al 1880, quando insorse il dubbio se autoctono non era meglio - più nobile, più antico - che immigrato dall’India. Toccherà a Rathenau, ebreo (l’Arnheim dell’ “Uomo senza qualità” di Musil), sancire da ultimo senza ipocrisie a ritmo di conquista (“Un popolo biondo superbo nasce nel Nord….”) l’origine settentrionale degli “ariani”.
Già la casta Hildegarde poneva però il problema, quando decise che Adamo e Eva parlavano tedesco, e il motivo era semplice: “La lingua Teutonica non si divide come la Romana”, scrisse in latino. E si arriva alla conclusione, la scienza vuol’essere esatta, che “ariani” sono gli alleati della Germania: lo stabilì nel 1917 lo storico dell’arte Strzygowski nel dotto Altai, Iran und Völkerwanderung, nel quale fa della razza nordica un misto di tedeschi, ucraini, armeni, persiani, ungheresi, bulgari e turchi. “Protoariani” furono i greci antichi, anche se non lo sapevano, i primi etnocentristi. Ne avevano materia, avendo inventato la democrazia, l’uguaglianza, la cittadinanza, e la libertà di pensiero e di parola - anche se un fardello ingrato appendevano ai futuri “ariani” teutonici.

Non si può farne colpa ai nordici. È stato Jean Bodin a dividere la storia in tre periodi e tre aree: popoli sud-orientali, popoli di mezzo nel Mediterraneo, e popoli nordici, i vincitori di Roma. Il Settecento ha detto il Nord migliore del Sud, e i biondi dei bruni, il freddo del caldo, per essere antigesuita. Il Settecento e l’Ottocento hanno varato gerarchie solide, culturali, morali, religiose. Una cultura ripiena al Nord di superiorità varie, quindi astiosa. Mentre lo sanno anche i sassi, figurarsi Max Weber, che il Sud è migliore del Nord, più giusto e pure più capitalista. La Prussia raddoppiò nel 1815 annettendosi la Renania, che era il polmone culturale e libero della nazione e sarà quello finanziario e industriale, cattolica. Mentre la Prussia vera e propria rimaneva luterana, feudale e, nelle campagne, che erano tutta la Prussia, la Pomerania e il Magdeburgo, servile. La servitù vi fu abolita nel 1807, sotto la minaccia napoleonica, ma solo di diritto, in Slesia e in Galizia si mantenne di fatto e di diritto fino al ’48 - sarà la prova che erano polacche e non germaniche? E in Ungheria e nella civilissima Boemia. Anche la libertà fu meridionale in Germania e cattolica: nel 1832, a conclusione dei moti del ’30 e malgrado le pressioni ostili di Metternich e della Prussia nel quadro della Confederazione tedesca, i principati meridionali e cattolici, il Baden, la Baviera, Nassau, il Württemberg e l’Assia-Darmstadt adottarono le costituzioni.


PentitiIl facile paradigma con cui il calcio malato se ne è appropriato ne dice la natura venefica. Sconcia anche nelle mani di certi Procuratori. Al primo processo della giustizia sportiva per le scommesse, il Procuratore Palazzi ha spiegato che chi si pente, cioè denuncia gli altri, non sarà condannato, se non a pene miti. E ha subito messo in atto il proponimento, a favore di due dei calciatori che sono stati il fulcro della corruzione, Carobbio e Gervasoni. Che finiranno così condannati dalla giustizia penale a pene più lunghe della sospensione sportiva.
È giurisprudenza napoletana – il Procuratore Palazzi lo è – ma non si può dismettere: è un ragionamento che tiene campo, e non si può pensare che ovunque sia barbarie. Con due effetti perversi. Uno sarebbe che, se Riina e Provenzano si decidessero a fare nomi, anche loro andrebbero derubricati. È già successo peraltro, anche se Spatuzza e Brusca sono animali di calibro minore - sono feroci pure loro.
Il secondo effetto perverso è che il pentito è automaticamente più credibile di un qualsiasi non criminale cittadino che egli voglia accusare. A prescindere dalla validità dell’accusa: l’accusato è comunque già condannato dal privilegio accordato al pentito. Che potrà tradursi in una riduzione della pena, e comunque gli garantisce l’impunità dal reato di calunnia. Ci sono state molte assoluzioni di vittime dei pentiti, ma nessun pentito è stato mai perseguito per calunnia, come sarebbe d’obbligo per un giudice.

leuzzi@antiit.eu

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