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giovedì 8 aprile 2010

Secondi pensieri - (41)

zeulig

Bisogno – Va dimostrato. La presunzione di bisogno è disonestà intellettuale. Mettere metà Italia nell’area del bisogno, o anche solo un terzo o un quarto dell’Italia, è assurdo più che furbo.
La disonestà è doppia, in quanto è artificio politico, inteso al voto di scambio. La presunzione di bisogno è l’ostacolo più insidioso alla libertà e alla democrazia. Lo strumento più subdolo e resistente di controllo e asservimento.
In molte aree italiane la disonestà è tripla: la presunzione di bisogno (non pagare le tasse, non pagare i ticket, non pagare l’affitto, pretendere una pensione, o anche solo i regali per le feste) copre regolarmente la corruzione e la concussione in affari pubblici. Il pregiudizio e i sussidi funzionano da emolliente.

Elite – Si forma per esclusione, anche quando non opera la cooptazione, non per conquista. Per riduzione: è un movimento implosivo. Da qui la sua povertà, la povertà del ceto dirigente.

Erotismo – Fine a se stesso è una dforma di masturbazione. È autocompiacimento. Per questo è anche insoddisfacente.

Fede – È il desiderio di Dio.

Francescanesimo - È l’orgoglio rovesciato, l’esibizione dell’umiltà: il poverello d’Assisi, l’acqua, la nudità.

Libertà – Dio non ce l’ha, e dunque non esiste.
È materia teologica.

Sì, ma da dove a dove? Dalle costrizioni certo, dalle catene. Ma dall’amore di coppia, dall’amore filiale o parentela, insomma dalla famiglia, dalla funzione pedagogica, dagli usi, dal controllo sociale?
La libertà non è inoffensiva, deve pur distruggere. Ma la liberazione è azione teleologica e didattica, è funzione sociale e risponde a una leadership, sia essa dichiarata e riconosciuta oppure no.

Tra il forte e il debole è la legge che libera e la libertà che opprime. L’ultraliberalismo non ha molti punti di contatto con l’ideologia libertaria.
La volontà è sempre libera. Ma, ha ragione sant’Agostino contro i Pelagiani, ne beneficia solo chi ha la grazia. Solo alcuni lo sanno, quelli che ce l’hanno.
Una società è più o meno libera in quanto è illuminata. È per questo che è difficile costruire una democrazia, costruirla legiferando. Deve prima essere penetrata nel Dna, anche se è struttura semplice.

Luce - È il linguaggio di Dio. Il suo alfabeto Morse, che si realizza nelle gradazioni, nelle ombre.

Lutero – Il servo arbitrio è abominevole.
Può soddisfare l’istinto beghino (pietista), sacrificale. Ma come può fondare il capitalismo, se esso si vuole libertà e democrazia?

Mercato – È il luogo delle idee. Tutti gli ingredienti del mercato fin ora accertati – mano invisibile, trasparenza, equalizzazione – puntano a una sua dimensione razionale (filosofica), al di là deel volgare equilibrio commerciale domanda-offerta.
Le stesse curve della domanda e dell’offerta non sono quantitative ma qualitative. Nell’andamento e anche – qui necessariamente – nelle intersezioni, che sono giudici e non fatti. Non eventi cioè, né dati, ma “occasioni provocate”, tra infinite possibilità.
È il modo di essere della natura: esistono le cose che ci sono, non quelle che vorremmo o come le vorremmo. Lo schema di Darwin, ovviamente. Il quale però era un osservatore, uno che modificava gli eventi: i suoi fatti naturali sono molto umani, soggetto di analisi, critiche e interventi. Come modello di razionalità è semplice: è il segmento più basso della filosofia.
Ma è regolato dalla pubblicità, o comunicazione. In realtà il mercato è delle parole.
La pubblicità applicandosi alle merci, o cose, nella forma più radicale di cancellazione della religiosità – lo spostamento della mentalità e della religiosità -, il mercato è allora la negazione di Dio?
L’uso del denaro presso i revivalisti religiosi – ebraismo, sette cristiane, islamismo – non incide: denaro e mercato sono due domini separati. Il denaro è congruo con la religiosità (Max Weber, Sombart, etc.)

Memoria – È ciò che fa l’uomo (il giudizio). Senza, Robinson avrebbe semplicemente fatto la scimmia, un quadrupede con le braccia alzate. La progettazione invece non è che la sopravvivenza, un fatto istintuale.

Mito – Si fabbrica al cinema in quantità. Dove si cambiano i nomi. Si prendono maschere (l’immagine). Anche all’opposto della persona: l’ubriacona d’ingenua (Marylin), la vergine di oscena (Pampanini), il farfallone di amoroso (Bogart). Si fingono vite intense: flirt, matrimoni, separazioni, e perfino maternità, tutto posticcio, per il ruolo - l’immagine (Rocky Martin. Robert Mitchum, gay incontrollato, che si doveva far vedere attorniato da belle donne, in entrata o in uscita in albergo, a Londra, a Parigi, è ancora da vomito). E le verità sono ultime. Anche contro l’evidenza: la guerra è la pace, l’amore la guerra…
La forza del mito, la sua razionalità, è nella creazione? Tanto più convincente quanto più radicale (eccessiva, irreale, non veritiera).
Era palesemente la chiave per scompaginare, e non costruire, la grecità come classicità – proporzione, equilibrio, razionalità, decoro. Proprio come l’aveva ricostruito e tramandato un sicuro greco, Omero, dei dementi e sciocchi, avidi e cattivi, pavidi e piagnoni, e Orfeo.
È semplificatore. Santi e divinità si applicano ripetitivamente e con continuità a una sola azione. È apocrifo, perché l’azione o passione dominante è posteriore e posticcia: si costruisce insieme con la santità (il processo di beatificazione).
Non apre la fantasia, la circoscrive.

Suicidio – Ma c’è proprio da rispondere alla vita, sfidarla? La vita non pone domande, e non chiede retribuzioni. Sì, chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo, ma queste sono nevrosi, uno stimolo fiacco a passare il tempo in assenza di piacere.

zeulig@antiit.eu

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