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venerdì 12 agosto 2011

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (97)

Giuseppe Leuzzi

Piove a Brera su Raffaello. Non sarà che il direttore e il soprintendente sono meridionali?
La soprintendente si chiama Bandera: sarà spagnola (vedi Manzoni).

Il sindaco di Alassio ha rimosso Totò. Quello di Parma Falcone e Borsellino. I belli-e-buoni della Repubblica hanno reagito male – anche perché le rimozioni sono ridicole. Ma la cosa non andrebbe accantonata: tanti paesi del Sud potrebbero infine liberarsi dei corsi Umberto I che li affliggono.

L’altra estate le coste siciliane e calabresi la vissero all’ora delle meduse. Non trovando altre ragioni per non andare al mare, siciliani e calabresi si giustificarono coi celenterati: ne vedevano dappertutto. Quest’anno non possono insistere, le meduse o ci sono o non ci sono. E allora la Provincia di Messina e il Comune di Sant’Alessio Siculo, per darsi un futuro nel turismo marino, hanno creato un monumento sul lungomare alla medusa.

Si fanno feste, sagre, degustazioni un po’ ovunque anche in Calabria a fini sociali, per propagandare l’Avis, la Croce Rossa, Libera, eccetera. Con operosi volontari al lavoro, giovani che in poche ore e minuti montano pannelli, gazebo, palchetti, e dopo la cerimonia li smontano, precisi, rapidi. Ore di applicazione, si direbbe, per nulla. Non si può che apprezzare. Quelli trapiantati in fabbrica o in ufficio, per esempio al porto di Gioia Tauro, o alla Provincia di Reggio Calabria, o anche al Comune in ogni località, si fanno invece un’industria di non lavorare, precisi, puntigliosi, ignoranti, sempre e comunque rivendicativi – loro sono dalla parte della ragione e voi del torto. Magari sono gli stessi che i week-end e la sera lavorano volontari.

Avviene, viaggiando in macchina per le provinciali della Calabria, di essere interpellati da macchine che procedono in senso inverso con nervosi lampeggiamenti. Nessuna manchevolezza che sia stata notata sul vostro mezzo, è solo una maniera per dirvi che più avanti troverete i Carabinieri. Che in Calabria sono spietati. In alcuni paesi, appostati a poca distanza dal bar più frequentato, hanno inflitto multe salatissime a chi ne era uscito avendo bevuto una birra – in Calabria la birra si beve al bar. Sembra una leggenda metropolitana, minimal, e invece è vero.
La passata stagione dei funghi i Forestali dell’Aspromonte hanno multato tutti quelli che avevano lasciato il permesso in macchina o a casa: un paio di centinaia di euro l’uno.

Lampedusa figura siciliana ma è, per il coraggio e la grande mente, molto europea, quasi transalpina. Sicuramente sarà una colonia di lombardi emigrati, etc.. Forse di vecchi riformati chissà, costretti a nascondersi - i riformati come si sa non sono razzisti, e anzi i negri hanno sempre accolto a braccia aperte.
Dove si sono sentiti questi discorsi? Saranno solo sognati? Ma avviene che questi sogni brevi e insistiti, da dormiveglia, riflettano i discorsi diurni. In effetti, i riformati sono tanto pieni di sé che potrebbero essere benissimo i nonni di Bossi.

S’interroghi, per esempio allo Iulm di Varese-Milano, una ragazza di città sulla Sicilia e non saprà dov’è, tira a indovinare sulla carta muta e la indica nella Sardegna. S’interroghi un ragazzo calabrese che abbia fatto il liceo magari al seminario, la scuola privata più squalificata, e saprà anche dov’è Cuneo. Nonché di Garibaldi, e perfino di Camillo Benso conte di Cavour. Che, nella generale desolazione della scuola delle professoresse impegnate, le eccellenze alla maturità al Sud non siano comparativamente giustificate?

Lady Gaga, nata Germanotta, ha genitori meridionali, di Palermo. Come già la precedente regina del pop, Madonna, essa pure anche manager di talento e grande professionista, di nonno abruzzese. Sono donne di successo, e per questo l’origine non conta. Non viene mai citata. Sgarrassero in qualcosa, come è avvenuto talvolta a Madonna per qualche caduta di gusto, coi fidanzati o coi vestiti, la macchia delle origini viene subito incollata - la “signorina Ciccone”, la “cantante sicula”.

Andrea di Jacopo de’ Mangabotti, detto Andrea da Barberino dal suo paesello d’origine nella Valdelsa, o forse nel Mugello (circa 1370), fu autore di “cantàri” e di romanzi d’avventura, che derivò dalle chansons de geste francesi. Prose più parlate che scritte, per un pubblico in piazza, abituato ad ascoltare i cantastorie o maestri di cantari, o romanzatori.
I suoi romanzi più famosi sono “I Reali di Francia” e “Guerrin Meschino”, di cui tanti echi ancora trova chi attraversa l’Aspromonte. Ma adattò pure la Chanson d’Aspremont. È l’unico “letterato” dell’Aspromonte, non l’avrebbe mai immaginato – e anche ora, se ne sa poco , non se ne parla niente.

La ragazza con l’ombelico sopra i pantaloni, graziosa e diretta, cassiera al grande bar rinnovato di Catanzaro, minimal e freddo, di marmi, specchi e aria condizionata, con lo scontrino propone delle cartoline di una sua amica che vuole diventare miss. Di cui spiega: “Non c’è bisogno di spedirle, non ci vuole il francobollo, basta una firma, poi ci penso io a inoltrarle, eh sì, bisogna combattere”. Finché, chiamata al cellulare, si scusa, e a chi la chiama oppone un allarmatissimo “Focu meu! Focu meu! Fora gabbu”. Che non è di allarme ma di diniego e insieme scongiuro: che mi dici, non è vero, non è così, non può essere. Magari dall’altro lato c’è l’aspirante miss.

Bennato
Eugenio più di Edoardo è musicista che in America sarebbe l’Arlo Guthrie di un revival e di una cultura della tradizione – come Roberto De Simone sarebbe il celebrato Bernstein del musical, con capolavori assoluti. In Italia no, perché l’Italia non “esiste” - ma anche perché Bennato e De Simone sono napoletani, e Napoli divora i suoi figli.
Da solo Eugenio ha “inventato” il Gargano e il Salento, la taranta e la pizzica: le ha scoperte, le ha ammodernate al gusto, le ha imposte con i dischi e i concerti. Ora, dopo quarant’anni, la pizzica è diventata, tra il Salento e Roma, la manifestazione musicale con più pubblico, la seconda maggiore manifestazione musicale di pubblico dopo l’Arena di Verona, assicura sul “Messaggero” Fabrizio Zampa.
Potenza della musica, contro ogni disappetenza dell’“opinione pubblica”? Potenza del creativo, contro il disordine, la neghittosità, la trascuratezza. Anche nel Salento, che pure ha dato ampie manifestazioni di sapersi governare.

Abusivismo
L’abusivismo di necessità ha schiavizzato il Sud. Sì, ha rovinato l’ambiente e ha diffuso la pedagogia dell’abuso. Ma soprattutto ha portato i soldi in banca, rendendone schiavi gli infelici indotti a pensare di farsi giustizia con la casa.
In alcune zone della Calabria e della Sicilia il Sud è pieno di scheletri di cemento armato, senza pavimenti, senza infissi, senza intonaco, qualcuno senza pareti e senza tetto. Perché sono finiti i soldi. I risparmi di una vita sono stati buttati in niente, mentre bisogna pagare le rate del mutuo alla banca.
Le rate e gli interessi pesano anche nei casi in cui l’abitazione in qualche modo è stata completata ma risulta di poco valore, di mercato o d’uso. Un’edilizia popolare, sia pure privata e non pubblica ma ligia alle normative, avrebbe implicato un calcolo dei costi (e dell’uso della casa) prima e non dopo l’investimento dei sudatissimi risparmi, e un mutuo che costringe a faticare per venti e trent’anni.
I mutui si sono rivelati il principale freno alla ripersa dell’economia americana dopo il crollo del 2008. Su case che ora valgono complessivamente meno della parte mutuata e da rimborsare: l’America non decolla perché buona parte della popolazione deve lavorare per pagare il mutuo. E se questo fosse il principale freno, surrettizio e quindi insidioso, al libero lavoro al Sud? Senza eliminare la mafia beninteso.
A molti un Sud senza mafia dà lo sturbo: è mafia anche quella dei mutui. Ma è pure vero che molti hanno accesso, devono, proprio per questo malinteso diritto alla casa, al credito dei cosiddetti amici, poi inestinguible. Che è la forza oggi del malaffare, più del mitra e delle bombe.

leuzzi@antiit.eu

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