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lunedì 8 agosto 2011

Anne-Marie prigioniera dei suoi doni

Ottima scrittrice, anche di politica. Molto autonoma nei giudizi, tutti resistenti. Di fronte segnatamente al caduco massimalismo (espressionismo?) teutonico di Klaus Mann, che pure è dato per suo pigmalione. Più acuta della sua buona repubblicana Svizzera, che i figli Mann animavano occupandola – occupando la Svizzera e Anne-Marie. Con poca fiducia nei suoi mezzi. Vittima, prima che dello snobismo dei fratelli Mann, della ricchezza di famiglia: scrive da dilettante, per collaborazioni occasionali, quasi di favore. E in questo suo modesto revival del femminismo, che ne ha fatto l’icona di uno-due amori tempestosi – quelli lesbici amano farsi chiacchierare – e della morfina. Vittima anche della sua bellezza, in Medio oriente e negli Usa – e qui segnatamente di Carson McCullers, la scrittrice aveva grande temperamento già nei vent’anni. Viaggiatrice non britannica, ha anche il senso del misplacement, di essere un’intrusa: guarda da fuori e non si sovrappone. Come Chatwin – curiosamente – e altri viaggiatori, Byron, Yourcenar, Bachmann, “di destra”: liberale, benché attenta alla sirena comunista. 
Anne-Marie Schwarzenbach, Dalla parte dell’ombra

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