Cerca nel blog

lunedì 27 febbraio 2012

Il mondo com'è - 85

astolfo 

Freikorp – Una storia dimenticata, la guerra per bande ai confini della Germania dopo la Grande Guerra, nelle aree occupate, che solo si legge in Yourcenar, nel trucido Colpo di grazia. Farà da modello a quella tentata in Italia nel ‘45, mal riuscita malgrado i tanti morti, e in Grecia: il terrore viene con la pace, dopo le crociate, nella belle époque, dopo il Vietnam, e per questo forse la storia è trascurata. Benché consacrata, nel 1975, da una sentenza che fece epoca della Corte federale tedesca. La quale stabilì che i Freikorp, gruppi volontari, impedirono alla Russia bolscevica d’incorporare la Germania. La Corte stabilì pure che l’assassinio di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, i leader socialisti della Novemberrevolution, da parte dei Freikorp fu “un’esecuzione conforme alla legge marziale”. I Freikorp, benché sicuramente volontari, con gran numero di adolescenti arruolati, erano una formazione paramilitare del disciolto esercito tedesco. Finanziati e anche organizzati da una O.C., Organizzazione Consul, un’entità segreta ĺche poi era il disciolto Stato maggiore. Ne fu l’eroe Albert Leo Schlageter, un giovane tenente attivo dapprima in Slesia e poi, nel 1923, nella Ruhr occupata dalla Francia. Celebrato tra le due guerre da Heidegger e da tutta la cultura tedesca, nonché in morte, nel 1923, dal leader comunista Radek, Schlageter divenne una icona del nazismo, e per questo è rimosso nella storia successiva. Ma impersonava un’anima resistenziale che sarà sempre forte in Germania, soprattutto fra gli adolescenti – fino all’arruolamento del sedicenne G. Grass tra le Ss combattenti a guerra praticamente perduta. Il giovane tenente era bandiera del “bolscevismo nazionale”: nel ‘19 in Slesia disegnò d’allearsi con l’armata a cavallo del generale rosso Budjenni per stritolare la Polonia, “la colonia più solida dell’Occidente”. Schlageter piacerà anche a Giaime Pintor, ventenne. 

Giallo – È il genere di racconto prevalente in Italia da una ventina d’anni. Domina i cataloghi degli editori e le preferenze dei lettori. Al punto che ogni altro genere, anche il rosa, vi si deve adattare, deve avere qualche ingrediente del giallo. Questo dopo che per decenni si era teorizzato che la narrativa italiana ne fosse: incapace, insofferente, aliena. Ma più che un giallo, quello italiano è un noir, una sorta di cronaca nera drammatizzata: non vi è infatti, non vi può essere, la figura del detective risolutore, per capacità razionale, psicologica o pratica. L’ispettore (o la figura analoga, l’avvocato, il giudice, il prete, ora anche la suora e il pensionato sfaccendato) deve sempre tenersi un po’ al di qua della verità, o fare alla fine un passo indietro. La stessa soluzione anzi deve lasciare un retrogusto d’incompleto, di un male imbattibile. Di fronte a “poteri occulti” che non si spiegano ma si ritengono di comune conoscenza, e non sono in realtà che una forma di reverenzialità verso il potere. I vent’anni sono quelli della “rivoluzione giudiziaria”. Della Seconda Repubblica. Di Milano.

Informazione – “Il sadismo è la pulsione sociale essenziale. Il Giorno del giudizio ha tutti i tratti dell’odio senza fine. È il Giorno della Collera. Il telegiornale stesso è un Dies irae che gira in tondo su se stesso come un rapace sempiterno all’interno di ogni giorno”. Pascal Guignard, “La nuit sexuelle”, p. 97. Si vuole gossip: approssimata meglio che fedele, raffazzonata meglio che precisa, o allora perduta nei dettagli per obliterare il senso. Meglio se caduca. È l’antica vociferazione, “fama”, voce popolare. C’è in Tito Livio, e già in Omero. Esplode col web, ma in Italia con rilevanza sproposita e senza correttivi – tante delle balle che si divulgano impunemente in rete in altri regimi democratici sarebbero sanzionate. È l’indiscrezione. Sempre strumentale, anche se, ancora in Italia, è opera degli apparati repressivi, ufficiali (più spesso della Guardia di finanza, talvolta dei Carabinieri) e giudici. È la delazione generalizzata. Non nuova, le lettere anonime e le soffiate ci sono sempre state ovunque, nella Serenissima Venezia come nel remoto Catai. Rinverdita e istituzionalizzata dal pentitismo giudiziario, instaurato contro il terrorismo ed esteso alla lotta alla mafia, il cui nocciolo è: denunciare qualcuno (si veda la differenza, nel terrorismo, con i dissociati, che si pentivano delle loro azioni ma non denunciavano nessuno). Quindi applicato dal Procuratore di Milano Borrelli nel 1992 nell’operazione Mani Pulite: ogni affarista che ne denunciava un altro faceva opinione, e anzi legge. Per l’informazione onesta resta poco spazio, in effetti. 

Nazionalcomunismo – Fu diffuso, anche se mai forte, in Francia e in Germania tra le due guerre. E ha esercitato un fascino diffuso in Italia tra gli intellettuali: da Pound ai tanti giovani, poi comunisti, dei Littoriali della cultura. In Francia François Antoine, detto “Pierre”, Clementi (nessuna parentela col Pierre Clementi di Buñuel e del “Gattopardo” di Visconti, se non un’ancestralità corsa) fondò nel 1931 un Partito Francese Nazional-Comunista, poi Partito Francese Nazional-Collettivista, rimasto in vita fino al 1944, per tutta l’Occupazione. Drieu La Rochelle, suicida nel 1945 sotto il peso della confusione mentale, amico intimo di gioventù del comunistissimo Aragon, fu fascista dopo essere stato convinto pacifista europeista. Con venature socialiste, avendo aderito nel 1933 al Front Commun antifascista del radicale Gaston Bergery, poi socialista, poi vichysta. E nel 1944 s’immaginerà un nazionalismo staliniano. In Germania il richiamo ambiguo si fece strada subito dopo la sconfitta del 1918, tra i giovani e giovanissimi terroristi dei Freikorp nella aree occupate, e attraversò tutto il dodicennio nazista, nella stessa amministrazione dello stato. Harro Schulze-Boysen, che nella guerra sarà arrestato e giustiziato a Berlino quale organizzatore e capo di una “Rote Kapelle”, l’Orchestra Rossa, di spie sovietiche, si era arruolato quattordicenne nei Freikorp in Slesia. Perdurava in molti l’equivoco del nazismo che si voleva comunismo, non fosse stato per i “sottouomini mongolici”, gli slavi, che gli avevano rubato l’idea. Nel primo discorso al suo partito, tremila simpatizzanti al circo Krone, ingresso un marco, gratuito per i mutilati, vietato agli ebrei, Hitler si rivolse a “intellettuali e operai”. Il Primo Maggio decretò festa nazionale e il nazismo partito del lavoro. Nella bandiera del Reich volle il rosso, col bianco nazionalista e la svastica “ariana”. Ci furono scioperi a centinaia in Germania ancora nel ‘36 e nel ’37, prima del boom. Ci fu un’ala bolscevica nel partito Nazista, dei fratelli Gregor e Otto Strasser, che Hitler espulse dal partito Nazista perché volevano nazionalizzare l’industria, e alle elezioni del 1930 fondarono un Fronte Nero, l’Unione dei Socialisti Nazionali Rivoluzionari, prima di finire l’uno con tutte le SA e l’altro in esilio. Erano ancora nazionalbolscevichi i tanti gruppi della burocrazia di Stato che nel ‘42 finirono perseguiti come Orchestra Rossa. Con Schulze-Boysen e la moglie, nipote del principe Eulenburg, furono giustiziati tra i tanti Arvid Harnack e Rudolf von Scheliha. Harnack, economista, il cui nonno aveva innovato la teologia luterana di Fine Secolo, maestro di Karl Barth, negatore dell’Immacolata Concezione, la divinità di Cristo, la resurrezione dei corpi, l’esistenza del demonio, e il cui zio Ernst sarà tra le vittime della furia di Hitler dopo il 20 luglio, fu arrestato poche settimane dopo essere diventato Ober-regierungsrat al ministero dell’Economia, direttore generale. A diciotto anni membro dei Freikorp, e dal ‘37 del partito Nazista, Harnack, creatore con Friedrich Lenz della scuola di economia nazionale, aveva costituito un Gruppo di studio dell’economia sovietica, Arplan, per pianificare il futuro della Germania dopo il nazismo. Dal ‘41 collaborava con la rivista sovversiva Die innere Front e dal ’42 con i servizi segreti sovietici, ai quali spiegò nei dettagli la Soluzione Finale, sulla base delle notizie attinte al ministero degli Esteri da von Scheliha – un diplomatico eroe di guerra a Verdun, attivo nella resistenza cattolica e nella protezione degli ebrei. Diffusamente, c’è anche da dire, Weimar sentì a destra l’attrattiva del “bonapartismo di sinistra”, il leninismo quale apparve al celebrato antichista Eduard Meyer. Arnolt Bronnen, nato Bronner, nome d’arte A.H.Schelle-Noetzel, scrittore, drammaturgo, amico austriaco di Brecht, diventò l’amico di Goebbels, per finire a guerra perduta sindaco comunista al paesello. “Comunisti” furono nella Germania nazista non solo gli ebrei, anche alcuni nazionalisti. Ernst Niekisch per esempio, quello della Repubblica dei Consigli di Monaco, dopo il ‘45 professore a Berlino Est, antisemita ma antinazista, cui gli Strasser si ispirarono, autore nel 1932 di “Hitler, una disgrazia tedesca”, e poi di libelli che gli valsero l’ergastolo per “alto tradimento letterario” dal Tribunale del popolo, presieduto da un ex comunista, Roland Freisler. Erano nazionalbolscevichi i killer di Rathenau, i due ex ufficiali di Marina Kern e Fischer. “Non possiamo unirci ai comunisti”, disse Kern, “perché la Russia non vuole che essi vincano”. Lenin aveva appena diffuso “L’estremismo, malattia infantile del comunismo”, contro i comunisti tedeschi. L’analisi di Kern condivise “Rote Fahne”, il giornale della Kpd, il partito Comunista: se solo i capi l‘avessero voluta la rivoluzione era fatta. Il sogno del terrorista, “la vittoria del germanesimo in terra”, era una Germania comunista: “Se esiste una forza che è necessario combattere con ogni mezzo è l’Occidente”. 

Roma – Fu rinnovata da Napoleone, che non ci venne mai. In cinque anni, dal 1809 al 1814. Scoprì il Pincio, creò piazza del Popolo e la Passeggiata Archeologica, scavò finalmente il Foro Romano – non un’opera difficile, roba di zappa, pala e carriole. Imbarbarita dai piemontesi, riebbe una qualche dignità di capitale da Mussolini, nell’urbanistica, nei trasporti (la metropolitana, la via del Mare, l’autostrada), nelle scenografie, nel verde pubblico. Quando si amministra da sé bada solo a “grattare” sugli appalti – per i quali niente basta mai: Fiumicino, l’Olimpiade, il Mondiale di calcio, il Giubileo del Millenario, il Mondiale di nuoto. 

Nessun commento: