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domenica 4 marzo 2012

La democrazia non è filologica

Piovono pietre sulla Grecia. Dopo tante appropriazioni (identificazioni) indebite. In attesa che qualcuno ne smonti la filosofia, la poesia e l’arte, Canfora ne smonta la democrazia. Non da ora – era l’idea dell’ormai classico “Ideologie del classicismo” di trent’anni fa, spogliare i miti - ma qui con impegno. C’è un “enigma Atene” di cui il filologo ha trovato la chiave: era “governo di popolo e dominio di signori”. Assumendo come fededegni i nemici del regime democratico, del “patto tra signori e popolo”: Isocrate, Platone e Crizia. E Aristofane. La pietra d’inciampo è la spedizione fallita contro Siracusa, l’imperialismo manifesto cioè, che avrebbe poi condotto Atene, con le altre città, a consegnarsi al Macedone - il “Macedone alle porte” hantait già Ranuccio Bianchi Bandinelli, succede nelle crisi: “Ogni volta che il Macedone è alle porte risorge la domanda sulla giustificazione dell’otium filosofico e letterario, e ogni volta Diogene cade nella tentazione di lasciarsi andare all’attivismo”.
Gli incipit sono promettenti: “La morte politica domina l’esperienza ateniese fin dal principio”, “Il conflitto domina la vita ateniese sotto ogni aspetto”, solo quella ateniese?, “Due pensatori sono stati messi a morte dai tribunali ateniesi: Antifonte e Socrate. Entrambi erano settantenni quando bevvero la cicuta”. Il piglio narrativo dello speciale filologo che è Canfora è sempre forte. Ma non evita di pensare che il conflitto non è particolare alla società ateniese, e che Atene ebbe al governo due pensatori, due tra tanti – alla sola pagina 68 anima i complotti di Canfora una platea di personaggi da levare il respiro: Tucidide, Sofocle, Aristofane, Socrate, Antifonte, il giovane Platone, Alcibiade, Crizia, Carmide, Lisia, Fedro, Senofonte, Euripide. Il revisionismo (de-costruzionismo) dopo un po’ stanca – meglio delle tattiche, si direbbe nel calcio, giocano i fondamentali.
È come se Canfora commettesse la stessa prevaricazione della filologia tedesca – è questa la materia della sua interminabile biliocomiomachia – in senso inverso: riverberando a ritroso a carico di Atene le colpe, invece che i meriti, della nostra storia, per esempio l’Afghanistan, l’Iraq. Nel mentre che presenta nobilmente ai lettori del “Corriere della sera” la “Costituzione degli ateniesi” di Aristotele, i due libri sono usciti a distanza di quattro mesi, maestro è vero di Alessandro il Macedone ma anche buon filosofo, che del “patto tra signori e popolo”, signori di censo e di spirito, faceva dipendere la buona politica, ad Atene e fuori. O come se esercitasse, da virtuoso certo, “l’esercizio sofistico” che depreca, di “mettere in crisi”, da democratico buono, “le certezze consolidate della città che si reputa democratica”.
L’acribia filologica in tema di storia politica, di un rigore peraltro che dà pari dignità a tutte le fonti – come nelle alluvioni, dove anche i rifiuti vengono a galla? – è un grimaldello più fastidioso che sorprendente.
Non si può fare colpa alla Grecia della filologia tedesca dei primati nazionali – che ne sapevano i greci dei “Dorier” di Karl Otfried Müller, e di tutto l’“arianesimo” incrostato dall’università anglo-tedesca di Gottinga dal 1740? Il titolo vero di Canfora è “Contro il mito di Atene”. Cioè contro il mito della democrazia: perché, se la democrazia non è quella di Atene nel secolo di Pericle, non è nemmeno un mito o un'utopia.
Luciano Canfora, Il mondo di Atene, Laterza, pp. 518 € 22

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