Cerca nel blog

giovedì 8 marzo 2012

Il mondo com'è - 86

astolfo 

Arianesimo - Nasce coi mugnai, in tedesco Müller. Fu il professor Max Müller che propose di chiamare “ariane” le lingue indogermaniche. Figlio di Wilhelm, il poeta della Bella mugnaia di Schubert, lo stesso che, avendo visitato Roma, ne aveva ricavato l’entusiasta “Roma, Romani e Romane”. Max Müller fu giovane professore di sanscrito a Oxford nel 1854, dove fondò la scienza delle religioni con cinquanta volumi di culti comparati. Un tedesco a Oxford oggi non sarebbe possibile, allora purtroppo sì. Tra il 1820 e il 1840 Karl Otfried Müller, il filologo di Gottinga, aveva dato significato culturale e politico alla storia “antica moderna”, con la scoperta dei dori, che venivano dal Nord ma anche, come l’indoeuropeo, dall’Est. Fu così che l’Occidente, per essere “ariano”, è Oriente, solo un po’ traslocato. “Biondo come Hitler, atletico come Göring, alto come Goebbels” era l’“ariano” delle facezie tedesche sotto il nazismo. Cina – È stabile politicamente per l’applicazione costante, con Mao e poi col suo magistero, del principio di Gaetano Mosca, della “forza inarrestabile delle minoranze organizzate”: farsi sempre l’avanguardia di se stessi. Con le Guardie Rosse, l’arresto della Banda dei Quattro, le Quattro Modernizzazioni di Deng, il mercato globale. I regimi, come le democrazie, si usurano periodicamente. La “Sociologia del partito politico” di Michels lo rilevava già cent’anni fa, dicendo “le correnti democratiche nella storia… come il battito continuo delle onde”, che “s’infrangono come contro uno scoglio, ma vengono incessantemente sostituite da altre”. Da scorie o gangli del vecchio regime democratico, che si ribellano. Poi, “coloro stessi che l’avevano accusata salgono a loro volta nella classe dominante per permettere a nuovi difensori della libertà d’insorgere in nome della democrazia”. 

 Democratico (partito) – Bersani, e prima di lui Veltroni, rivivono in piccolo, passivamente, lo stesso principio di Mosca, della forza delle minoranze organizzate: una minoranza organizzata ne vince sempre le primarie.

 Europa – “L’Europa non ha più misteri, nessuna profondità, è morta”, disse alla fine Lou Andreas-Salomé, filosofa settantacinquenne lucida e vigorosa, levatrice di pensatori e poeti. Era il 1936.

Indignazione – È oggi pratica: lavoro, alta velocità, speculazione. Per questo forse inefficace? A lungo l’indignazione è stata radicale. Anche pratica, ma nella “visione apocalittica” del mondo e delle cose. L’indignazione dei movimenti è caratteristicamente diversa e avulsa da quella intellettuale. Che invece volentieri fa leva sull’estremismo – l’apocalitticismo come rimedio fittizio. Facile ma inutile. Asor Rosa che accusa Berlusconi di fascismo invece che d’inettitudine. Settis che vieta l’autostrada mentre difende le seconde case. 

Sinistra-destra – Nella Repubblica di Weimar comunisti e nazisti litigavano in quanto concorrenti per il consenso popolare, ma s’incontravano. Goebbels e Ulbricht organizzarono insieme scioperi nel ‘32 contro il governo socialista. I casi di commistione sono troppi, tra le due guerre, Schlageter non è solo, nazionalista e bolscevico. È anzi storia nota, anche questa, la staffetta partigiana che amoreggia col biondino SS, gli ebrei salvati dai cristiani, e i papi comunisti, in petto. Si può dire il sinistr-destr anzi usuale, non solo nell’addestramento in caserma. È il “Destra e sinistra” del romanzo di Joseph Roth, che è morto nel ‘39. È Merlino, il fascista anarchico di Piazza Fontana, il nazimaoismo planetario. È l’entrismo, e il calcolo delle carature nella Prima Repubblica in Italia. Prima del mite Roth, il feroce Ernst von Salomon l’ha sceneggiato nel 1930, nel best-seller che abbagliò Cantimori, I proscritti. Giaime Pintor lo fece tradurre a Einaudi nell’inverno ’40-41 in cui rinnovò la casa editrice, quando da sottotenente fu membro a Torino della Commissione per l’armistizio con la Francia, che lo zio generale Pietro presiedeva, con “stupenda sovraccoperta illustrata a colori” del celebrato pittore Guttuso. Ernst von Salomon, cadetto nei Corpi franchi a sedici anni, fu molto legato a due dei suoi fratelli, il maggiore Bruno, operaio per scelta a Amburgo, agitatore politico con un giornalino per il movimento di solidarietà contadina, poi membro attivo della Kpd, il partito Comunista, e il minore Günther, precoce nazista. Erwin Kern, “Edi”, il terrorista assassino di Rathenau, era apparso a Ernst quale Dio giovane, possente, che da solo umiliava la Francia nella Ruhr occupata: teneva sul co-modino cento boccette d’acque odorose, scriveva versi ermetici, centrava con la pistola l’asso di cuori da cinquanta metri, ricavava esplosivi dai rifiuti, organizzava reti terroristiche separate, in contatto con l’organizzazione segreta del disciolto esercito, e voleva il comunismo. Ernst von Salomon e Kern si fecero membri di diciotto gruppi eversivi, di ogni orientamento. Iniziarono in modo convenzionale, abbattendo un ufficiale francese donnaiolo. Poi s’allargarono ai Sudeti e all’Alto Adige. E quando crearono il proprio gruppo lo divisero in due: cinquanta nazionalisti e cinquanta comunisti, con a capo “Edi”. Von Salomon resterà legato a Edi anche dopo l’assassinio di Rathenau, in carcere e fuori.

Widerstand – La Resistenza, Widerstand, fu in Germania vasta contro Hitler, dagli inizi. Non celebrata dalla Repubblica di Bonn negli anni della guerra fredda per non aprire varchi alla Repubblica Democratica di Pankow, il Nuovo Nemico. Ma fu la più vasta di tutta l’Europa. All’interno della destra: Hitler eliminò, anche fisicamente, migliaia di camerati. E più all’esterno. Un campo di concentramento, lager, era aperto già il 10 marzo 1933, quaranta giorni dopo l’accesso di Hitler al cancellierato, pubblico e vicino, a Dachau fuori Monaco. Pochi giorni dopo se ne aprivano a Bade, sobborgo di Friburgo, a Messkirch, nella frazione di Heuberg, auguste residenze filosofiche, e a Buchenwald, cioè a Weimar, che è stata la Firenze, o l’Atene, della Germania. Gli attentati a Hitler furono numerosi, reali e non inventati, e anche ben eseguiti. Alla vigilia della guerra c’erano in Germania sei campi di concentramento, con ventunmila tedeschi prigionieri politici. Nel 1944 si contarono 1006 lager, in Germania e nei paesi occupati. Non si celebra la Resistenza forse per pudore. O per rifiuto della politica, sia pure buona. O per l’idea, non inconscia, che non c’è colpa se c’era una giustificazione. C’è una resistenza che piace, quella di Schlageter. Mentre è socialista ed ebreo il “colpo alla schiena” nel ‘18, ebreo e socialista il “complotto” che tenne la Germania in miseria per i quindici anni successivi. Il che forse non era vero, anzi senz’altro non lo è, ma tutti lo credevano, compresi i socialisti e gli ebrei. Il diritto alla Resistenza è però in Germania teorizzato, e in passato anche codificato. Teorizzato da Jünger (“Teoria del partigiano”) e Carl Schmitt, i pensatori della destra conservatrice. Schmitt anche teorico, non critico, del nazismo nel 1933, con un’opera che fu ristampata più volte fino alla (relativa) disgrazia nel 1935, “Stato, Movimento, Popolo. Le tre membra dell’unità politica”, pubblicato in Italia nel 1935 da Gentile nella raccolta intitolata “Principii politici del nazionalsocialismo”. Schmitt si rifà al sorprendente Editto prussiano sulla milizia territoriale o Landsturm, “recepito quale legge dall'ordinamento interno, con tanto di firma del primo ministro”, del 1812-13, della terra bruciata attorno a Napoleone: “Ogni cittadino ha il dovere di opporsi al nemico invasore con qualsiasi tipo di arma.[...] Scuri, forconi, falci e lupare vengono espressamente raccomandati.[...] Ogni prussiano ha il dovere di non obbedire ad alcun ordine del nemico, bensì di danneggiarlo con ogni mezzo possibile. Anche se il nemico volesse ristabilire l'ordine pubblico, nessuno è autorizzato a obbedirgli, perché così facendo si finirebbe per facilitarne le operazioni militari.[...] Gli eccessi di una canaglia sfrenata sono meno nocivi di un nemico nelle condizioni di poter disporre liberamente di tutte le proprie truppe.[...]Rappresaglie e azioni terroristiche a protezione dei partigiani sono garantite e promesse al nemico”. Ma l’Editto prussiano inquadra in un excursus di tutta la storia nota, compresa Giovanna d’Arco e fino a Mao – e Raoul Salan. Recuperando al concetto di Resistenza la guerra classica di von Clausewitz, in una concezione aggiornata del suo “politico”.

Nessun commento: