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mercoledì 24 aprile 2013

Letture - 135

letterautore

Confessione - Dilaga come autofiction. Che non è più un genere francese, quello che Doubrovsky ha canonizzato – la parola e il genere – nel 1977 col romanzo “Fils” (non tradotto!), che può essere “figlio”, “figli” e “fili”, volutamente ambiguo. Ambiguo è infatti il genere, nient’altro che un romanzo come il più vieto filone avventuroso alla Dumas. In terza persona da autore-creatore senza infingimenti. Ma già in uso alla Duras, profusamente, col suo amante cinese (e poi, più scabrosamente, per le fantasie sessuali di altre scrittrici, Catherine Millet, Christine Angot). O a Truman Capote, che molti fatti mise in maschera in “A sangue freddo”.
Dieci anni dopo “Fils”, Doubrovsky pubblica “Le livre brisé”, autofinzione fin nel titolo: il diario dei suoi passati amori viene interrotto, brisé, dalla moglie gelosa, che preferisce il racconto senza veli dei loro propri amori. Dopo un’altra dozzina d’anni, nel 1997, il cugino Marc Weitzmann accuserà Doubrovsky di “esibizionismo”, nonché di tortura “fino alla fine” della moglie, “psichicamente più fragile”. Lo accusa in un’altra autofinzione, “Chaos”.

Il genere Bovary (“madame Bovary sono io”)? La psicoanalisi in pubblico? No, nulla di scientifico. È Barthes che dichiara l’autore morto e subito dopo si compiace di un autoritratto, “R.Barthes par R.Barthes”, oltre oltre che del “Frammento di un discorso amoroso”, della “Camera chiara” e del lutto per la madre inconsolabile – nonché, si sospetta, di ricordi intimi che devono aspettare i cinquant’anni di legge. Come chi dicesse morto il romanzo, che non sa scrivere – esito volgare, ma purtroppo vero. È la superfetazione dell’autore.

Lo scrittore dell’io, o di sé, come l’io-di-sé. Che non è un anagramma odioso, ma noioso sì, quasi sempre. Lo scrittore, che lo voglia o no, parla sempre di sé. L’ha detto Marguerite Duras ma si è sempre saputo. Dante certamente – o Proust, il Dante di Fine Secolo (Omero chissà, Shakespeare certamente no, Cervantes, che lo pretende, non lo fa).

Detta in francese “nombrilismo”, ombelicalismo, è una pretesa al vero, e all’“autentico”. Ma in senso postmoderno: è finzione dichiarata, vera (autentica) perché dichiarata.
Tutto è (ancora) postmoderno in letteratura. Di parrucche e nei finti. E questa scrittura soprattutto si vuole onesta. O non sarà la letteratura passatista - reazionaria più che innovativa? “Le Magazine Littéraire” dedica al “racconto di sé” il numero di aprile, chiedendo ai collaboratori una bugia per ogni articolo. I più, nel raccontare la bugia, ne dicono un’altra: hanno vent’anni. Le donne ma anche gli uomini. Tra i 20 e i 25. Avendo all’attivo più opere, e una certa, evidentemente, autorevolezza..

Lo stesso periodico aveva dedicato alle “Scritture dell’io” uno speciale sei anni fa, marzo-aprile 2007. Tutto virato, quello, sui classici del genere, sant’Agostino, Montaigne, Rousseau, Stendhal, Musset, Tolstòj, Gide, Kafka, Virginia Woolf, Fitzgerald, Julien Green, Hervé Guibert. Ma è il genere dell’epoca. Lo speciale di sei anni fa nasceva, inconsciamente, dalla morte di Guibert, che il genere aveva coltivato al parossismo - alla morte e oltre. Prima che Doubrovsky gli desse il nome.

Anche i narratori di fantascienza se lo dicono: “Sono alla ricerca di me stesso”. Dell’autore-attore della sua mania, uno che di solito non è attraente, raramente simpatico – un bravo attore è gigione, ma sulla scena dichiarata, in costume, con forti luci e forte trucco, altrimenti è sconcio – ridicolo, penoso.

Italiano – S’imbastardisce nell’Ottocento, quando diventa agitatorio – retorico. impenetrabile, illogico, tortuoso. Ancora Voltaire lo praticava con gusto. Lo praticheranno ancora gli Schopenhauer, figlio, madre e sorella, ma era già infetto. Colpa del Risorgimento di cui diventa lo strumento, del sentito risorgimentale, politico, poetico, primatista?

Dopo Milano e il leghismo poco resta della ricchezza della lingua. L’asserita specificità culturale del leghismo coincide con la scomparsa del vernacolo, presente diffusamente in tutta la vicenda della Repubblica, e probabilmente nell’Italia anteriore, nel teatro, le canzoni, la comicità, le parlate radiotelevisive. Niente più stornelli romani o romanze napoletane, e neppure “Belle Madunine”, niente più comici napoletani, romani, siciliani - solo ora, dopo quindici anni, riemergono Verdone e i siculi Ficarra e Picone. L’ortodossia leghista limita il vernacolo alla sola parlata radio-televisiva, non per nulla ha voluto mezza Rai a Milano. E questa limita, alla Rai e a Mediaset, al birignao lombardo - lo impongono anche alle figlie romanissime del “telegiornale delle figlie” a Canale 5. Al lombardo propriamente detto associando l’apulo-lombardo di Abatantuono e Banfi.
Il leghismo è l’imposizione di Milano, dell’insicurezza, la superficialità, l’arroganza milanese sul brio italiano, la normalizzazione: l’esito è la scomparsa dell’Italia. Si capisce che Gadda ne fuggisse, e lo stesso milanesisissimo Arbasino.

Poeta – È un minatore per Caproni. Un “testografo” per Mallarmé, colui che dà spazio all’incesso della parola, al disvelamento avrebbe detto poi Heidegger. Uno scienzato per Novalis. Un geometra per Sinisgalli. L’uomo misterioso per Borges. Un fingitore per il famoso Pessoa. E un fantasista no? Della parola. È uno scontento – inquieto.
Ai novissimi non piace. “Della poesia me ne fotto,\ sono nato per un condom che s’è rotto”, questo è Caparezza, e si spiega. Ma anche per il mite De Gregori, i poeti sono “brutte creature, ogni volta che parlano è una truffa”.

Proust - Dante in prosa, perché no? Laico, di Fine Secolo.

Risvolto – Viene eretto a genere, nella giusta celebrazione dell’attività redattoriale – giusto perché finalmente il libro è stato fatto diventare un genere di largo consumo anche in Italia. Antologie si sono fatte molto apprezzate, Einaudi, Adelphi, Sellerio. Il lavoro del redattore non si vuole più anonimo, e anzi l’autore è (quasi) il redattore. Il risvolto, che “rivela” l’autore e l’opera, culminando un intensa gestazione. Ma Calasso, che nel 2003 calcolò di averne scritti 1089, non sa configurarlo.,
È un forcipe? È l’allattamento? Qualcosa ha a che fare con la maternità, poiché accompagna una nascita – un cesareo? E, come tutto ciò che riguarda l’infanzia, è autoritario più spesso che no, minaccioso, intimatorio, intromettente, volendo essere protettivo – mentre l’infanzia vuole solo rispetto. Anche nella forma adulatoria, della vecchia “epistola dedicatoria”, quali i risvolti di S.S.Nigro a Camilleri – il quale si legge a dispetto del risvolto.
Talvolta è eccessivo e induce al sospetto. È anche una delle poche forme che ancora sfuggono alla “scrittura corretta” delle scuole di scrittura, che hanno migliorato ma uniformato il vecchio “tema in classe”. Capita di leggere di un autore sopraffino quale Umberto Saba, nella bandella di “Scorciatoie e raccontini”: “Nel 1920 esce la prima redazione del «Canzoniere» e diventa amico di Giacomo Debenedetti”. Saba “esce” la prima redazione? A Palermo.

Sellerio – La copertina scura, con l’etichetta attaccata sopra, era la divisa dell’editore Kurt Wolff, dilettante di gusto, primo editore di Kafka giovanissimo, anni 1910 in Germania, e di Robert Walser, Trakl, Benn, “la più elegante” del secolo, la dice Calasso. Enzo Sellerio cambiò solo il colore, blu invece che il nero.

letterautore@antiit.eu

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