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sabato 5 aprile 2014

Secondi pensieri - 171

zeulig

Divino – “L’indistruttibile in noi”, lo dice Kafka. In una lettera a Brod, 1920, parla di una “perfetta possibilità terrena di felicità” nel “credere al decisamente divino e non sperare di raggiungerlo”. La stessa frase ricopiava nei quaderni come aforisma, con una variante, “credere all’indistruttibile in noi” etc.

Esilio - L’esule è Ulisse, mezzo volontario e mezzo no – l’esilio s’intende in fondo volontario. Più avventuroso che ostracizzato. Uno che dell’allontanamento fa tesoro, anzi se ne fa il piacere.
Giocando però sull’ambivalenza: si dice esilio per distinguerlo dall’allontanamento - volontario oppure no, non importa. Poter essere al contempo radicato e sradicato.
Lo stesso per l’emigrazione.

È affermato dal nazionalismo, e insieme da esso rifiutato.
L’esiliato politico si fa forte delle radici, del rapporto negato con le proprie origini. “L’interconnessione tra nazionalismo ed esilio è come la dialettica hegeliana di servo e padrone, opposti che informano e si costituiscono l’un l’altro”, l’illustre esiliato in petto Edward W. Said torna spesso su questo argomento (qui in (“The Mind of Winter. Reflections on life in exile”). Ma insieme la sovverte e la ribalta. All’origine della questione meridionale, includendovi ragioni e torti, sono gli esiliati dal Regno delle Due Sicilie nel processo unitario. Simone Weil (“La prima  radice”) ha approfondito questi sviluppi: l’esilio stimola il narcisismo e può assurgere a feticcio, a distanziarsi da abitudini, attitudini e obblighi, un “masochismo narcisistico” che porta al rifiuto; un voler essere tanto più agevolmente si sostituisce all’essere, con l’esilio si attutisce o si perde la riserva morale e la prospettiva critica.  
“Tutti i nazionalismi nelle loro prime fasi si pongono lo scopo di soverchiare qualche estraniazione – dal suolo, dalle radici, dall’unità, dal destino”, continua Said. Ma non di riguadagnarle, non tali e quali: l’esilio condiziona le radici – la loro memoria e il loro sviluppo. O le sclerotizza: l’esilio continuato – come l’emigrazione – necessariamente fissa le radici, ne blocca l’evoluzione, quindi la vita. Se continuano a vivere è in forma folklorica. Forse evocativa, anche intensamente, ma risarcitoria e non rigenerante.

È la forma dei romanzi, secondo Lukáks, “Teoria del romanzo”: il romanzo, forma letteraria derivata dall’irrealtà dell’ambizione e della fantasia, è la forma dello “sradicamento trascendentale”.

Eternità - L’eternità, non ne sentiamo la mancanza, ma perché non sappiamo pensare senza, in realtà la diamo per scontata.

Geografia – “Sono cresciuto in una cittadina che era piuttosto diversa dal resto d’Italia, ai tempi in cui ero bambino”,  Italo Calvino scriveva nel 1960: “San Remo, a quel tempo ancora popolata di vecchi inglesi, granduchi russi, gente eccentrica e cosmopolita”. Non più vent’anni dopo: “Con la guerra, San Remo cessò di essere quel punto d’incontro cosmopolita che era da un secolo (lo cessò per sempre; nel dopoguerra diventò un pezzo di periferia milan-torinese) e ritornarono in primo piano le sue caratteristiche di vecchia cittadina di provincia ligure”. Una semplice destinazione d’uso muta caratteri e modo di essere – l’essere. I concetti di progresso, tradizione, radicamento e cosmopolitismo vi s’intrecciano anche ribaltati di segno di valore.

Heidegger – Dice tutto, si può dire, meno che riconoscere la verità del suo essere.

Infinito – Galileo attestava: “È ancora indeciso (e credo che sarà sempre tra le scienze umane) se l’universo sia finito o pure infinito…. La mente mia non si sa accomodare a concepirlo né finito né infinito”. Ciò gli viene imputato a eccessiva prudenza, nel quadro del Galileo traditore intellettuale. Ma il Big Bang non è una teoria del finito, sia pure illogica?

Metafisica – È immutabile (insondabile)? Si pone oggi come si è sempre posta – la domanda. Senza risposte, se non “metafisiche”, cioè argomentative. La fenomenologia, che da ultimo ha tentato l’assalto, e più di tutti Heidegger, non ha fatto che esercitazioni filosofiche: letture dei libri di filosofia. Solo aggiornandole all’attualità, alle questioni e le sensibilità correnti: lo psicologismo (emozioni), l’animalità, l’ecologia.

Borges, narratore “metafisico”, come già i pittori, ha le “perplessità chiamate metafisiche” - nel prologo a “La rosa profonda”: il tempo, l’io, lo specchio, lo sdoppiamento, il mondo, la vita, la morte il destino, il caso, il divino, l’infinito, l’eternità. Che però sono la nostra realtà, dell’uomo.

Rito - Freud lo vuole affine alla nevrosi ossessiva. Da non credente, per il rito religioso. Ma questo è più vero della ritualità ordinaria: tic, vezzi, atti e modalità d’uso, gusti alimentari, vestimentari, linguistici. La pratica religiosa è invece consolatoria: socializzante, comunicativa, sia pure solo fra il praticate e il suo Dio.
Nel linguaggio la ritualità è invece limitativa: una gestualità vocale, scrittoria

Suicidio - Recente è la filosofia illuminista del suicidio, della ragione che porta alla buona morte. Di Casanova, a suo modo: chi è bello non si uccide, diceva, comparando ermellino e scorpione. Di Montesquieu persiano, e di Maupertuis e Agatopisto Cromaziano: il suicidio ragionato. Benché non differente dal Menandro che Strabone cita: “Qui non potest vivere bene non vivat male”. Il canonico Paley, quello della teologia naturale o creazionista, della prova divina dell’orologio, dedica al suicidio un capitolo dei suoi The principles of mind and political philosophy.
Il suicidio ragionato è l’odierna eutanasia. All’origine quindi un gesto libertino, che ora si pretende pietoso, con maggiore proprietà, trattandosi del suicidio degli altri.

Agatopisto Cromaziano ne ha fatto l’inventario, Appiano Buonafede all’anagrafe, prete celestino di Lucca, nemico del Baretti. Sulle orme di Johann Heinrich Samuel Formey, tedesco della colonia francese di Berlino, ugonotto, leibniziano, divulgatore prolisso della filosofia di Christian Wolf, l’autore della “logica tedesca”, una logica nazionale, nel romanzo La bella Wolfiana, il tipo d’uomo ideale di Federico II di Prus-sia, di cui fu collaboratore, corrispondente dei dotti dell’Europa, autore prolifico di volantini e pièces fugitives, razzista, redattore della voce Négre dell’Enciclopedia che influenzerà ancora Hegel a Berlino, “l’uomo naturale, nella sua barbarie e sfrenatezza” tuonerà dalla cattedra, nemico del libero pensiero e di Rousseau, che se ne appropriò gli argomenti nella lettera XXI della Nuova Eloisa, detta del suicidio, e nella Dissertation sur le meurtre volontarie de soi-même. Entrambi erano affascinati da quanto racconta lo storico romano Valerio Massimo, che già il Senato di Marsiglia dispensava veleni per la buona morte. Ma né Agatopisto né Formey si suicidarono, la loro ragione era contro. “Se la ragione potesse”, obietta Casanova, “dovrebbe piuttosto uccidere il libero arbitrio”, invece di stare ad aspettare “di farselo col tempo amico” – il dongiovanni usava andare in profondità, che diceva: “È singolare che per vedere i buchi bisogna riempirli, il voto di castità è il vero peccato contro natura”.

Telematica - È la tecnologia diffusa, minimale, alla portata di tutti, con una forte componente di ricerca e innovazione scientifica. Se ne coglie la portata per confronto col fortissimo divario tra scienza e società ereditato dalla guerra e dalla Bomba (la missilistica, lo spaziale), col nucleare.

zeulig@antiit.eu

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