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domenica 30 marzo 2014

L’attacco concertato all’Italia

Tremonti si rifà vivo in vista delle non procrastinabili elezioni, per un ruolo infine di primo piano. Ci ha visto bene nella crisi, che sta strangolando l’Italia, e qui lo dimostra. Senza paura della parola complotto, sapendo che i movimenti finanziari (speculazione) non sono altro: combinazioni d’interessi per puntare il più debole, o chi si distrae. La grande, la meravigliosa finanza che tanto inebria gli italofoni, specie se anticapitalisti di professione, è il borseggio: ne ha le modalità e la filosofia.
La novità di questa crisi è che dei governi abbiamo partecipato, e anzi innescato, l’assalto, quello tedesco in primo luogo, con lo scodinzolante Sarkozy al seguito. E c’è un motivo: le banche tedesche erano a rischio fallimento, assorbirono il primo fondo europeo di salvataggio, Efsm, e anche il secondo, Esm. L’attacco all’Italia fu sferrato quando Tremonti disse no al finanziamento dell’Esm, il secondo fondo salvataggio. Non al 18 per cento, la quota italiana nei bilanci Ue, ma solo in base all’esposizione delle proprie banche verso i paesi in default, il 5 per cento – la Germania era esposta per il 42 e la Francia per il 32 per cento. Oppure al 18 per cento, ma allora in cambio degli eurobond, delle obbligazioni europee per investire in infrastrutture e opere pubbliche. Monti fu allora fatto andare al governo, che per prima cosa disse sì, l’Italia avrebbe pagato l’Esm per la Germania
L’assalto concertato al debito pubblico italiano nel 2011-2012 non convince i più, l’opinione politicamente corretta vuole la Germania virtuosa – comprese le banche tedesche, che assorbirono 600-700 miliardi dei fondi europei di salvataggio, fonte Deutsche Bank e Ces-Ifo, l’istituto per la congiuntura, sempre tedesco. Il peggio della crisi è, purtroppo, che è governata dalla stupidità, Monti non è il solo. Tremonti è qui più antipatico del solito in quanto il complotto denuncia alla seconda potenza: non quello delle banche e dei governi che hanno speculato sull’Italia, ma della verità che non si può dire. Che si dice in Germania, avrebbe potuto aggiungere, ma non si può dire in Italia – dove è forse non a caso che l’informazione va a fondo più del debito.
Tra le candide meraviglie del mercato un dato tuttavia di Tremonti non si può contestare. Dal 2008 a oggi la massa monetaria in circolazione si è moltiplicata per quattro. Altro che regole e controlli: quando quest’altra bolla scoppia, sarà Hiroshima per tutti. E si è inaugurato, avrebbe potuto aggiungere, il “ciclo del debito”:  l’era del mercato sarà l’era del debito pubblico.
In valori assoluti il debito si è raddoppiato, in rapporto al pil è cresciuto ovunque del 20-30 per cento, con tutti i discorsi di rigore fiscale. La Germania ne camuffa una parte con artifici contabili ma l’ha accresciuto nei cinque anni dal 70 al 100 per cento del pil, in barba al fiscal compact - pur accrescendo anche il pil. Da un paio d’anni ha un debito superiore a quello italiano, quest’anno di 200 miliardi. All’avvio dell’euro nel 1992 la Germania aveva un debito al 60 per cento del pil: poi l’ha aumentato, contro i regolamenti di Maastricht, per finanziare la disoccupazione e i mini-job - l’esercito di paradisoccupati che però si possono dire statisticamente occupati.  
Giulio Tremonti, Bugie e verità. La ragione dei popoli, Mondadori, pp. 286 € 18 

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