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lunedì 19 maggio 2014

Secondi pensieri - 176

zeulig

Classico – È l’effetto della memoria – un gioco di prestigio, una magia. Del precedente che si crea rimembrando, astraendo, proiettando: il presente, l’avvenire, si nutrono del passato. Che per questo va nobilitato. Ma con una notevolissima opera di selezione.
Uno dei problemi più affascinanti della tradizione, anche se non piace esercitarlo, è la formazione della classicità. Riproposto da Bayet ottant’anni fa, e anche da Gourmont e da Curtius, ma irrisolta, per quanto concerne la “letteratura latina”: le periodizzazioni (età arcaica, repubblicana, augustea, e dell’alto e basso impero), la selezione degli autori e delle opere, i criteri di selezione, l’oblio sui minori o gli scartati.

Dio - È quello di Michelangelo, non parla – è il silenzio del mondo.

È l’impossibilità, chiaramente.

Se non fosse irrispettoso, è l’albero della cuccagna.

Chomsky ci mette una pietra sopra (con Lewontin, “The Mistery of the Language Evolution”, e un nutrito panel di altri sei linguisti): non si sa com’è nato il linguaggio, tutte le ipotesi scientifiche sono sciocchezze. E dunque?
Il linguaggio è la pietra d’inciampo dell’evoluzione, non da ora. Gi studi si susseguono, i congressi Evolang sono al decimo o undicesimo, senza risultati. Siamo sempre al 1866, un secolo e mezzo fa, esordisce il saggio, quando la Société de Linguistique decise di bandire ogni comunicazione sull’origine del linguaggio, considerando insulse tutte quelle ricevute. Negli ultimi quarant’anni le “scoperte” si sono accumulate di nuovo, ma senza alcuna novità.  

Ipocondria – I malati immaginari “si credono fragili come vetro” - Hobbes, “Della natura umana”, X, 11. D’Holbach, traduttore francese di Hobbes, collega l’esempio alla prima “Meditazione metafisica” di Descartes, e o dice “estratto verosimilmente dal «Licenziato di vetro», una delle «Novelle esemplari» di Cervantes”.

Guerra – Si fa la guerra per molti motivi. Nessuno valido – non in rapporto ai costi, e nemmeno alle cause. Eccetto che difendersi dalla guerra.

Ozio – “L’ozio affligge. La natura non sopporta né spazio né tempo vuoto”. Hobbes, “De Homine”, X, qui ragione come don Ferrante. No, anche fisicamente, si può pensare l’ozio come una reazione della “natura” al tempo accelerato.

Postumano – Ipotizza un mondo in cui l’umano si dissolve negli elementi , l’aria, l’acqua, la terra. I quali invece rimangono immutabili (eterni)?
Paradossalmente, è l’opposto esatto della sparizione del mondo mentre l’uomo resta in vita, speculata da Hobbes nel “De Corpore”, 1651: se l’universo è annientato e l’uomo no, su che cosa potrà filosofare? Continuerà come prima: “A quest’uomo resteranno del mondo, e di tutti i corpi che i suoi occhi avevano prima considerati o i suoi altri sensi avevano percepiti, le idee, cioè la memoria e l’immaginazione dei loro volumi, movimenti, suoni, colori, etc., tutte cose che, pur non essendo che idee e fantasmi, accidenti interni a colui che immagina, non per questo gli appariranno meno esterni e come indipendenti dal potere dello spirito”. Poiché il postumano è pur sempre una filosofia.
Molto casuista, per un filosofo realista – o altrimenti poetica, l’uomo che vive di immagini. Lo stesso il postumano: è ferrigno, sa di fantascienza.

Pubblicità – Si ripropone a ondate come obbligo etico, e suprema forma di vivere civile. Dalla confessione pubblica della carmelitane (e ora delle comunità di base), all’illuminismo, che fu segreto e anche esoterico nel mentre si voleva aperto, al presidente americano Wilson, contro la diplomazia, al giornalismo, che vive invece di rimozioni e camuffamenti, alla rete. Il cui nume carismatico e tutelare è Assange con wikileaks, la pubblicità selettiva. O meglio Snowden, significativo su due fronti: la spia che spia lo spionaggio.
La rete si propone come una piazza, in cui esporre liberamente i panni, sporchi e lavati. Ma a fini, circolarmente, pubblicitari in senso stretto, o di marketing, per vendere ai più qualcosa. Stabilire un contatto, ampliare l’indirizzario, studiare le preferenze (acquisti, opinioni, tipologia di relazioni). Oppure, sempre circolarmente, nel nome della privacy: la privacy che si protegge esponendsi.
Il massimo del pettegolezzo, cioè. Includendovi la pubblicazione dei testi segreti, mai spontanea (libera, universale) e generale, sempre forzatamente selettiva. Un pezzo forte peraltro dello spionaggio, o della controinformazione come disinformazione. Con tutte le mobilitazioni, le campagne, i sit-in e le note verbali diplomatiche contro l’eccesso di spionaggio.
La pubblicità (openness) si vuole selettiva, e si giudica dai criteri che la informano.

Realismo – “Se aveste chiesto a Giotto di parlarvi di realtà, vi avrebbe parlato di Dio” – R. Gary, “Europa”, XIX. O Huzinga, “L’autunno del Medioevo”: “Se l’umanità si fosse tenuta alla sola realtà, non ci sarebbe stata civiltà”.

Suicidio Per non altro motivo che il rifiuto implicito nella cosa. La cui natura resta però incerta.

Mancando un buon motivo, tutti sono possibili, la paura, la rabbia a volte. Le vergini di Mileto, che senza motivo ogni tanto divenivano preda del furor mortis e correvano a impiccarsi, si fermarono quando il governo impose che i loro cadaveri fossero esporti nudi al mercato con la corda al collo e la smorfia non ricomposta della morte. Le vergini attiche si fermarono quando fu istituita la festa dell’altalena. Avevano preso a impiccarsi e annegarsi a imitazione di Erigone, figlia di Icaro, che s’era impiccata di fronte al cadavere del padre, appeso dai vignaioli. Nella festa dell’altalena si esposero appese agli alberi non le fanciulle morte ma bambole, e questo bastò a placare le vergini. Si muore pure in simulacro.

Mentre scorticarsi alla ricerca del vero sé è orrendo - è il suicidio dei deboli. Risorge a Vienna con sappiamo chi sotto la frusta di Wanda Masoch.

I suicidi muoiono nella poesia nipponica fissando la natura. I piloti kamikaze li imitavano con versi sui ciliegi in fiore e lune dopo la tempesta.

zeulig@antiit.eu

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