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lunedì 16 giugno 2014

La donna autore, perché no?

Perché si scrive? Stéphanie-Felicité Du Crest, contessa di Genlis, memorialista e romanziera, che scrisse sempre, prima, durante e dopo la rivoluzione del 1789, nell’emigrazione e nella Restaurazione (morì quando uno dei bambini d’Orleans, di cui era stata istitutrice, diventava re), per sopravvivere, mai nell’abbondanza, rifà l’esercitazione al femminile. Nell’indistinzione dei generi si è perduta anche la scrittura al femminile, ogni specificità della scrittrice – e dello scrittore. Ma qualcuno se ne ricorderà, era un “genere”, specie estivo.
La differenza non c’è con l’autore maschio, non sul peso specifico del lavoro, o del riconoscimento dei talenti - di creatività non si parlava, solo di formazione, morale, religiosa, eccetera, al più con un pizzico di intrattenimento. Siamo nel 1800-1805, Napoleone console, madame de Genlis ha sulla sessantina. Il suo alter ego, la “sorella”, glielo contesta all’inizio: scrivere è da maschio, non proprio scrivere, ma pubblicare., la qualità della donna è la “modestia”. L’obiezione è il déclic per decidere di pubblicare.
Il succo della argomentazione è questo: perché no? Non innocente: “Ambisco a successi più dolci e più durevoli; quelli che non sono dovuti che allo charme del carattere e alla sensibilità dell’anima”. La differenza, dunque, è la sensibilità calpestata: “Non c’è spirito di corpo tra le donne”. 
Col richiamo, allora duso, al Tasso e all’Ariosto, a “Clorinda e Bradamante (che) non ebbero mai cavalieri”. Con molta psicologia paradigmatica, molto secondo Settecento, che la scrittrice condivide con Laclos. E la dimostrazione, attraverso il racconto di un amore impossibile, che se non si è qualcosa non si è niente.
La vindicatio è anche un bel racconto, misurato. La psicologia è dell’amore, naturalmente. Ma di un amore che non può che essere amicizia, per circostanze e contingenze, e in questo limite si degrada. È anche il racconto dei sacrifici che comporta la libertà di spirito, fino all’isolamento.
È anche il racconto dei sacrifici che comporta la libertà di spirito, fino all’isolamento.

Una storia autobiografica ma nel giusto, cioè in tema - essere una femme auteur oppure no. La scrittrice era stata amante giovane del duca di Chartres, poi d’Orléans, dei cui figli era istitutrice, dapprima in casa poi in un suo istituto domestico. . E quando, dopo i primi entusiasmi, la rivoluzione si fece ghigliottina, li mise in salvo in Belgio, Inghilterra, Svizzera e Germania. 
Madame de Genlis, La femme auteur, Folio, pp. 110 € 2

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