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lunedì 28 agosto 2017

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (336)

Giuseppe Leuzzi


C’è molto da lavorare sulla simbologia del toro nella Magna Grecia, e in particolare in Calabria. Su una prima colonizzazione micenea, forse solo commerciale. Su Leiris. Su Altamira e la tauropatia ispanica. Un veicolo di diffusione sicuro – per esempio per Metauros, tra Gioia Tauro e Palmi di oggi - era la pratica del ver sacrum. Era l’uso nelle tribù italiche che le nuove generazioni si costituissero altrove una loro terra. E l’emigrazione si faceva all’insegna di un animale sacro. Per i Sanniti, da cui le giovani generazioni poi costituite in Lucani e Bretti si sono staccate, era il toro.

Una piantagione di marijuana di un paio di ettari viene trovata in Sardegna dai Cacciatori di Sardegna, reparto speciale dei Carabinieri. Non remota, sopra Olbia. Su un pianoro bene in vista. Irrigata con tubazioni lunghe otto chilometri. Non si vedeva? Ci vuole molta disattenzione per far arrivare i reparti speciali.

La depressione batte l’economia
Crotone, solitamente adibita a fare l’ultima in classifica nelle graduatorie del “Sole 24 Ore”, che si tratti di reddito, dei servizi, o di qualità della vita, ha la più alta concentrazione di potenza elettrica verde. 480 Mw di potenza idroelettrica. Tre centrali a biomasse, per complessivi 76,5 Mw.  Cento pale eoliche, per 300 Mw. Una centrale a turbogas per 800 Mw. Nessun’altra provincia o regione ha una potenza verde superiore a quella del crotonese, 1.666,5 Mw.
Il crotonese produce inoltre, senza inquinamento, in terra e in mare, 2,5 miliardi di mc l’anno di gas naturale, il 16 per cent del consumo italiano.
La disponibilità di energia è sempre stata considerata la fonte primaria dell’accumulazione e della produzione: della ricchezza. Un tempo nelle zone carbonifere, che furono all’origine della prima rivoluzione industriale, in Inghilterra – e un secolo dopo in Germania. Poi il petrolio, all’origine del miracolo americano. Poi il nucleare – ancora Usa, con Giappone e Francia.
La depressione del Sud è tale che nemmeno la disponibilità di energia può scuoterla? Una rivoluzione al rovescio, che sovverte ogni principio di economia, e la stessa storia economica.

La mafia nana negli affari
Si attraversa Gioia Tauro, che da tempo immemorabile non ha sindaco, ogni giunta comunale essendo regolarmente sciolta per infiltrazione mafiose, un sindaco arrestato, sempre per mafia, i due enormi centri commerciali sequestrati per mafia, come se si levitasse  sul denaro. Città commerciale per eccellenza, ventimila abitanti che pagano cinquantamila stipendi, tutti privati. Con lunghe code alle ore di punta come per un qualsiasi centro d’affari.
Un nome e un luogo che certamente illustrano Mandeville, il suo paradosso che i vizi privati diventano pubbliche virtù ovvero dei “furfanti onesti”. Il privato è perfino fastoso, esibito, anche bello. Il pubblico non c’è: non c’è l’ospedale, non ci sono marciapiedi, il piano regolatore se lo fanno i costruttori – con abbastanza senno bisogna dire – e lo sporchetto è ovunque, la noncuranza, la trasandatezza,  Ma non è possibile che questa enorme ricchezza, ancorché non dichiarata al fisco e non censita, sia di mafia. Non di una mafia centralizzata, come vogliono le Procure antimafia, né di una mafia diffusa: la mafia distrugge e non costruisce, accumula ma per nascondere e non per esibire. Non bisogna sopravvalutare le mafie.
O anche: moltiplicando gli affari si nanizza la mafia – gli invidiosi e i delinquenti sono ovunque.
Il sindaco carcerato è stato assolto, e ha chiesto i danni.

Milano
Berlusconi che fa di tutto per far perdere al suo schieramento senza di lui – inabilitato – l’elezione in Sicilia data per vinta non è solo un caso di perfidia. È una strategia molto milanese, abbattere la concorrenza. In Sicilia Berlsuconi manovra contro i suoi dopo il caso macroscopico di Roma - ma anche di Torino.

Guido Rossi, ex consigliere dell’Inter e avvocate d’affari dei Moratti, assegna lo scudetto 2006 all’Inter, da presidente pro tempore della Figc, dopo aver retrocesso la Juventus e stroncato il Milan. Conflitto d’interesse? No, Rossi ha agito quale giudice intemerato.
Altrove i giudici nelle sue condizioni si astengono, l’avvocato professore onorevole Rossi no, Milano è sempre nel suo buon diritto.

Il Moratti dell’Inter, uno dei fratelli della Saras, della quale Guido Rossi era avvocato d’affari, dello scudetto regalato naturalmente non sapeva nulla: “Lo sa che non ci siamo ma sentiti in quel periodo?” domanda ridendo. È ben l’onestà milanese, ipocrita ma scoperta: una sfida.

“A Milano lavori da Dio”, racconta uno spacciatore a Andrea Galli sul “Corriere della sera”, trafficante di cocaina (“io importo grandi quantitativi, per lo più di cocaina. Tratto anche l’erba ma i soldi li fai con la coca”): “È la città perfetta, perché tutto tace e corre sotterraneo”.

Eugenio Balzan, al cui nome gli eredi hanno intitolato la benemerita fondazione, fu per una vita il direttore amministrativo del “Corriere della sera”. Che così lo celebra: “Era puntiglioso, attento, potente. Sollevò Buzzati dall’incarico di cronista scaligero per avere sbagliato il nome di una ballerina di fila”. Applausi?

Montanelli aveva già celebrato Balzan “in casa” al giornale: “Lì si faceva cucinare da una tuttofare i suoi piatti preferiti, e lì dormiva in una stanza al piano interrato, contigua alla sala macchine il cui notturno ronzio gli faceva da sonnifero”. Magari non è vero, ma piace che sia così. Ma la sala macchine, che quando esisteva faceva un frastuono intollerabile, anche questa i milanesi idealizzano?
Strano che Balzan avesse una famiglia, o degli eredi.

La Lomellina, ora apprezzata seconda casa dei milanesi, un secolo fa, poco meno, trovava il suo unico elogio, un secolo dopo il francese Stendhal, nel romanzo di un calabrese, Francesco Perri, “I conquistatori”. Alle prime dieci pagine di questo romanzo dichiaratamente antifascista nel 1926, sulle lotte agrarie in Lomellina, le più violente con quelle di Ferrara e Rovigo, e sulla reazione squadrista.

Errori madornali di gestione e molto malaffare (strane spese, vendite e abbonamenti gonfiati), c’è ampia materia di scandalo al “Sole 24 Ore”. Ma tutto si riduce al direttore del giornale, come se fosse lui l’artefice del malaffare e non, probabilmente, la vittima. La Confindustria è coinvolta, il consiglio d’amministrazione, l’amministratore delegato eil direttore generale, ma solo il direttore del giornale si condanna. Perché si chiama – ed è – Napoletano. Milano si assolve.

Terremoti, “storia di 70 anni di sprechi”, titola il “Corriere della sera”, a partire da Caulonia nel 1947: “Dal dopoguerra a oggi sono stati spesi 245 miliardi di euro”. Con effetti tardivi e inadeguati, per la bassa qualità degli alloggi sostitutivi, i costi altissimi rispetto a quelli di mercato, i ritardi, le truffe. “Colpa di ritardi, sprechi di ogni tipo”, giudica il giornale, “infiltrazioni della criminalità”. Cioè del Sud. Bisognerà difendere la criminalità organizzata?

Che c’entra il Sud con le ricostruzioni, uno direbbe. Ma è così: mafie vuole dire Sud, e cosi si vorrebbe, nemmeno surrettiziamente, che i ritardi di Amatrice, dell’Emilia, dell’Aquila siano colpa del Sud. A chi giova? Probabilmente a nessuno, ma Milano  ragiona così.
Ragiona così anche il Sud: è il Sud milanesizzato?


Calabrian Free Corps – 2
(segue)
“I regolamenti del corpo specificarono nel 1809 che ogni soldato doveva ricevere ogni anno una giacca di panno blu ricamato, un giustacorpo blu, un paio di pantaloni di buona forte stoffa, un paio di ghette nere tre quarti, uno sciaccò di feltro e una bustina di panno blu con decorazioni in cuoio. L’uniforme doveva essere nello stile della fanteria leggera e dei fucilieri.
“Una stampa francese del 1813-1814 mostra quale può essere stata l’ultima uniforme del corpo, allora in servizio nel Sud-Est della Spagna: blu, inclusi i pantaloni, con guarnizioni gialle al collo e ai polsi.
“La prima uniforme del corpo fu probabilmente fatta in Sicilia, e viene riprodotta in una stampa italiana del 1809-1811. Aveva una giubba blu aperta, coi bordi gialli, con molti bottoni e  trecce sottili, un giustacorpo blu; un paio di pantaloni blu, e un berretto conico rotondo a visiera alta. Con una larga falda  rivolta all’insù sul lato sinistro. Questa era l’uniforme del reggimento quando partecipoò alla cattura di Santa Maura nelle Isole Ioniche, aprile 1810.
“Il 19 ottobre 1811 uniformi di tela e cappotti per 1.240 soldati di truppa e 100 sottufficiali furono spediti dall’Inghilterra alla Sicilia. L’uniforme consisteva di giubba, pantaloni, mezze ghette,  sciaccò con bande e piume, l’abbigliamento del 1812. C’erano anche 20 spalline dorate per i sergenti e 10 yarde di filo d’oro per i galloni.
“Una stampa Goddard pubblicata nel 1812 mostra un soldato semplice in quella che è stata a volte interpretata come una giacca blu-verde, ma che deve essere intesa blu, collo e polsi gialli, tre file di bottoni di peltro sul petto intrecciati in un’unica fila in fondo e rifinite con filo bianco, pantaloni bianchi, mezze ghette nere, sciaccò cilindrico nero, con banda di corno da caccia di ottone e piuma verde, moschetto con bandoliera nera e cinturone di ottone.
“Lo stile dell’uniforme può essere cambiato nel 1813. In un nota manoscritta alle sue schematiche  carte di uniformi a stampa, stampate nel 1814, Charles Hamilton Smith aggiunse il “Corpo Calabrese (così nell’originale, n.d.r.)”, “in giacca blu con  collo e polsi gialli, bottoni bianchi in due file sul petto, legati con nastro bianco, e pantaloni blu”.  Un’ispezione del maggio 1813 riporta che gli uomini indossavano vecchi pantaloni di “colori differenti, vale a dire blu, verde, etc., perché le nuove non erano state mandate”.
“Per i trombettieri, la spedizione del 1811 includeva  60 giubbe, consistenti in 80 yarde di tessuto verde (1,38 yarde per giubba), 66 yarde di tessuto verde (1,1 yarde per giubba, probabilmente per le finizioni), 276 dozzine di bottoni  (55 bottoni per giubba), sei gomitoli di lacci (presumibilmente 144 yarde di filo o cordone per gomitolo, dando 14.4 yarde di cordone per giubba), e un gomitolo (2,4 yarde per giubba) di cordoncino verde.
Stando alla stampa Goddard del 1812, gli ufficili indossavano giacche scarlatte con collo, polsini e risvolti gialli, tre file di bottoni dorati sul petto, legati da cordone dorato piatto, fascia cremisi, pantaloni bianchi, stivali neri, sciaccò cilindrico nero, con piccole bande dorate e piuma verde. La giacca scarlatta è molto inconsueta, e fu probabilmente infine cambiata per lo stesso colore degli uomini di truppa”.
(fine)

leuzzi@antiit.eu

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