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lunedì 29 gennaio 2018

Letture - 333

letterautore

Brexit – Ce n’è stata una, molto lunga, anche nei confronti dell’America, degli Stati Uniti. Tenuta per un secolo e mezzo, fino a Hitler, alla paura di Hitler, per terra di barbari. Tanto che gli americani stessi furono a un certo punto dell’idea, e presero a inurbarsi in Europa, a Londra di preferenza, e poi, dopo la grande guerra, a Parigi: Henry James, Pound, Hemingway, Gertrude Stein, Scotto Fitzgerald… Ancora negli anni 1920 D.H.Lawrence ne parla come di una “repubblica di evasi”, Chesterston come di “terra che vive come prima della venuta di Cristo”..

Calvino – “Il visconte dimezzato” è per Sciascia una sorta di romanzo storico, benché allegorico. In una nota sulla letteratura italiana scritta nel 1952 per un repertorio di Chicago (“Italian Literature”, in  “The American People Encyclopedia and Yearbook”) dice che la prima opera della trilogia fiabesca di Calvino “ha sviluppato i sentimenti di crisi che colpivano un’intera generazione”. Il “Visconte” Calvino stesso dice, nella prefazione alla prima edizione delle tre “fiabe” insieme, “colui che realizza una sua pienezza sottomettendosi a un’ardua e riduttiva disciplina volontaria.

Nella stessa prefazione Calvino fa invece del “Cavaliere inesistente” una sorta di anticipazione, in chiave futurologica, allora fantascientifica. Lo dice infatti “l’uomo artificiale che, essendo tutt’uno coi prodotti e con le situazioni, è inesistente perché non fa più attrito con nulla, non ha più rapporto (lotta e attraverso la lotta armonia) con ciò che (natura o storia) gli sta intorno, ma solo astrattamente funziona”.

Classici – Perché sono impersonali, e sono capolavori. Lo dice Virginia Woolf a proposito dei greci (“Non sapere il greco”): “Quella greca è la letteratura dell’impersonale, ed  anche la letteratura dei capolavori. Non ci sono scuole, né predecessori né eredi”.

Dialetto – È un marciare nel noto, è questa la sua attrattiva. Virginia Woolf  ha una teoria (in “Non sapere il greco”) che può spiegarlo, partendo dalla tragedia greca, di Eschilo e di Sofocle in particolare. La lettura della tragedia è anch’essa sorprendente. La tragedia si metteva in scena su fatti e personaggi noti. E questo dà totale libertà a Eschilo, a Sofocle, in parte anche a Euripide, di entrare in media res senza preamboli: il pubblico affluiva alle loro recitazioni per godersi una piega, un particolare, una parola nuova con cui confrontarsi-confortarsi.

Genova – “Palazzi genovesi” erano scenografia del teatro elisabettiano, il teatro inglese del Seicento. Truculento, però.

Humour – È intraducibile? È la conclusione di Virginia Woolf, “Non sapere il greco”: “Lo humour è il primo dono a svanire in una lingua straniera”.

Lettura – È rischiosa per lo scrittore? Brancati ne era convinto, e portava esempi (“Diario romano,207): “Manzoni rifuggiva dal leggere Shakespeare, Proust doveva ricorrere a faticosi esercizi di svelenamento” – “da un Balzac, da un Flaubert”, diceva. Anche Leopardi, cultore dei classici: “Quando ho letto qualche classico, la mia mente tumultua e si confonde”, scriveva a Pietro Giordani..

Virginia Woolf, “Come leggere un libro” – “saggio letto in una scuola” – conclude che una buona lettura, esaustiva, è impossibile, a meno di essere buoni, ottimi, critici letterari: “Leggere un libro come andrebbe letto richiede le più alte doti d’immaginazione, intuito e giudizio”. Ma, poi, anche una lettura al di sotto delle potenzialità riconosce influente, sull’autore.
Gran parte del mercato è fatta dai lettori, anche per la letteratura..  

Longanesi – Savinio, che lo ebbe editore-direttore nella lunga indispensabile collaborazione a “Omnibus”,  ne era ammirato in questo senso: “Longanesi è uno degli uomini più intelligenti che io conosca” – Savinio era un “esperto” della stupidità. Sciascia, che ama tutto di Savinio e ne ha scritto molto, dice di Longanesi che fu uno “di coloro che furono fascisti non essendo soltanto fascisti”. E fa notare che nei cinque tomi di De Felice su Mussolini, “che sono poi, attraverso Mussolini, una storia del fascismo”, Longanesi non figura.. nemmeno incidentalmente – il nome non c’è nell’indice.

Machiavelli – “Il confuso e confusionario Machiavelli”, “il tanto poco intelligente Machiavelli”, “il ridicolo Machiavelli” è tutto che Sciascia ha da dire, in tre righe, parlando di Savinio.

Mamma – Prima di confluire nel “mammismo” di C. Alvaro, è soggetto impositivo – poltrona –  di Giorgio De Chirico in pittura, e di suo fratello Andrea (“Alberto Savinio”) nella scrittura, “Tragedia dell’infanzia”, “L’infanzia di Nivasio Dolcemare”.

Mani Pulite - Era in Boiardo: è lui che diceva ai suoi lettori: “Gettiamo la chiave”.

1956 – Resta l’anno di fondazione delle lettere italiane del secondo Novecento, e del Millennio, come è stato notato. Si pubblcano il “Pasticciaccio” di Gadda, “Le piccole vacanze” di Arbasino, “Le ceneri di Gramsci” di Pasolini, “Signorina Rosina” di Pizzuto, “Le parrocchie di Regalpetra “ di Sciascia, le “Fiabe italiane” raccolte da Calvino.

Musil – “L’uomo senza qualità” è il primo romanzo etnico? Altri se ne scrivono negli stessi anni 1920-1930 (Némirovsky è una, J. Roth, Zangwill, Lasker-Schüler, BrunoSchulz tra i tanti) ma non di etnicismo così accentuato come in Musil. Dove se ne aprla come di una tara, una pietra al piede. Arnheim, il magnate che si introduce nei salotti importanti di Vienna per accrescere il suo potere, è “un nababbo tedesco, un ricchissimo ebreo, un originale che scriveva poesie, dettava il prezzo del carbone ed era intimo amico dell’imperatore di Germania”. Leo Fischel, il direttore della Lloyd Bank, che “crede nel progresso” e nel “fondamento razionale dell’esistenza umana”, è presentato come rappresentante di un ebraismo occidentale, assimilato e laico, ma sempre legato all’ethos patriarcale tribale delle origini. E ha una figlia “irrazionalista”, nonché “antisemita”, con amici “cristiano-germanici”. C’è “in Germania” fra i giovani l’“elemento razziale”. Una rilettura in questa chiave ci trova molte tracce.

Selfie – Se la letteratura memorialistica non è coltivata, Sciascia dice questo “una carenza”: “La carenza d una letteratura memorialistica è spia di tante altre carenze della società civile, della vita associata” (in una delle note raccolte in “La fine del carabiniere a cavallo”). Imbevuto di letture francesi, tra le quali la memorialistica è spessa e diffusa, la considera anzi una mancanza grave: “Quando manca è perché altre cose mancano. All’Italia è persino mancata una lingua che vi si adattasse”. Altra che “una lingua italiana approssimativa, contorta, vernacolare e a momenti indecifrabile” (? - Meneghello? O Sciascia sapeva già di Camilleri? Che però non scrivono memorie). Oppure il francese, Casanova, Goldoni. Palmieri di Micciché.
Non manca il mercato per questo tipo di scritture, manca la lingua?

letterautore@antiit.eu 

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