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giovedì 15 aprile 2021

Il mondo com'è (426)

astolfo

Aborto di genere – L’esposizione, quando non la soppressione, delle figlie femmine in India e in Cina, a lungo parte dell’eugenetica tradizionale nella famiglia patriarcale, è diventata aborto selettivo. In India non si sa – si sa che si pratica, ma non se ne hanno le cifre. In Cina la pratica è confermata dalle statistiche demografiche. Nei quaranta anni dacché è stata introdotta la legge del figli unico (1979), per limitare la crescita demografica, il numero delle donne è risulta vieppiù ampiamente inferiore alla parte della popolazione di sesso maschile. In contrasto col dato quasi biologico, certificato dalla demografia ovunque altrove, che dà ovunque una preminenza della popolazione femminile su quella maschile, attorno al 52-54 per cento. In Cina la proporzione si è presto rovesciata: per ogni 100 donne 106 uomini. Una discrepanza che, nei numeri della Cina, significa quaranta milioni di donne in meno. .
Lo squilibrio è ancora più accentuato fra le generazioni più giovani: si contano 115 uomini ogni 10 donne fra i i 15 e i 24 anni, e 117 a 100, fino ai 14 anni.
 
Cassa del Mezzogiorno
– Un istituto speciale che presiedette per  trentacinque anni, dal 1950 a tutto il 1985 (fu abolita a marzo del 1986) allo sviluppo del Sud dell’Italia. Modellata sulla Tennessee Valley Authority creata dal presidente americano F.D. Roosevelt nel 1933, nel quadro delle misura anti-crac de 1929, per lo sviluppo della regione depressa del Sud. Con un obiettivo analogo, di riequilibrio territoriale e sociale. Dismessa con l’insorgere del leghismo in Italia, con ignominia ma senza colpa.
Una storia resta ancora da fare - a trent’anni da quando lo storico pavese Carlo M. Cipolla ne lamentava la mancanza (“Storia facile dell’economia italiana dal Medioevo a oggi”. Ma, si sa, con qualche merito. “È troppo facile liquidare la Cassa per il Mezzogiorno come inefficiente carrozzone clientelare”, lamentava allora Cipolla a conclusione della sua “Storia facile”, “sulla base degli esiti recenti della presenza pubblica nel Sud”. E intendeva: al riscontro degli “esiti recenti” di una politica che ha fatto a meno della Cassa. “In realtà”, continuava Cipolla, “uno studio serio sul suo impatto politico-sociale oltre che economico deve ancora essere effettuato e non potrà ignorare il fatto che, per la prima volta dall’unificazione, il Mezzogiorno d’Italia uscì dal suo profondo isolamento e sperimentò una crescita del reddito uguale alla media nazionale”.
 
Gournay
– Scuola di Gournay è la “scuola” di economia del primo Settecento in Francia che si rivaluta da qualche tempo come iniziatrice - comunque teorica - del libero scambio. Prima ancora della scuola scozzese, di Hutcheson e Adam Smith. Prende il nome da un commerciante di export-import, poi anche Intendente di commercio, (Jacques-Claude-Marie-)Vincent de Gournay, che nella breve vita (1712-1759) elaborò il fondamento dell’economia attuale, basata sullo scambio – sul libero commercio e il consumo: della globalizzazione. Autore supposto del celebre motto “laissez-faire” – in origine “laissez faire, laissez passer”. Degli scambi cioè senza restrizioni, né di tariffe (dazi) né di contingenti, come è al fondamento della globalizzazione.
Gournay è coautore certo del Tableau Économique del Quesnay, che si pone a fondamento della scienza economica. E quindi suppostamente vicino ai fisiocrati, i teorici che la ricchezza ponevano nella natura, cioè nell’agricoltura. Da cui però si distingue in modo netto, teorico al contrario della “scienza del commercio”. Il “Quadro” di Quesnay, delle interrelazioni che presiedono all’accumulo, alla crescita della ricchezza, si ispirava alla teoria dei cicli che François Véron Duverger de Forbonnais veniva di abbozzare. Ma si costruiva sullo “Zig-zag”, una raffigurazione sinusoidale dell’accumulazione elaborata da Gournay con Richard Cantillon. In anticipo su Adam Smith, i francesi Quesnay, fisiocrati e Gournay si occuparono delle fonti e dei meccanismi di creazione della ricchezza.
Dai 17 ai 31 anni a Cadice, al fondaco di famiglia, membro influente dei circoli finanziari della città andalusa, Gournay aveva frequentato la corte di Spagna, allora fulcro del mercantilismo, e su questo background aveva cominciato ad elaborare l’idea opposta, del libero scambio. Rientrato in Francia, aveva convinto il notabilato mercantile di Cadice a rimpatriare gli attivi sudamericani per investirli più convenientemente in Francia: 200 milioni di sterline furono investiti in Francia. Alla guida degli affari di famiglia, studiò poi molto, specie gli economisti del Seicento, l’inglese Josiah Child e l’olandese Johann de Witt, e viaggiò, per rendersi conto delle novità economiche, in Austria, Olanda e Inghilterra, dove fu in relazione con Robert Walpole, il whig primo premier, e per ben venti anni, con due re,  e il diplomatico e intellettuale Lord Chesterfield.

Gournay, un nome si direbbe innovatore. Gournay è un nome evocatore anzitutto di Montaigne. Marie de Gournay, prozia dell’economista (entrambi traggono il nome da Gournay-sur-Aronde, il feudo di cui l’economista era marchese), era stata un secolo prima la “figlioccia”(fille d’alliance) di Montaigne. Ed è nella storia come la prima femminista, autrice di un manifesto “Dell’uguaglianza degli uomini e delle donne” e di una “Lagnanza delle donne”. Una ragazza non bella e presto in fama di “preziosa”, che giovanissima aveva scritto a Montaigne per elogiarne la prima edizione dei “Saggi, ne aveva suscitato la curiosità e quindi l’amicizia e una copiosa corrispondenza. Fino a diventare la curatrice della sua opera - nel 1592, alla morte, la moglie e la figlia ne affidarono a lei le carte, compresa l’opera sempre in progress dei “Saggi”.
Montaigne conobbe Marie de Gournay dopo la seconda edizione dei “Saggi”, 1582, i primi due libri della raccolta. La diciottenne Marie de Gournay gliene scrisse entusiasta, i due s’incontrarono più volte e Montaigne fu, oltre che lusingato, sinceramente interessato dalle doti di carattere e d’intelligenza della giovane. La dichiarò sua figlia spirituale e ne introdusse un elogio al cap. XVII del libro secondo dei “Saggi”, che intitolava “Della presunzione”: “Mi sono compiaciuto di dichiarare in molte occasioni le speranze che ripongo in Marie de Gournay Le Jars, mia figlia spirituale: e certo da me amata molto più che d’affetto paterno e inclusa nel mio ritiro e nella mia solitudine come una delle parti migliori del mio stesso essere. Non considero più che lei al mondo. Se dall’adolescenza si può trarre presagio, quest’anima sarà un giorno capace delle cose più belle e tra le altre della perfezione di quella santissima amicizia alla quale non abbiamo notizie che il suo sesso abbia potuto finora innalzarsi. La schiettezza e l’integrità dei suoi costumi vi sono già di per sé sufficienti, il suo affetto per me più che sovrabbondante, e tale insomma che non c’è nulla da desiderare, se non che il timore che essa ha della mia fine, poiché mi ha incontrato quando avevo cinquantacinque anni, la tormenti meno crudelmente”. Più ancora è lusinghiero nel seguito: “Il giudizio che essa dette dei miei primi Saggi, da donna, in questo secolo, e così giovane, e sola nel suo paese, e lo straordinario ardore con cui mi amò e mi desiderò a lungo per la sola stima che aveva di me, prima di avermi visto, è un fatto di degnissima considerazione”. Questa professione di amitié amoureuse ricorre nell’edizione 1595 dei “Saggi”, postuma, curata dalla stessa Marie, allora trentenne.
Marie de Gournay vivrà fino a ottant’anni, età per i tempi prodigiosa, e a sessanta, in difesa del “sesso malmenato”, avanzerà per le donne il diritto all’istruzione, il diritto a governare, e il diritto al sacerdozio – anticipando il detto che sarà attribuito a Voltaire: “Dio non è né maschio né femmina”.
 
Licantropia – Una patologia di cui si sono perdute le tracce, che pure tanta letteratura, anche scientifica, ha prodotto. Genericamente inteso come una forma di delirio, un “delirio di trasformazione somatica”, che induce a credersi trasformati in animali – non necessariamente in lupi, come la denominazione clinica sottende. A lungo ritenuta una forma di magia, viene classificata tra le malattie mentali dal 1615, data di pubblicazione del trattato “De la lycantropie,  transformation et extase des sorciers” cioè dei maghi, del medico francese Jean de Nynauld. Che così la descriveva: la licantropia è una malattia chiamata o malinconia, o follia lupesca, oppure licaonia, o cinantropia. I licantropi escono da casa di notte e seguono i lupi come i cinantropi i cani; sono pallidi e hanno gli occhi infossati; non vedono che oscuramente come se fossero attorniati da tenebre; hanno la lingua molto secca; hanno sete; non hanno alcuna saliva in bocca.

Paramnesia - È la penosa e brusca impressione di avere già vissuto il tempo presente. Scientificamente repertoriata come “disturbo della memoria”, e divisa in allomnesia, ricordi incompleti, o allocati erroneamente nel tempo o nello spazio, e pseudomnesia, ricordi di fantasia (affabulazioni, dejá vu, ricordi sbagliati, ricostruzioni arbitrarie. Di fatto è alla base delle dottrine della trasmigrazione delle anime, e del tempo circolare.
 
SS donne – Se ne registrano almeno tre in Italia nel racconto storico “Partigia” di Sergio Luzzatto. La “fantomatica” (p. 231) baronessa von Hodenberg, “direttrice della Gestapo” a Torino e in Piemonte, secondo i collaborazionisti. Una Annabella, reclutatrice di spie per conto dei tedeschi a Savona. E la sua “corrispondente” a Pistoia, Albertina Porciani, maestra di scuola, che negli interrogatori alleati è detta” stupid impressionable youg woman”. 

astolfo@antiit.eu

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