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venerdì 28 ottobre 2022

Letture - 502

letterautore

Alberi - “L’albero come rifugio e dimora dell’anima” ha Jünger in “Terra sarda”, 34 - “questo resta lontano per i popoli estranei alle foreste”.

Franco Baresi – Gabriele Romagnoli riprende sul “Venerdì di Repubblica” l’inno (è un inno? termina con “Viva!”) che Gianni Brera scrisse per Franco Baresi. Che finisce: “L’adolescenza triste ed il buon sangue\ gli vietano grandigie. Questo è un uomo”. Dopo aver detto dei tristi ricordi d’infanzia, “che ne fanno\ un introverso, un duro che dal raptus\ omicida vien colto…”. Come lo si ricorda per una Carrarese-Milan, settembre 1983, una partita pre-campionato, in cui Baresi apriva praterie, letteralmente, davanti a sé, per discese irrefrenabili, ma mai culminate con un passaggio a un “povero negro” che fungeva da centravanti, Luther Blissett. “Fisico statuario e sorriso accattivante”, secondo storierossinere.it, Blissett veniva onusto di gol dal campionato inglese, venti o trenta gol in un solo anno con il Watford di Elton John,  sicuramente era agile: si smarcava, si sbracciava, partiva in anticipo, tagliava da destra a sinistra e viceversa. Ma Baresi mai lo ha visto. Lo guardava e non lo vedeva. Blissett era il primo, o secondo, “negro” del campionato italiano.

Cobianchi – L’“albergo diurno” creato dal bolognese Cleopatro Cobianchi nel primo Novecento, a Bologna come a Roma e in molte città, a somiglianza di istituzioni simili viste a Londra, strutture sotterranee con luoghi di decenza, barbiere, anche parrucchiere per donne inizialmente, era a Roma luogo di caccia gay. Anche perché a margine del piazzale della Stazione Termini. Pasolini lo ricorda in più punti delle prose romane raccolte in “Alì agli occhi azzurri”. 

Conrad – “Cuore di tenebra” è attualmente proposto in italiano in 29 edizioni differenti, calcola Giuliano Vigini nella sua rubrica “Il numero” su “La Lettura”. A seguire, con 27 edizioni in commercio, “Linea d’ombra”. È probabilmente lo scrittore con più edizioni in commercio, contando gli altri titoli.

Dante – Il Dante “mussulmano” era già in Philip K. Dick, “La trasmigrazione di Timothy Archer” (“La trilogia di Valis”, 1982): “Molti, quando si provano a leggere la ‘Commedia’, si impantanano nell’‘Inferno’ e immaginano che la visione di Dante sia quella di una stanza degli orrori: persone affondate nella merda a testa in su; persone affondate nella merda a testa in giù; e un lago di ghiaccio (il che suggerisce influenze arabe: è l’inferno musulmano)”.

Mediterraneo – “Il Mediterraneo è una grande patria, una dimora antica”, E. Jünger, “Terra sarda”, 90.

Pietroburgo – “Ah, Pietroburgo, città affarista e volgare!” la dice il moscovita Aksakov, che vi si é recato per affari di corte e per accompagnare il suo grande amico Gogol’, che nessuno apprezza o sa valutare - un poeta senza patrimonio? Anche in Russia c’è un Nord, con annesso primato morale, e un Sud, un Milano-Roma?

Popolo – Il popolo “dispone di una sana provvista di forza mitopoietica”, Jünger si lascia andare a contatto con la pratica e la cultura paesane in Sardegna – “Terra sarda”, 142. Realisticamente: “Questa lussureggiante immaginazione prospera vigorosa accanto a una stupefacente mancanza di conoscenze storiche… . Anche i notabili ignorano le date di nasciate e di morte del nonno”.

Rinascimento - Epitome, e non cancellazione, del Medio Evo lo dice argomentato anche Philip K. Dick, “La trilogia di Valis”, 627, con argomentazione sottile: “Il Rinascimento non era il trionfo del vecchio mondo pagano sulla fede, ma piuttosto l’estremo e più pieno fiorire della fede, in particolare della fede cristiana”.

Il personaggio-alter ego di Dick, il vescovo Tim Archer, parte da lontano: “La ‘Commedia’ viene dal Medioevo, riassume in maniera totale l’ottica medievale, ne è il massimo coronamento”. Pur avendo “una vastità di visione che non si può assolutamente contrapporre, diciamo, alla visione di Michelangelo, che in effetti ha attinto abbondantemente dalla ‘Commedia’ per gli affreschi della Cappella Sistina” – ib.

Sardegna – Biblica la vuole Jünger – la voleva nel 1954, quando scrisse “Terra sarda”. Cioè in condizioni bibliche – e per questo, argomentava, poco praticata o trascurata nei millenni, marginale per ogni conquistatore, fenici, cartaginesi, romani, pisani, aragonesi, sabaudi. “L’impressione ha un suo preciso fondamento”, scrive: “Sono le immagini della Bibbia, della Terrasanta”, che l’isola riporta. La mietitura con la falce, la trebbiatura con i buoi, la ventilazione del grano per separarlo dalla pula, l’uva schiacciata con i piedi, i mattoni plasmati con l’argilla, rinforzati con la stoppa, messi a seccare al sole, le mogli e le figlie dei pastori alla fontana, con “le anfore sul capo o sull’anca” - “come deve essere stato prima della colonizzazione romana”.

Una sorta di isola del silenzio, la trova ancora Jünger, per la scarsità dei reperti storci, dei fenici come dell’antichità greco-romana, degli arabi, del Rinascimento. Un isolamento che trovava di suo gusto, la Sardegna dicendo “protetta” dalla malaria.

Sceneggiature – Singolarmente, p.es. quelle di Pasolini, gran parte raccolte in “Alì dagli occhi azzurri”, non hanno vita: senza immagini sono mere prescrizioni, giustapposte, senza spessore del testo, delle figure, perfino dei gesti, i movimenti, i dialoghi prescritti.

Stati Uniti – “Il razzismo è negli Stati Uniti un problema centrale, il separatismo etnico invece no” – quale è invece il caso nelle altre superpotenze, Cina e Russia (Klaus von Dohnanyi, “Nationale Interessen”, 29). 

Vacanza – Jünger la celebra, concludendo il suo mese di vacanza in Sardegna a maggio del 1954, come un “grande senso di ristoro che sanno trasmettere le vacanze trascorse senza libri, senza giornali, e senza compagnia intellettuale”. La vacanza dell’intellettuale, naturalmente.

letterautore@antiit.eu

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