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sabato 20 ottobre 2007

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (3)

Giuseppe Leuzzi

“Il paese primogenito” è per Ingeborg Bachmann la Calabria alle Castella: “Nel mio paese primogenito, nel Sud,\mi portai e trovai, impoverite e nude,\e sino alla cintola in mare,\città e castello… ”.

“Il mondo moderno è essenzialmente settentrionale. Meridionale invece era il mondo antico. Attività, potenza, idee in marcia, progresso: tutto nel mondo moderno si polarizza attorno alla parola “Settentrione”. Alberto Savinio, che nel 1948 era stato in viaggio elettorale in Calabria, ricavandone il non edificante “Partita rimandata. Diario calabrese”, pubblicò sul “Corriere della sera” il 2 gennaio 1951, dopo aver viaggiato negli Stati Uniti, l’elzeviro “La luce viene dal Sud”, che constata la prevalenza del Nord: a Nord tutto il buono, al Sud tutto il peggio. Ma poi nota che molti scappano al Sud: “località dell’Arkansas, della Louisiana, del Nuovo Messico, del Texas, povere e desolate fino a ieri, si vanno popolando rapidamente, acquistando ricchezza e splendore”. È un movimento accennato, di cui Savinio profetizza il boom. Perché ne intravede le ragioni: si fugge dalla fuga in avanti, dallo sconfinato, dall’illimitato, “ritornare al mondo antico, o euclideo, o meridionale, significa ritornare a un mondo le cui porte tutt’intorno sono chiuse, significa non più vivere nell’ossessione”. Analoga ripresa Savinio notava del cattolicesimo sul protestantesimo, “presso popolazioni prevalentemente protestanti”, come gli Stati Uniti e l’Olanda. Ma altrettanto certo si diceva del ritorno al Sud in Italia (“sempre gli italiani hanno preferito il pane di grano alla chimica, specie alla chimica mentale”), e qui si sbagliava.

Si va al Nord - si emigra - per lavoro, al Sud si scappa per piacere e scelta di vita.
E la mafia?

Il Sud è speciale per gli inviati. È l’esotico in lingua italiana. Anche per i giornali del Sud. Il lavoro nero è uguale dappertutto, nel Veneto come in Puglia: sfruttamento e cartoni. Ma in Puglia è scandaloso. Assassini efferati si commettono dappertutto, ma il sindaco di Brescia sospetta dei calabresi – ora si fanno pagare come i bresciani.

Il pizzo è eminentemente mafioso. È il segno della mafia, della protervia. Ma è il principio della concussione, così diffusa.
La concussione è una manifestazione del potere, non della società. È il termometro della degradazione del potere, sovrimposto alla società, in tutte le sue forme, non ne è espressione. È anche una concezione di vita, ma limitatamente: risponde a una delle forme dello Stato secondo Weber, lo Stato patrimoniale. Ma è in nuce il segnale della morbilità di un sistema di potere, da quello religioso a quello del lager. Prospera ancora perché l’ambiente è morbile – in questo senso vale l’espressione “agonia del Sud”.

La storia del Sud finisce con l’unità: è da allora che subentra la barbarie. Il deserto. L’ignoranza. La fuga. Anzi dai moti carbonari, che avrebbero dovuto essere di libertà, ma finirono nella finta indignazione gladstoniana. Prima il Sud ha una storia, tutto il Sud, poi è il deserto. Giusto rimane un po’ di storia normanna, e angioina, Francia docet.

Napoli non è mai stata una capitale, e il Regno un regno. Si vede nell’ostilità di alcune popolazioni, i calabresi, i salentini, i molisani, i baresi. Perfino le nazionalità ebraiche, quelle ponentine almeno, così attaccate alle radici, per quanto provvisorie, e alla memoria delle radici, la spagnola, la catalana, la portoghese, la provenzale, non hanno memoria di Napoli, che bene o male li ha ospitati per alcuni secoli – né della Sicilia.

Si vede in Africa, dove i contrasti sono accentuati, non mediati dal telaio statale: dove c’è mitezza, fino alla sfinimento, la violenza è selvaggia.

A lungo la Puglia fu Langobardia. Si sa ma non si dice.
Tutti arabi, in Sicilia, in Calabria, e fino a Bari, per almeno un secolo, ma non si deve sapere.
Il tarì arabo arriva fino a Pirandello.

Chi non conosce la Sicilia conosce poco dell’Italia, e non può apprezzare l’Europa.

Sudismi\sadismi. “La densità criminale in Calabria (rapporto tra popolazione e affiliati ai clan) è del 27 per cento”, Curzio Maltese, “La Repubblica, 25 aprile 2007. Giorno della liberazione. Un calabrese su quattro è affiliato ai clan. Tolti i bambini un calabrese su due. Io che frequento molti calabresi, tolto me stesso, frequento affiliati e affiliate. E c’è chi fornisce queste cifre. Sotto forma di studi. Magari pagati da noi, all’università, in caserma, nei tribunali, nelle onlus. “A Reggio Calabria siamo (la densità criminale è, n.d.r.) al 50 per cento, significa che una persona su due è coinvolta, a vario titolo, in attività criminali”. Cioè, tolti i bambini, tutti. Reggio è il posto dove ho più conoscenze.

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