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giovedì 1 novembre 2007

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (5)

Giuseppe Leuzzi

“Non ci si può veramente pentire davanti alla polizia”, direbbe Kierkegaard (all’inizio, è vero, di “In vino veritas”).

È un genere. Come il giallo, il sentimentale, lo storico, il femminista. Si dice Sud, e quello è. Per questo si sta bene al Sud, malgrado le assurde deficienze, al riparo di questa scorza giornalistica.
Non è una realtà. È una rappresentazione, modesta.

I delitti di associazione, dopo avere devastato il Sud, e le cupole, minacciano l’Italia. Ma un politico colluso o favoreggiatore è un politico colluso o favoreggiatore. Lo steso un commercialista, un avvocato, un medico. Mentre l’unica vera cupola, si sa, intangibile, perfino impudente, è il Csm, camera privilegiata e tribunale dei magistrati. Incombe già al portone tra gli uscieri, in piazza dell’Indipendenza a Roma.

Sudismi\sadismi. 27 gennaio 2007. Un servizio a due firme su “Repubblica-Roma” fa la storia di due “potenti manager di ospedali e Asl”, Antonio Palumbo e Giovanni Cosimo Speziale, la cui colpa sarebbe, leggendo e rileggendo l’articolo, di essere calabresi e massoni. I calabresi massoni sono “una lobby fortissima che è riuscita spesso a condizionare nomine e a pilotare appalti nella sanità”. Quanto spesso? C’è una massoneria nella sanità? Uno, Speziale, è colpevole anche di avere cercato rapporti in Vaticano. E magari gli autori, Marino Bisso e Carlo Piccozza, sono calabresi. Sono anche massoni?

La mafia, è meglio tenersene fuori.
Anche dall’antimafia.

Sotto l’antimafia in Sicilia (1999) tutto è fermo, eccetto la mafia, estorsioni, grassazioni, furti, violenze, assassini. Prospera solo la mafia. La vita delle persone normali, i commerci, la vita industre, gli svaghi, la lettura dei giornali, è ferma.
Anche se non sembra, non sembra ci sia più la mafia in Sicilia dopo l’arresto di Riina (quello di Provenzano ne è un prolungamento). Non se ne sente più parlare. Non ha cosche, mandamenti, capi, teste di serpente? Non si fanno più estorsioni in Sicilia, traffico di droga, traffico di uomini, traffico di donne, appalti truccati?

Il mafioso, cinico, violento, inarticolato, è uno stupido. È qui la sua pericolosità

La mafia ha il potere che le danno gli studiosi e i carabinieri. Il tipico caso della realtà formata dall’anti-realtà. Nessuna mafia ha mai retto a un’azione di contrasto costante e incorrotta. Senza violenza, senza perdite, basta un giudice che condanni.
È violenza fine a se stessa: nessuna mafia è mai diventata classe dirigente. Altre forme di delittuosità si, l’usura, la guerra (i condottieri), i robber barrons, la prostituzione, il peculato, la speculazione, la mafia no. Non si potrebbe pensare a un’Australia colonizzata dai mafiosi.

Un mafioso è essenzialmente un usuraio, senza capitale. È il tipico succiasangue, il mestiere da sempre più odiato. La favola dell’uomo d’onore e dell’onorata società è il tipico abbellimento che sempre l’usuraio ricco o potente, anche soltanto per la fama di cattivo, costruisce attorno alla sua infamante attività.

La confusione. La democrazia viene sotto accusa non perché ributta merda, ma perché la ricicla. La politica (vacua, presuntuosa, corrotta), i consumi (cheap e cari, inutili, gonfi, grassi), la stampa e la tv (vaghe, futili) producono un modo d’essere finto che al Sud è l’unico. L’interruzione della cresciuta sociale, il ribaltamento dei ceti, non ha portato una nuova classe dirigente ma corruzione e confusione. L’abusivismo di necessità ha impiccato il Sud a scheletri di tre-quattro piani che le famiglie non potranno mai completare e mai nemmeno abitare decentemente: è solo distruzione, dell’orto, del paesaggio, delle poche risorse disponibili. Nulla si salva del “moderno”, che è gel, telefonini, Suv (o macchine tedesche), e l’inesauribile bagaglio degli outlet. Tutto quello che si trova ancora al Sud, soprattutto le piantagioni di ulivi e agrumi, i palazzi e perfino le strade, rimontano almeno a settant’anni fa. L’unica novità è distruggerli – distruggere gli agrumeti di Reggio Calabria, per esempio, che producevano le preziose arance di San Giuseppe, per scheletri di tondino e cemento armato, polvere e terreni di risulta. Nessuno – nessuna autorità ma anche nessun coltivatore – riesce a pensare alla valorizzazione dell’olio della Piana di Gioia Tauro, che pure sarebbe agevole: la Piana è la maggiore produttrice di olio del mondo, ma è quella che ci guadagna meno, il lago di Garda, che avrà un diecimilionesimo delle piante di Gioia Tauro, ci guadagna di più (ci guadagna per ogni pianta di ulivo dieci volte di più, il fatto è stato accertato). O dell'Ovale Calabrese, l'arancia della stessa Piana che si può avere, fresca e succulenta, a maggio, e anche a giugno. È moderno a Gioia il porto, e in forte espansione, ma è quando di meno calabrese si possa immaginare. Perfino in montagna, in Calabria si abbattono castagni di quatro e cinquecento anni, o si cancellano gli alpeggi, per piantare pini canadesi – per far guadagnare i vivai?

Napoletano si diceva nell’Ottocento, e nel primo Novecento, per meridionale.
Ma nessun meridionale, per cattiva o buona sorte, pensa a Napoli. Né Napoli fu mai capitale del Sud, se non per pochi baroni calabresi.

Napoli ha distrutto il Sud.
È un fatto.
È stata un cancro del Sud, lo è dell’Italia: l’aggiustizia è tutta napoletana, i codici alati e impraticabili, e il pagliettismo.

I Borboni vittime di Napoli e non Napoli dei Borboni? È un’ipotesi. Ma è l’unica storia possibile, la spazzatura di Napoli viene da lontano: Napoli è il Sud, ed è l’Italia. Poche aree sono sfuggite a Napoli, così geniale e superficiale, le regioni “rosse”, le Venezie, limitandone la presenza a qualche magistrato sperso e a qualche paglietta sparso. E Roma naturalmente – ma già con qualche danno. Si è napoletanizzato subito il Piemonte, coi suoi prefetti, generali e capi della polizia, brillanti e ignavi, che hanno letteralmente distrutto il Sud. Si è napoletanizzata nel dopoguerra Milano, apprendendone l’uso dell’insalata ma anche, con Borrelli e dopo Borrelli, come distruggere l’Italia, in Borsa, in politica, negli affari, e perfino nel calcio. Sorniona e sempre furba, pensando di dominare i suoi napoletani, di giocarli, e invece già inevitabilmente infetta, anzi in via di meridionalizzazione. Da Mani Pulite, con magistrati napoletani che riempivano le tasche di avvocati napoletani, a Calciopoli, le cui cronache napoletane hanno colmato la milanesissima “Gazzetta” ma svuotandola - la leggono sempre meno.

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