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domenica 28 novembre 2010

Secondi pensieri - (58)

zeulig

Capitalismo – Si rapporta alla Riforma in quanto si confonde con la libertà politica (Max Weber lo sa, che non lo dice: l’identificazione si fa in Italia in chiave anticlericale). Il liberalismo non è il diritto al dissent (tolleranza), né quello alla proprietà (borghesia). Nasce dalla riforma come movimento religioso e come movimento politico, contro l’unità della società politica (impero): la libertà politica è un diritto incomprimibile, quindi non “tollerabile”. E si accompagna in principio all’uguaglianza – quindi fa a meno della proprietà.

La religiosità non c’entra, se non nel senso dell’ecclesìa, della comunità d’interessi – da cui le leggi, e la protezione della proprietà. In sé è insensibilità all’accumulo.

Comunismo – È imploso nel momento di minor vigore del capitalismo. Nell’età difensiva delle Thatcher e dei Reagan, dei write-off e degli stati di crisi, esaurita l’onda lunga del fordismo, il combianto di consumi di massa e del welfare. La sua carica era solo antagonistica: proprio quan do il capitalismo si è riconosciuto nella crisi costante il comunismo è crollato, come se gli fosse mancato l’appoggio che lo teneva su. È un caso di saprofitismo?
Al suo meglio è romantico. Quindi costituzionalmente crudele – con sé stesso e con gli altri – e cioè disfattista. È così che alla fine del suo lungo secolo ha lasciato solo rovine.

Tanta degna passione, ben motivata, la passione politica che ha incontrato il più vasto consenso popolare, senza paragoni nella storia, scompare senza lasciare traccia, se non sanguinaria. È un’illusione? Ma la violenza è stata, è, reale. Sulle osa e sulle coscienze di masse altrettanto sterminate di povera gente. La politica non è per il popolo? È possibile. Ma il popolo non ha avuto una funzione in nessuna esperienza comunista, da Mosca alla Cina e a Cuba, se non come derivata della funzione intellettuale. Il comunismo è stato un tentativo dei filosofi di governare la realtà. Da qui il suo fascino, e la capacità di persuasione: far passare per liberazione la coazione, non soltanto dei corpi ma pure delle coscienze e persino delle passioni e degli affetti, tra i sessi, in famiglia, con gli amici. È l’orrore della sua realtà, per la cattiva coscienza dietro la violenza scatenata.

Cristo - È quello che Dio non è: buono, giusto, tranquillo, a volte perfino indolente. Non disprezza nessuno, non condanna. Ma per questo non è nemmeno un uomo.

Dio – È il presente.
È fantasia. Ce lo stiamo creando. Se, nella storia del mondo compressa in ventiquattro ore, quella nota, religione compresa, prende appena pochi secondi, siamo agli inizi.
È l’uomo eternizzato, si vede dai difetti, che son costanti: umorale, vendicativo, simulatore. Ogni Dio lo è, non soltanto quello della Bibbia.

Quello della Bibbia è un Dio di verità. Per questo è terribile: la verità, intesa filosoficamente, è distruttiva. Ed è incomprensibile: la ragione non ha Dio.
Per questo la Bibbia e la lingua ebraica non conoscono il Caso? L’effetto è il finto razionalismo e il finto mistero che confluiscono nella Cabbala.

C’è chi lo risolve nell’amore. Che è amore per l’uomo. Che maschera l’amore di se stessi. Che è la negazione di Dio: l’amore è la negazione di Dio, in quanto orgoglio da Ersatz.

Erotismo – È “fatto” e non natura, modo: l’immaginazione, visiva e onirica, l’autosuggestione, la memoria (che è immagine) prevalgono sulla “cosa” naturale e fisica. Come lo vogliono i creatori di moda e di gusto, che sono gay o asessuati: il corpo è un manichino, per crearvi attorno l’attrazione del “fatto” – in forma di opulenza o magrezza, tette o chiappe, viso o gambe, nudità o pudore.

Morte – Pensare alla morte è essere morti dentro.

Non c’è (incombe) se si vive nel presente. La storia è il presente. La storia tradizionale (current, comune) è mancanza, paura, desidero. Il presente è accettazione senza residui: è gioia. Dio è il presente.

In un certo senso siamo tutti morti, se passiamo dal nulla al nulla. Senza lasciare traccia, se non artificiosa: affetti, reputazione, fama.

Purezza– Crea molte mancanze. Sia quella chimico-fisica (dei material, dei procedimenti), sia quella etica, e quella religiosa (quante eresie!), e ora quella etnica e razziale. È però sempre in cima alla virtù.

Storia – È l’esemplificazione della fisica – il gesto efficace: correre, toccare, colpire, tagliare… La fisica dà forma alla storia.
Quello che la fisica si spiega meno sono i fenomeni naturali. Se non c’è la storia non c’è la fisica (la natura).

Più a lungo è storia di cose: aria, acqua, fuoco, pietra. La natura dell’uomo (del mondo) è nelle cose.

Verità – È distruttiva, se intesa filosoficamente, come esercizio critico. Nulla vi si sottrae, nemmeno la stessa critica, o il criterio e la finalità della critica, e questa debolezza ne dice l’inconsistenza. Ogni verità è per questo sempre ultima.

zeulig@antiit.eu

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