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venerdì 3 dicembre 2010

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (74)

Giuseppe Leuzzi

Leonida Répaci scrisse una serie di articoli nel 1949 su “Milano-Sera” in risposta alla lettera proto leghista di un ragionier Menghini di Pavia al giornale (articoli poi raccolti in “Il Sud su un binario morto”). Il fulcro della lettera del ragioniere è l’aneddoto dei water usati dagli assegnatari della riforma agraria come recipienti per le salamoie. L’aneddoto era originato e diffuso al Sud, sui terremotati a Messina al quartiere Giostra, sugli assegnatari delle case popolari, e successivamente sugli alluvionati di San Luca nell’Aspromonte – qui siamo già a dopo il ragionier Menghini.

Croce riporta nella “Storia del Regno di Napoli” che Federico II, il re svevo di Palermo, in visita in Terrasanta criticò l’Altissimo. Deluso che, magnificando la Palestina, il Dio dei Giudei “non viderat terram suam scilicet Terram Laboris, Calabria, et Siciliam et Apuliam”. Per il re tedesco, nel Duecento, il Sud era un bengodi.

Nello scontro tra giudici e carabinieri a Palermo il colonnello De Caprio, ex “capitano Ultimo”, non le manda a dire: “Gente come questo magistrato (Ingroia, n.d.r.), con la lobby mediatica che lo sostiene hanno distrutto il fronte antimafia, hanno messo fratelli contro fratelli, e stanno facendo vincere Riina, Ciancimino, e Provenzano”. Come non detto. Nemmeno per una querela.
Per fratelli De Caprio intende i carabinieri. Molti carabinieri infatti sono col giudice Ingroia e Cincimino figlio.

I processi di mafia a Palermo da qualche tempo riguardano Contrada, Andreotti, Dell’Utri, Berlusconi, e vari ufficiali dei carabinieri, Mori, De Caprio e altri. Dopo quello famoso di Riina, il folle sanguinario che mise in imbarazzo il presidente della corte che lo giudicava, altri mafiosi veri non si sono visti in tribunale. Quando vengono sono coperti da nugoli di guardie, in quanto pentiti, cioè confidenti delle Procure – comunque mai in ceppi, secondo il regolamento dipietrista. Si può dire che non c’è la mafia a Palermo. Ogni tanto si prende un latitante, con clamore. Ma è di vecchia mafia: gente senza denti con gli occhiali spessi, impecettati.

L’odio-di-sé-meridionale
Salvatore Lombino, scrittore americano di galli di grande suscesso, con vari pseudonimi, il più famoso dei quali è Ed McBain, nipote di un emigrato dalla Calabria, ha sentito il bisogno di cambiarsi il nome all’anagrafe, in Evan Hunter.

Nicola Misasi, “elogiato da D’Annunzio, rimpianto dalla Serao, trascurato dalla Calabria”, titola la “Gazzetta del Sud”. Ma anche la “Gazzetta” non scrive altro di Misasi. Uno scrittore del secondo Ottocento che fu letto molto. Vale per lui quanto vale per Répaci, La Cava, Seminara, Zappone, Delfino, scrittori che confessano di “voler” essere calabresi: la Calabria pesa come un destino negativo. Misasi che apre il suo libro più letto, “Senza domani”, con questa dedica. “Questo libro non è un romanzo, è la difesa di un popolo generoso calunniato dagli storici della rivoluzione”.

Un Pelle figlio di mafiosi, studente d’architettura a Reggio Calabria, si vanta con amici e parenti di poter condizionare gli esami in facoltà, e le ammissioni alle facoltà di Medicina di Messina e Catanzaro. Ciò basta per paginate ogni giorni alla “Gazzetta del Sud” del tipo: “Le mani sull’università della cosca Pelle-Gambazza”. Che convincono tutti che le università di Messina, Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria siano in mano a questo a questo giovane. Le università dei figli dei poveri, quelli che non possono permettersi le università da Napoli in su.
Il giovane Giuseppe Pelle controllava le tre università con regali, dice ogni giorno la “Gazzetta del Sud”. Ma finora l’unico regalo accertato è un giocattolo al bambino di un ricercatore, suo compaesano.


Milano
Massimo Mucchetti rievoca oggi sul “Corriere della sera”, per attaccare i rapporti privilegiati tra l’Italia e Mosca, l’intermissione di un Mentasti. Il quale, patrocinato da Berlusconi, aveva pensato nel 2002 di diventare il partner italiano di Gazprom, e nel 2005 c’era quasi riuscito.
La ricostruzione di Mucchetti è molto “lombarda”: nel senso che non è narrativa, né intesa a fini di informazione, cioè di verità, è un retroscena che anzi i fatti reali hanno smentito, e resta quindi lievemente ricattatoria. Mentre bisogna sapere che Gazprom è la maggiore società del gas del mondo. E Mentasti un broker lombardo, non dei maggiori. Ma soprattutto va detto che Bruno Mentasti è stato in questo affare il marito di sua moglie. Cioè che è la signora Mentasti che aveva il cuore di Berlusconi. E non per il noto casanovismo dello stesso, ma per essere intima dell’allora signora Veronica. Del cui odio verso il marito è stata dopo qualche anno confidente con “Repubblica” e altri giornali e incitatrice. Dopo cioè che Berlusconi non aveva dato il gas della Gazprom al marito. Una storia di piccola corruzione, e di vendette femminili, molto da “donna lombarda”.

Lombardo, non solo a Londra, è sempre stato l’usuraio.

Qualsiasi cosa dica, il figlio del mafioso Ciancimino ha due e quattro pagine sul “Corriere della sera” e su “Repubblica”, i giornali della classe dirigente, e quindi della Padania, cioè insomma di Milano, dove peraltro concentrano le vendite. Anche le scemenze palesi, tipo accostare a suo padre nel 1972 o nel 1974 l’attuale prefetto De Gennaro, che è nato nel …
C’è da dubitare che la classe dirigente sia golosa di sapere di Ciancimino jr. e dei giudici che attraverso di lui si fanno pubblicità. E allora perché tanto spazio? Tout se tient, “cappello chiama capello” si diceva una volta. Mafia chiama mafia?

“Sette”, il settimanale del “Corriere della sera”, fa giovedì una ventina di pagine sull’occupazione della Lombardia da parte della ‘ndrangheta, la mafia calabrese. Non sono pagine di grande lettura, rimasticando in lungo e in largo le confidenze di un mafioso siciliano di piccolo rango con un giornalista specializzato in scandali. Confidenze sui la Direzione nazionale antimafia, che quindi ora si sa cosa fa (chissà come gli girano al povero Falcone, che l’ha inventata), ha costruito due settimane fa una mappa dettagliata delle città e i centri della Lombardia che le cosche calabresi si sono spartite. Vere e proprie dinastie, spesso analfabete. È per questo che Milano non riesce a costruire nulla per l’esposizione del 2015. Non per le lotte furibonde sui suoli e gli appalti.

Le venti pagine di “Sette” escono senza novità, senza scandalo. Senza peraltro un briciolo di preoccupazione locale: di persone, paesi, sindaci, amministratori, imprenditori.
Tutto evidentemente si può dire, ma qual è l’interesse di una simile pubblicazione? Di dire che la Calabria è comunque un malaffare, i lombardi sono spietati - un calabrese, certo, potrebbe complimentarsi di tenere in soggezione “Sette” (almeno “Sette”, se non Milano, o il “Corriere della sera”).

Il “Corriere della sera”, dopo aver lanciato con congruo preavviso le inchieste Rai sulle ville di Berlusconi alle Bahamas, o Antigua?, fa diecine di pagine sulla banca Arner, che ha gestito l’acquisto. Facendo pubblicità a Mario Draghi, che inflessibile ha ordinato d’ispezionare la banca, e al professore avvocato della Bocconi che inflessibile la ispezionò, con tanto di foto e punti di accusa, anzi no di censura, anzi no di rinvio alle norme, sempre inflessibile. Dopodiché si paga una pagina di pubblicità della Arner, 50 o 100 mila euro, per dire che tutto è in ordine.

Perché il “Corriere della sera”, il giornale della borghesia lombarda, si è fatto da un anno a questa parte, il giornale delle puttane? Per accusare Berlusconi non ne ha bisogno – ha ben d’altro. È la sua borghesia in regime d’astinenza? La medea di Macherio non è isolata, la moglie di Berlusconi, la “donna lombarda” è vendicativa come nella canzone.

All’aeroporto di Malpensa mandano in giro una valigia due minuti dopo che l’aereo è atterrato. Una valigia con un cartellino che ne attesta la provenienza ma di cui nessuno è proprietario. Girando sul nastro trasportatore la valigia viene registrata come in arrivo dagli specifici voli di cui porta il cartellino, riducendo i tempi medi di consegna dei bagagli. Il tempo medio di consegna dei bagagli è uno dei criteri internazionali per valutare l’efficienza di un aeroporto.
Si aspetta ora di sapere se l’artefice di questa furbata non è un funzionario, o un facchino, napoletano. Potrebbe anche essere siciliano, perché no.

leuzzi@antiit.eu

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