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sabato 18 giugno 2011

La principessa filosofa che Parma disconosce

Élisabeth Badinter ricostruisce una figura straordinaria di principessa filosofa. In un personaggio minimo della storia: una ragazza cresciuta a Madrid fino agli otto anni dalla nonna Isabella Farnese, nel disamore della madre Louise Élisabeth, la figlia primogenita del re di Francia Luigi XV, quindi in nove mesi beniamina a Versailles dei nonni materni e della corte, per undici anni a Parma con i neo duchi suoi genitori, e per tre anni, dai 19 ai 22, sposa di Giuseppe II, che sarà il successore della madre Maria Teresa. La quale, morendo a 22 anni, ha lasciato una serie nutrita di riflessioni, a Parma e a Vienna, sul mondo, la formazione dei giovani, la religione, i cristiani, il commercio, i prussiani. Non da bas-bleu, da intellettuale supponente: Isabelle di Borbone Parma ama la musica, che compone e esegue, al violino, il teatro, che le dà sempre da pensare, le passeggiate. Uno spirito vivace e libero di cui queste lettere alla cognata Maria-Cristina sono esempio, piene di verve e d’affetto – anche se non nel senso che il titolo promette, quelle cose non si facevano nei palazzi di Maria Teresa, suocera peraltro amorosissima, oltre che ammirata, della nuora (benché con linguaggio a volte spontaneamente escrementizio…).
La raccolta si può leggere come un saggio di ordinaria inutilità tra principesse reali, che pettegolano, delle sorelle e delle dame di corte, vanno a messa, al rosario, a caccia, a teatro, al concerto, al tavolo da gioco – non al ballo, a Vienna non si balla. Normalmente valetudinarie. Se non fosse che Isabelle stessa ne fa l’anamnesi in una delle lettere filosofiche della raccolta. E per le settanta pagine della curatrice: Élisabeth Badinter ne fa un ottimo romanzo.
Un saggio anche di storia italiana dimenticata. Élisabeth Badinter, autrice anche della biografia di Ferdinando di Parma, il fratellino della principessa, con materiali d’archivio parmensi, sarà rimasta specialista unica dei Borbone-Parma. Qui fa pure, in un inciso, un ritratto indimenticabile del filosofo Condillac, ingaggiato a Parma quale precettore di Ferdinando, fratello minore d’Isabelle e futuro duca, un maestro irascibile e incapace, malgrado il suo “Cours d’études” pedagogico in sedici volumi, che trattava il principino “a calci, a pugni e col bastone”.
Ne nasce un personaggio ancora da scoprire, che E. Badinter, avendone letto gli studi, non ha però dubbi a catalogare “principessa filosofa”. Autrice nel 1758 a Parma, a 17 anni, di tre volumi di “Remarques politiques et militaires” (il francese, lingua materna, adopera di preferenza allo spagnolo e all’italiano, poi sostituito dal tedesco, che apprenderà dopo il fidanzamento: raramente firma Isabella Maria Ludovica). E a 22 anni di un’opera pedagogica in due parti molto russoviana pur non conoscendosi allora Rousseau, “Réflexions sur l’éducation”. Altri scritti sono andati perduti nel naufragio nel 1792 di un veliero che li stava trasportando da Amsterdam, insieme con gli altri beni di Maria-Cristina, cui Maria Teresa aveva disposto fossero dati in consegna.
Isabelle, con tanta intelligenza e disponibilità d’animo, non ha buona considerazione dell’Italia – e la cosa meriterebbe un approfondimento. Nella corrispondenza il giudizio è sempre negativo, nota la curatrice. In un racconto autobiografico, diciassette pagine intitolate “Les Aventures de l’Étourderie”, annota del suo matrimonio che ha segnato la fine dell’esilio: “Lasciai l’Italia senza rimpianto”. Nelle “Riflessioni” pedagogiche Isabelle fa una serie di considerazioni negative; che E. Badinter così sintetizza: “Riconosce (agli italiani) uno spirito penetrante e l’arte di cogliere le bellezze di ognuno, ma li trova doppi e dissimulati, falsi, arrivisti (non c’è bassezza che non commettano per ottenere ciò che vogliono!), interessati, ingrati, cattivi amici e intriganti. Ammette che ci sono dei grandi sapienti (a Bologna e Padova), ma rimprovera loro di farne sfoggio”. A Maria-Cristina immalinconita dalla “sorte delle principesse” a corte (una lettera che è un trattato), per rincuorarla scrive: “Credetemi, ho vissuto undici anni in Italia e posso ben assicurarvi di essermi annoiata per quanto è possibile”. Ma ha portato con sé l’ostetrico Mariano, che è anche un ottimo medico, e il compositore Traetta, non avendo potuto portare altri famigli per espresso divieto dell’imperatrice.
Isabelle de Bourbon-Parme, a cura di Élisabeth Badinter , “Je meurs d’amour pour toi… “, Livre di poche, pp. 253, € 6

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