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lunedì 13 giugno 2011

Due (o tre) referendum per la corruzione

“Risultato storico” dicono i commenti, e dunque l’Italia stabilirà anche questo primato, di un referendum, anzi due, a favore della corruzione. I due referendum sono quelli sull’acqua, le tariffe e la gestione, che hanno trainato il voto, specie quello femminile, delle suore comprese. La bocciatura del governo, e in particolare di Berlusconi, sicuramente ha portato molti al voto, ma quello che fa il “risultato storico” è l’acqua: è lo slogan “non ai privati” che ha “mobilitato le masse”. Un duplice effetto calcolato dai promotori: attrarre il voto ingenuo con l’acqua inalienabile, e gli amministratori locali con una cornucopia su cui essi si sono buttati con scontata unanimità – i referendum hanno portato alle urne tutte le regioni, anche quelle che votano per il governo, in testa i buoni amministratori leghisti (è proprio vero che la Lega non si perde un alito di vento, non per nulla è lombarda).
Che Bersani e Di Pietro, il partito Democratico e quello dei moralisti, abbiamo promosso o votato il referendum, dopo aver promosso e votato la privatizzazione quando erano al governo, è un fatto grave ma non è il più grave. In un altro contesto un risultato 96 a 4 sarebbe stato preoccupante o da ridere. Nella grassa cultura borghese italiana è occasione di gioia e manifestazioni di piazza, come di chi avesse preso la vacca per i coglioni – ma senza dirlo alle anime candide, femminili, maschili, e del terzo genere. Perché i referendum hanno, evidente ma non abbastanza evidentemente, una verità surrettizia, non ignota ai promotori e ai celebratori: la “volontà popolare" è sempre molto privata, di parte.
Il voto sul nucleare è dannoso, posto che non ci sono progetti di centrali, quello sul legittimo impedimento superfluo - Berlusconi se la caverà comunque. Il risultato cercato, sotto le spoglie dell’antiberlusconismo, è la rinegoziazione degli appalti ai gestori idrici - la rinegoziazione costante è, si sa, la chiave maggiore della corruzione. In tutti i casi, in particolare nelle regioni del voto record, in Toscana e in Emilia Romagna, in cui da tempo la gestione è privatizzata perche più economica. Nei casi in cui la gestione resta pubblica, che poi sono praticamente uno, il famigerato Acquedotto Pugliese, si continuerà come per il passato, tra sprechi, sottogoverno e veri e propri casi, anche se limitati nel complesso della disfunzione, di corruzione (forniture non pagate, sottrazione di forniture). Quanto alle tariffe si sa che c’è poco da fare: purtroppo sono alte, e più lo saranno, per la bulimia insaziabile degli amministratori locali, come per la spazzatura e gli altri servizi di prima necessità.
Sono stati referendum che un tempo si sarebbero detti partitocratici, per riportare i servizi essenziali sotto le ferula dei partiti, e più nella loro espressione peggiore, quella locale. Naturalmente al coperto delle politiche ecologiche, che sono diventate la stella, purtroppo incontrollata, del sottogoverno. Alla luce della quale anche il referendum contro il nucleare assume una luce sinistra: è la benedizione delle fonti cosiddette alternative, che non sostituiscono il petrolio ma si mangiano miliardi di euro, ogni anno. Un furto legalizzato, una miniera inesauribile per i corrotti, un pozzo di San Patrizio della criminalità economica, dalla Borsa agli importatori dalla Cina.

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