Cerca nel blog

sabato 19 luglio 2025

L’antifascismo illiberale

Fa senso che non si ricordi – non solo non si celebri, nemmeno si ricordi – la bastonatura assassina di Giovanni Amendola a Montecatini da parte dei fascisti del federale Scorza cento anni fa oggi. Di Amendola come poi di Gobetti. Che ne moriranno. Giusto Eugenio Giani, il socialista presidente della Regione Toscana, se facebook e instagram, e il burocratico comunicatino Anpi. Niente a petto delle paginate, le commemorazioni al Parlamento, i libri, i dibattiti, i documentari un anno fa per Matteotti. Fa senso perché Matteotti, peraltro un socialista, a suo tempo isolato dai comunisti, è stato assunto dall’(ex) Pci ora Pd, mentre Amendola e Gobetti erano solo democratici. Non c’è opinione pubblica in Italia, c’è solo, e sempre, la museruola, il Mito è sempre lì.
Non è disattenzione, non non voluta. Se non è disprezzo e odio. Anche se Giovanni Amendola è stato il padre di Giorgio, che fu una colonna del partito Comunista di Togliatti. Ma Giorgio era un “migliorista”, quindi anche lui abietto, quasi quanto un socialista.
Per lo stesso motivo come non si è citato Salvemini in morte di Matteotti. Non celebrato, nemmeno ricordato, nemmeno per curiosità. Arrestato per avere detto Mussolini il mandante di Matteotti. Cosa vera, che Mussolini rivendicò.
La memoria è una sola. Non solo cresce in Italia la povertà delle famiglie, nel quinto o sesto paese  più ricco del mondo, e questo è discutibile. Ma la povertà degli storici no, quella galoppa.

Cronache dell’altro mondo – deportative (345)

L’immigrazione illegale, che si è moltiplicata nel secondo decile del secolo, è stata confrontata sempre con fermezza dai governi federali americani.
“Trump deporta molte meno persone di Obama, solo lo fa con più pubblicità e rudezza. Ha

deportato meno persone al mese di Barack Obama, e poco più di Joe Biden nello stesso periodo dell’anno scorso, secondo i dati dell’Immigration and Customs Enforcement.
“Obama ne ha deportati il doppio. A partire da febbraio l’amministrazione Trump ha espulso una media di 14,700 persone al mese. Meno nella metà dei 36 mila al mese che si registrarono nel 2013, con la seconda presidenza Obama”.
Fareed Zakaria, “The Washington Post”

Quando Roma era la capitale

Richiesto di una “auto-cronologia”  - commissionata “per un uso editoriale postumo” – Arbasino scrisse venti anni fa un ricordo milanese, romano e fortemarmimo degli anni 1950 e 1960, con un excursus da Einaudi - da Calvino che lo tenne a battesimo, con consigli editoriali preziosi, per il suo primo libro, “Le piccole vacanze”, e anche per il secondo, l’“Anonimo lombardo”. Ribollente.  Di nomi, occasioni, incontri, pubblicazioni, che scorrono con una forte dose di rimpianto. 
Anche il teatro è un must continuo, e la Scala. Stagioni artistiche anche memorabili. Compresa la grande musica a Roma. Basta “Cesaretto”, la table d’hôte in via della Croce a fare gruppo e differenza, semplice e raffinata, di conversazioni e di servizio.
A  Roma dove Arbasino lavorava alla Sioi, da studioso di diritto internazionale, col “professor Ago, cognato di Bobbio”, “uscendo dal Palazzetto di Venezia e dalle note e schede per ‘La Comunità internazionale’ e il Diritto del Mare, verso le sette, passavo al ’Mondo’, sulla piazza Montecitorio, dove sui divani redazionali e davanti agli scaffali dei periodici stranieri si conversava con Sandro De Feo, Nicola Chiaromonte, Nina Ruffini, Gabriele Baldini, Vittorio Gorresio, Vittorlo De  Caprariis”, e un’altra dozzina, o ventina, di nomi. “Inventando il Kitsch e il Camp”…
Roma soprattutto è incredibile, per la immensa platea di possibili incontri, in vari luoghi e a tutte le ore, di nomi belli-e-buoni: una compagnia “di formazione” per un giovane curioso che a scorrerla oggi ha dell’incredibile.
Alberto Arbasino, Memorie quasi indiscrete, Feltrinelli, free online
 

venerdì 18 luglio 2025

Problemi di base di genere - 871

spock


Dentro ogni uomo si nasconde un bambino?
 
E dentro ogni donna?
 
Virago, Furie, Erinni, bas-bleu, tutte invenzioni maschili?
 
Perché le mamme sono impazienti con le figlie?
 
O si dovrebbe dire madri?
 
Il genere è un mistero?

spock@antiit.eu

Londra 1939, profughi brutti, sporchi e carttivi

La “missione confidenziale” è dell’agente D., anonimo ma personalizzato: un professore spagnolo di letteratura romanza inviato in Inghilterra per provvedere il carbome per la Repubblica nella guerra civile ancora in corso. Ce la farà naturalmente, anche perché in qualche modo è determinato, avendo perso nella guerra la moglie, ”ficilata per errore” – da chi? E tra errori e imbranamenti fa quello che deve fare, la spia.
Nel 1939, alla vigilia della guerra, G. Greene scrisse un paio di romanzi per ragioni “alimentari”, sposo fresco, per mantenere la famiglia, non sapendo ancora che sarebbe stato anche lui un  professor D. al servizio di Sua Maestà. Ma, al suo modo, spiegando e circostanziando, fa funzioare sia la trama che il personaggio. Un romanzo che classificherà un “divertimento”, e invece dura – l’altro “divertimento” del 1939 era nientedimeno che “Il potere e la gloria”. Con una sorpresa, una sorta di preveggenza – oppure è l’Inghiltera di sempre, che avevamo dimenticato e ora un governo laburista riporta a galla, incalzato dall’esterma destra dilagante di Farage: un’idola che si sente aggredita da “sporchi continentali”, “clandestini”, “vi infilate in casa nostra come vermi”. Brutta sorpresa – oppure  no, un racconto ben lavorato. Ma, anche allora, con una guerra alle porte?
Graham Greene, Missione confidenziale, Sellerio, pp.392 € 16

giovedì 17 luglio 2025

Letture - 584

letterautore


Aids
– Se ne vergognavano, quando ci fu l’epidemia quarant’anni fa, soprattutto gli intellettuali - Goffredo Fofi, ricordato su “Il Sole 24 Ore Domenica”.

 
Determinismo
– “Non credo che la letteratura sarebbe possibile in un mondo predeterminato. Potremmo seguirne le leggi, ma il cuore ne rimarrebbe escluso… Basterebbero i due romanzi che ho scritto per capirlo. Sono convinta che più si scrive, meno i è inclini ad affidarsi a teorie come il determinismo. Il mistero non è qualcosa che evapora progressivamente, al contrario, cresce insieme con la conoscenza” – Frances O’Connor, “La breve vita felice”.
 
Dio
– “Non devo suggerire che la scienza è inaffidabile”, scriveva Frances O’Connor a un’amica (dalla raccolta epistolare “La breve vita felice”), ma solo che non possiamo giudicare Dio a partire dai limiti della nostra conoscenza degli elementi naturali… Io lo vedo come l’apoteosi della perfezione, della completezza, della potenza. Dio è Amore, e non crederò mai che nell’Amore vi siano degli stadi negativi o delle imperfezioni”.
 
Fede e scrittura –“Sento che se non fossi cattolica non avrei nessun motivo per scrivere, nessun motivo per vedere, nessun motivo per provare orrore e\o piacere di fronte a qualcosa. Sono cattolica dalla nascita…. - sempre Frances O’Connor,  nell’epistolario citato – “non ho ma avuto la sensazione che essere cattolica fosse un limite alla libertà dello scrittore, anzi il contrario”. 
 
Franco Fortini – Arbasino lo ricorda (denuncia), senza nominarlo, “il più severo dei nostri poeti moralisti”, professore in Sud Africa, “una lucrosa cattedra a Città del Capo… col conveniente pretesto di studiare personalmente la situazione”, salvo “passare alla cassa”. Fortini fu all’università di Witwatersrand nella primavera del 1984, e vi tenne lezioni su Dante, Leopardi e Lukàks.
 
G
raecia capta – Mai una rivolta in Grecia, nei tanti secoli di dominazione romana, è la constatazione di Teòdoros Papakostas, “Omero in ascensore: “regnavano la pace e il benessere economico”, mentre “l’arte e lo stile di vita greci erano amati ovunque”. E il greco era “una lingua internazionale, almeno nella parte orientale dell’impero romano” – è così che Luciano, un  siriano, scrisse in greco.
 
Greco – È il fenicio con le vocali – come poi sarà, senza vocali, l’arabo. Lo ricorda il divulgatore di archeologia greca Papakostas, “Omero in ascensore”: dai tre-quattro “secoli bui” che succedono alla civiltà micenea, raffinata, celebrata nel Mediterraneo (sulla base di reperti archeologici sparsi). Scomparsa la civiltà micenea, dai tre-quattro “secoli bui” che succedettero la Grecia emerse senza una scrittura, avendo “dimenticato la precedente – che per di più era riservata a pochi, e non molto funzionale”, spiega l’archeologo greco: “Finché un girono un viaggiatore più spigliato degli altri notò che al di là del mare, nel civilizzato Oriente, dalle parti della Fenicia, si usava un tipo di scrittura diverso, fatto di pochi simboli. Se ne appropriò, ci aggiunse le vocali, modificò un po’ i suoni, per adattarli alla lingua greca”, alla conformazione palatale, e inventò la prima scrittura al mondo in cui ogni lettera simboleggiava un suono della voce umana.
 
Immigrazione – “Si discuterà dottamente di ‘revirement’ o ‘rebound’ del già biasimato colonialismo europeo? Quando mezza Asia e tutta l’Africa fanno cose da pazzi per stabilirsi in casa dei biasimati ex colonizzatori? Chi, pochi anni fa avrebbe immaginato… le nostalgie per la ‘cultura’ dell’imperialismo di ieri?”, si chiedeva l’ultimo Arbasino, in “Passeggiando tra i draghi addormentati”.
 
Mahler vs. Puccini – Si detestavano, Cioè, Mahler detestava Puccini: “Al giorno d’oggi qualsiasi scalzacane sa orchestrare in modo eccellente”, così si esprimeva su Puccini in una lettera. E per dieci anni gli impedì l’accesso al teatro Imperiale di Vienna, di cui era direttore. Non ricambiato da Puccini, che è come se non sapesse di un Mahler compositore, il suo vero e unico concorrente considerando Richard Strauss (ma si sa che le malignità fra confratelli in arte sono correnti: Debussy trovò l’ora celeberrima Seconda Sinfonia di Mahler “buona per la réclame dell’omino Michelin”). Però poi i due, Mahler e Puccini, non sino molto distanti, trova su “La Lettura” (“Mahler, quanto somigli a Puccini”) il maestro Filidei (“Il nome della rosa”): “Mi sono sempre chiesti il motivo per cui” i due “mi abbiano provocato, dopo un iniziale rifiuto, un uguale e completo collasso emotivo durato anni”. E si risponde: “L’impressione è che, nonostante Puccini sia musicalmente più parigino e Mahler più tedesco, entrambi abbiano cercato di risolvere lo stesso conflitto vittima\carnefice che li attanagliava nela vita”. Entrambi fanno giovani la bohème, entrambi perdono il primo concorso importante, Puccini scrive dieci opere lasciando l’ultima incompiuta, Mahler scrive dieci sinfonie lasciando l’ultima incompiuta. Entrambi decidono di abitare e comporre vicino a un lago, entrambi dopo la loro morte saranno fra i più saccheggiati compositori dell’industria cinematografica”. E poi, a specchio invertito, “”Mahler è un operista felicemente mancato…. Puccini è un felicemente mancato sinfonista”, e “nella vita Mahler è stato un carnefice sul lavoro vittima in amore, almeno quanto Puccini è stato vittima sul alvoro (dei direttori) e carnefice nella caccia (non solo di folaghe)”.
 
Scrivere – “Lo scrittore non deve capire , bensì produrre. E ciò che lo porta a produrre non è vivere un’esperienza, ma contemplarla. Il che non significa capirla, ma semmai capire che non la capirà mai fino in fondo” – Frances O’Connor, “La breve vita felice”.
“Il significato di un’opera mi interessa decisamente poco… Sono senza dubbio convinta che ogni storia abbia un significato, ma il significato di una storia non può essere parafrasato, e quando è presente lo è in senso quasi fisico, più che intellettuale”, id., ib. – “chi insegna scrittura non è molto più che una levatrice”.

Selfie – “Nessuno scrittore ha sognato di essere un proprio contemporaneo” Alberto Arbasino, “Baires dopo Borges”, in Passeggiando tra i draghi addormentati”, p. 258: “Forse questo inizia nel secolo scorso”, dell’Ottocento, “prima si parlava sempre di altri tempi e di altri paesi, ed era del tutto naturale”. Fuori dalla dimensione fantastica, “l’altra letteratura è piuttosto giornalismo, storia, sociologia, non è vera letteratura, anche se si rifà alle esperienze di Faulkner… Il realismo, vediamo che è un episodio, solo un momento della nostra storia letteraria.  La grande letteratura non è mai stata realista. Del resto non sappiamo nemmeno se l’universo sia realistico oppure onirico… Anche in un libro che si crede realista, il ‘Don Chisciotte’, … ci sono sempre i due elementi, realistico e fantastico, ma quello che domina è l’elemento fantastico, perché Cervantes è dalla parte di Don Chisciotte e non dalla parte dei contadini e degli altri”.
E (p. 257): ”La letteratura fantastica è molto più naturale, perché i sogni sono reali come lo stato di veglia. Le fantasticherie sono reali, il mio passato è reale, come la memoria e la storia, che è un sogno e un incubo, «da cui cerco di svegliarmi», come diceva Joyce. E la grande letteratura è sempre stata fantastica. È incominciata con la cosmogonia, con la mitologia, i racconti di dei e di mostri. Nessuno scrittore ha sognato di essere un proprio contemporaneo”.

Tondelli –Non piacque in qualcosa a Umberto Eco, suo professore al Dams a Bologna. “Sul finire degli anni ’70 il giovane PVT”, così ricorda l’autore di “Altri libertini” Enrico Brizzi in un “cicloviaggio” commemorativo sulla “Nazione”, “macina esami. Nel profluvio di «trenta», con e senza lode, un «ventinove» di Umberto Eco lo lascia indispettito”.
 
Vittorini – “A lui (a Bobi Bazlen, n.d.r.) non interessava particolarmente «Il Gattopardo», veniva da un altro mondo culturale, eppure dichiarò, testualmente, che la sua pagina più brutta  valeva tutti i «Gettoni» di Vittorini” – Salvatore Silvano Nigro sul “Corriere della sera”, a celebrazione della versione filmica, di Visconti, del “Gattopardo”.


letterautore@antiit.eu

Dai vecchi la salvezza

Come mettere a frutto l’invecchiamento della popolazione, fatto ormai irreversibile. “Una persona su dieci nel mondo ha ormai più di 65 anni e si prevede che questa percentuale raddoppierà nei prossimi 50 anni”.
Il fatto è rilevato come una minaccia, ai sistemi sanitari e in genere al welfare. Ma l’invecchiamento può e dovrebbe essere messo a frutto. Utilizzando p.es. le competenze – “in Europa il 90 per cento dell’aumento della forza lavoro nell’ultimo decennio è derivato da  un’impennata dei lavoratori over 50… In Giappone la percentuale è ancora più alta. In entrambe le aree i lavoratori più anziani sono già il motore principale della crescita del pil”.
Ma ci vuole un nuovo sistema di welfare, soprattutto per quanto riguarda la medicina. In particolare, prevenire e alleggerire la cronicizzazione di disturbi o debolezze.
Un esame minuzioso delle opportunità e i problemi di questo “fatto” demografico ormai irreversibile, l’invecchiamento.
Andrew Scott-Peter Piot, The Longevity Dividend, Imf “F&D”, “Finance&Development” (leggibile anche in italiano, Il dividendo della longevità)

mercoledì 16 luglio 2025

Ma la Cina esporta tecnologia

La guerra dei dazi sta nascondendo molte cose. La pusillanimità – ma forse è inconsistenza, (“inesistenza” alla romana) - dell’Unione Europea. Ma soprattutto che la Cina sta uscendo dalla crisi immobiliare-finanziaria come esportatrice netta di tecnolgia. La stessa Cina che ancora nella presidenza Biden, ieri, si poteva sospettare e accusare di furto di tecnologie.
L’opinione ricevuta ès che la Cina continui a rubare tecnologia. E invece è più avanti, nei settori più sensibili, intelligenza artificiale, energia, salute.
Si dice dei dazi che sono protezionimso, ma reciproco. E le leggi speciali contro tutto quello che è cinese? Huawei,TikTok, l’IA, le auto made in China? Tutto spionaggio e aiuto di Stato? Ma uno Stato così efficiente è anch’esso tecnologia, innovazione.

Cronache dell’altro mondo – armate (344)

Il nuovo armamento è piccolo, mobile, tecnologico, poco costoso, polivalente .
“Per decenni i generali al Pentagono incaricati di decidere che armi comprare seguivano un mantra: grande, strano, e caro. Ora galoppano nell’altra direzione, invece di accumulare piccole quantità di armi supersofisticate e supercare – un solo caccia F-22 stealth, il migliore al mondo, costa 350 milioni di dollari.
“Il top sono ora droni di precisione anti-droni la cui principale caratteristica è il software che li guida all’obiettivo. In aria, sott’acqua, su terra, la caratteristica decisiva di queste armi è che operano lontano dai fanti americani, marinai, aviatori che li controllano, esponendo il personale molto meno al rischio. Il Pentagono ne compra a migliaia.
“Il mezzo visto all’opera nella campagna texana, un “Roadrunner”, fabbricato dalla startup della Silicon Valley Anduril, un cacciatore di droni, costa poco, circa 150 mila dollari, e se manca l’obiettivo torna alla base, pronto a colpire d nuovo….
“I modelli per le guerre del futuro servono a combattere in Ucraina e nel Medio Oriente oggi. In Ucraina, l’esercito russo invasore è stato fermato da un nemico molto più piccolo soprattutto con dispiegamento in massa di droni, che dal 2024 hanno provocato l’80 per cento delle perdite russe in uomini e materiali.
“Israele ha sperimentato l’uso degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale per colpire sospetti militanti di Hamas e Hezbollah, e in Iran. I capi militari alimentano i computer con enormi ammassi di dati messi insieme da una moltitudine di fonti, e i computer suggeriscono gli obiettivi da colpire. I nuovi strumenti hanno aiutato gli israeliani a uccidere decine di migliaia di militanti, ma anche decine di migliaia di civili sono stati uccisi.
“Per i conflitti potenziali all’orizzonte – p.es. con la Cina, che per molti aspetti ha sorpassato gli Stati Uniti come forza militare – il Pentagono sta studiano tattiche e tecniche in uso in Ucraina e in Medio Oriente, nuovi orizzonti aprendo alle guerre del futuro che  sperano di scoraggiare”.
(“The New Yorker”)

All’Italia il record mondiale dello spopolamento

L’Italia è il quarto Paese al mondo destinato alla maggiore perdita di popolazione, di peso demografico: “La perdita di popolazione nel prossimo quarto di secolo sarà maggiore in Cina. con un calo di 155,8 milioni (le proiezioni demografiche si gloriano di questa precisione, al migliaio,n.d.r.),  in Giappone con 18 milioni, in Russia con 7,9 milioni, in Italia con 7,3…”.
Considerando la grandezza, geografica e demografica, della Russia, sarà in realtà l’Italia il terzo paese al mondo per calo demografico. Anzi, volendo essere precisi, pesando cioè il calo demografico sulla situazione di partenza, l’Italia è quella che perderà più peso di tutti, un 15 per cento - contro un 12 per cento scarso della Cina e del Giappone.
È la fine del mondo? No, argomenta la ricerca. Il calo della natalità viene dopo l’esplosione della stessa, a tassi eccessivi. “Nel 1950 il tasso di fertilità totale globale era pari a 5, il che significa che una donna media nel mondo avrebbe avuto cinque figli nei suoi anni fertili”. Per qualche miglioramento nelle condizioni di vita, soprattutto nella medicalità. Ma un tasso insostenibile, inaccettabile. Per converso, “tra il 2000 e il 2025 i tassi di fertilità sono diminuiti in ogni regione del mondo e in ogni fascia di reddito. Il trend probabilmente continuerà nei prossimi 25 anni, preannunciando un futuro spopolamento globale”. 
La sola eccezione a questa tendenza è l’Africa. Ma anche lì si notano rallentamenti.
David E. Bloom-Michael Kuhn-Klaus Prettner, The Debate over Falling Fertilty. Imf “F&D”, “Fiinance&Development”  (leggibile anche in traduzione “Il dibattito sulla diminuzione della fertilità
)

martedì 15 luglio 2025

Meloni sul viale del tramonto

Da Sinner a Taranto, ai dazi e al risiko bancario, Meloni si distingue ultimamente per non comparire. Fa un bilancio molto positivo dei mille giorni di governo, ma in un trend di colpo molto negativo: la seconda parte della legislatura si è avviata con la presidente del consiglio fuori dall’orizzonte. E non ha nemmeno una vera opposizione - se non quella interna, insidiosa, onnivora, di Salvini.

Parterre de roi sur l’herbe a Wimbledon per Sinner, e di lei nemmeno l’ombra – nemmeno un collaboratore, con un minimo di zucca (se non altro per fare mostra in tv). Sui dazi è completamente tagliata fuori – salvo raccomandare l’ovvio, non rompere con gli Stati Uniti. Liti furibonde su e contro il suo governo che manomette le banche, e condanne di tribunali, e lei non sembra nemmeno accorgersene. Mentre ormai è destinata a chiudere Taranto – o a smembra i resti della grande siderugia italiana – e sembra non saperlo.
A proposito di banche, figure da perecottari le fa fare un certo Argiolas, che a Palazzo Chigi dirige il golden power, di cui lei non sembra sapere nulla – un avvocato che Salvini ha messo lì col Conte II. E tutto lascia capire che non sa in che trojajo si è  messa - la gestione del risparmio è materia delicata e molto privata, di fiducia.
All’orizzonte batoste alle Regionali, dove contano soprattutto i candidati. In Toscana e in Campania. E perfino dove la destra governa stabile, dalle Marche al Friuli: Meloni è come se non ci fosse.
Per non dire dei ministri zavorra, da Abodi che le ha fatto perdere il Coni e la faccia (le faranno inaugurare fra sei mesi l'Olimpiade di Milano-Cortina?), a quello della Cultura, che regala milioni e moltiplica i nemici. Mentre è concreto a questo punto il rischio che la legislatura finisca senza premierato e perfino senza riforma della giustizia, nemmeno una virgola - dopo essersi fatta impantanare in milioni di polemiche.

Meloni continua del resto a governare con un 30 per cento di accettazione che è di opinione, senza un partito. Che non ha pensato a costituirsi. Un partito reale, di persone, forze e idee, non il simulacro che ha affidato alla sorella. Arriva alle Regionali senza candidati vincenti.
Nella prima parte della legislatura si era distinta in politica estera: Commisisone Ue e von der Leyen, “Piano Mattei” per l’Africa e politica Ue per il Mediterraneo, rapporto costante con gli Stati Uniti, Biden prima poi Trump, G 7, saldamente a fianco di Zelensky, fino alla conferenza romana per la ricostruzione dell’Ucraina. Ora, di colpo, anche qui sembra trasparente – ma, poi, la politica estera non conta nulla in Italia, Craxi, che ne era anche lui appassionato, provarono perfino di mandarlo ar gabbio, e non ebbe difesa possibile.
Potrebbe anche durare poco, se Salvini, a breve, sarà padrone di Mps, Bpm, Mediobanca e Generali. Mentre lei s’impunta contro UniCredit, che mostra di non sapere nemmeno che cos’è, e ci perde la faccia e le cause.   

Se la forza è in Israele un diritto

“La forza è un diritto”, si fa dire dai coloni israeliani l’inviato del “Corriere della sera” in uno dei rari articoli sulla  Cisgiordania. Di cui poco si sa, ma tutto orrido. Terreni tolti dall’esercito israeliano alle famiglie palestinesi, legittime proprietarie, e regalati ai coloni. Che un giorno sì e uno possono assassinare impuniti qualche palestinese per costringerli a lasciare. La superstrada che si costruisce per tagliare in due la Cisgiordania, in particolare per separare Hebron da Betlemme, di cui il transito è proibito ai palestinesi.
Un orrore, che si vorrebbe fosse solo propaganda. In fondo, palestinesi e israeliani sono in guerra. Ma non lo è. Mentre di Gaza non è possibile dubitare, occupata per tre quarti stabilmente dall’esercito israeliano, dopo la rottura a marzo, da parte di Netanyahu, del primo accordo di cessate il fuoco, e per il restante quarto mitragliata giornalmente, con 30-40 morti, tutti palestinesi (non c’è scontro armato, ci sono solo plotoni di esecuzione alla cieca, contro chi capita).
“La forza è un diritto” è la divisa dei coloni ebrei sotto il manto di Israele. Protetti cioè da molti governi israeliani, e da alcuni anni anche dall’esercito in funzione di polizia – l’assalto di Hamas al lato Sud di Israele il 7 ottobre fu possibile perché era sguarnito, l’esercito era era stato spostato a presidiare gli insediamenti ebraici in Cisgiordania e a scacciarne i palestinesi, con le ruspe e altri strumenti “d’assalto”. Anche questo non si dice. Ma l’ipocrisia non è un buon deterrente.


S. Steinberg, che parlava col disegno – e in milanese

Disegnatore soprattutto del “New Yorker”, delle copertine, Steinberg è celebrato dalla concorrente “New York Review of Books”, con una serie dell’archivio resa di pubblico dominio.
“Le immagini di Steinberg crescono e persino si muovono sulla pagina. A un certo punto, guardando un disegno di Steinberg il lettore segue non soltanto il suo tratto ma anche la sua linea di pensiero”.
Di Steinberg a Milano Arbasino ha lasciato, nella raccolta “Passeggiando tra i draghi addormentati", p. 255, un sapido ricordo: “«E certo, leggo l’Adalgisa (i racconti milanesi di Gadda, n.d.r.) in milanese», disse Saul Steinberg: «Quando ero studente al Politecnico facevo l’amore con le sartine, e il milanese era il linguaggio dell’amore»”.
George Herriman, The electrifying lines of Saul Steinberg, “The New York Review of Books”, 26 maggio 207, gratuito dall’archivio 

lunedì 14 luglio 2025

Se Israele indigna il mondo

“Strage di bambini a Gaza”, non contestata. Una delle tanti, ormai giornaliere.  Si prende nota dei bambini perché assassinii non contestabili, come per gli adulti, che ogni giorno vengono uccisi a raffiche alle code per il cibo o l’acqua: di loro si può pensare che siano terroristi (ma: sono migliaia? un esercito? disarmato?), fiancheggiatori, zona grigia, parenti, tutto quello che si vuole. Questo a Gaza. Nelle file per l’acqua, o per gli aiuti “umanitari” (cibo e medicinali).
In Cisgiordania il sopruso è quotidiano da tempo. Non come assassinio di massa, in un punto affollato, ma più vasto e “sistemico”: i coloni ebrei, che peraltro hanno e usano un linguaggio violentissimo, perfino ributtante, vogliono cacciare e stanno cacciando i residenti palestinesi, e il governo e l’esercito israeliani li aiutano.
Tutto vero, tutto falso? Certo è che il governo israeliano non se ne cura. Di questi “fatti”. Non nell’opinione mondiale, che è passata dal sostegno a Israele di fronte al raid  palestinese del 7 ottobre, alla condanna e perfino all’esecrazione di Israele nella condotta della guerra, sia a Gaza che in Cisgiordania. Non si cura di smentire le stragi, se non flebilmente, e senza argomenti.
Si dice, al più, che il governo Netanyahu non è Israele, che gli israeliani sono contro. Ma è un governo eletto, parlamentare. E l’esercito ai suoi ordini non è di professionisti incalliti ma di reclute, i giovani israeliani.
Che Israele non si curi dell’opinione può non significare nulla – ognuno crede quello che vuole. Ma gli effetti sono sicuramente negativi, anche tra i sionisti più accesi. È del resto impossibile per chiunque accettare, anche solo come esagerazioni, come scherzo, il linguaggio dei coloni. Tanto più che è certificato dalla violenza quotidiana, fino agli assassinii - impuniti. 
Di un mondo che, peraltro, si esercita con diletto nel genere, sarcastico e cioè blasfemo, delle Toledòth Yesu (ne è studioso il rabbino di Roma, Di Segni: l’ebraismo romano ne sarebbe, o sarebbe stato, ghiotto), di Gesù figlio di puttana etc. Una narrazione si rompe, millenaria.

Modesta, tra Candido e il Commendatore

La protagonista Modesta, che un po’ si racconta un po’ viene raccontata, per movimentare la lunghissima dettagliata sua narrazione, alla prima pagina si tocca, alla seconda beneficia di un cunnilingus  del suo giovane amico Tuzzu, alla terza viene “squarciata” dal presunto suo padre, improvvisamente presente e subito scomparso. Segue poi la scoperta di non essere stata “sola a disubbidire a Dio”, anche la nobile amabile amata madre superiora che l’ha salvata dal carcere e l'ha presa a dormire ñel suo letto “si tocca” – finirà per questo male.
Nata col secolo, il primo gennaio del Novecento, un Candido al rovescio, e non perché donna: fattivo e non incantato, guidato dai precetti di un giardiniere che le fu padre e di un intellettuale voltairiano sulle cui glosse impara a leggere, vuole e si prende tutto, anche quando riflette o sta in surplace, ingordo più che curioso, di sesso, di ricchezza, di potere, e avventuroso, tra mille pieghe, astuzie,  situazioni, manovre  – incessanti, come nei vecchi romanzi che leggeva Cervantes. Su tutto “l’ombra della Certa”, della morte - da dare, non da subire: le situazioni narrative non si estenuano, si troncano, come i tanti personaggi che le popolano. E questo rende la lettura agevole, page turner, da Grande Narrazione, fluida, autorevole, tanto quanto avventurosa, sorprendente.
Ma c’è di più: il Male si racconta, vanaglorioso, in forma di liberazione. Questo è il senso delle letture che accompagnano la riedizione – il senso o progetto che attribuiscono  all’autrice, che ci ha lavorato per decenni. Il che non meraviglia, il personaggio si è costruito senza contorni, mobilissimo e pieghevolissimo, in tutti i registri, anche il lacrimevole. Che di più per il suo autore? Ma non nel senso di un progetto, non politico, tanto meno femminista – avrebbe valenza tutta al contrario, come forma di dannazione: in termini di genere non ricorrono personaggi femminili se non autocentrati (egoisti), e per lo più duri, arcigni, imperiosi. Sui modelli classici si direbbe - ricorrono tutti, eccetto Medea - ma senza Fato o ineluttabilita. No, questa di Modesta è una corse folle ostentata, minuziosa nei suoi raggiri – successi, piaceri, crudeltà. Da Commendatore senza gli attributi, l’anima persa per eccessi don Giovanni, quello che non sapeva fermarsi. Sempre in fregola e sempre cinica, E insoddisfatta. 
Volendo classicheggiare, Modesta è il serpente dell’Eden, sinuoso e furbo, inafferrabile. Bello e crudele. La preghiera di Modesta è: “Io odio”. Come dire: sono tutto, la monade egoista, dis-soluta, senza limiti - si capisce che Goliarda se ne sia nutrita per decenni.
Con due saggi molto circostanziati, sull’opera e sull’autrice, in postfazione. Di Domenico Scarpa: “libro memorabìbile”, epocale, come “Il Gattopardo”, anch’esso siciliano – di autore siciliano, come Sapienza. Angelo Pellegrino, autore in seconda del romanzo (ha tanto faticato per farlo pubblicare), fa un diffuso “Ritratto di Goliarda”, e del libro, che ha una storia editoriale – molto postuma - lunga e tortuosa, avventurosa, per sbocciare infine come manifesto di “liberazione “ in Germania prima e in Francia, in Italia con molto ritardo e ancora con riserve.
Goliarda Sapienza, L’arte della gioia, Einaudi, pp. 264 € 16

domenica 13 luglio 2025

Ombre - 782

La scrittrice americana Frances O'Connor, afflitta da un lupus ereditario, ha cumulato varie patologie, che l’hanno indebolita, e portata a morte precoce, dopo varie ospedalizzazioni, dai farmaci via via innovativi che venivano utilizzati contro il lupus (se ne trovano tracce nelle lettere pubblicate su “La Lettura”). L’attenzione agli effetti collaterali di una farmacologia specialistica prolungata non era in uso ai suoi anni, 1950, ma non è migliorata dacché se ne sono prospettati i rischi – non c’è specialista in grado di valutare gli effetti incrociati dei vari farmaci. Si vive meglio e di più a dispetto della medicina?
 
Con l’euro da quasi 1 a 1,17 sul dollaro si può dire completata la “liberazione” di Trump nei confronti dell’Europa - dovrebbe arrivare a 1,20 ma già ci siamo: il “dazio” c’è già. Solo non se ne accorgono i media, che continuano a bombardare di Trump pazzo, invece che uomo d’affari come è stato e si vuole – un dealer.
 
Tutto è stato facile per Trump con la Ue, che adesso vuole tassare anche con i dazi, oltre che col cambio. Perché è stata debole di fatto – l’abbandono preventivo della global minimum tax sui big americani del mercato in rete (che hanno finanziato la campagna elettorale di Trump) è stato da dilettanti. Con Canada e Messico evidentemente la partita non si risolve col cambio.
 
Trump agita i dazi per riequilibrare gli scambi – in attesa (nella speranza) che gli Usa si reindustrializzino, dopo la chiusura della manifattura nella globalizzazione. Sull’acciaio li ha applicati, subito e fissi,  perché doveva salvare la U.S. Steel, ultima industria made in America, per renderla appetibile alla Nipon Steeel - che ha capito l’antifona e l’ha infine comprata, anche cara (15 miliardi).
 
È curioso come tutto venga spiegato oggi dall’ex ministro del Tesoro Tremonti in dettaglio e in breve – in un’intervista sul “Sole 24 Ore”. Uno che è sempre in Parlamento ma evidentemente nessuno ascolta.  
https://www.pressreader.com/italy/il-sole-24-ore/20250713/281548001912747?srsltid=AfmBOopdqNMVRtLf946C6lK5YiDzGamHhxqXhpfFXjDfdPKwkK2Gf3W9
 
“Aspides”, la missione navale europea, comandata dall’Italia – poi dalla Grecia e ora nuovamente dall’Itaia – è “rimasta con due sole navi”. E due navi sono state affondate dagli Houtihi solo questa settimana, con decine di “dispersi” – navi da carico ma con equipaggi. Una prefigurazione della difesa europea, di cui è tanto gran parlare.
Le due navi non sono peraltro attive in zona Houthi: la fregata italiana “Andrea Dora” pattuglia la costa mediterranea dell’Egitto, la fregata greca “HS Psara” si esercita con la Marina indiana, nell’0ceano Indiano.
 
Il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta spiega all’Abi – ribadisce, è un mantra – che senza mercato dei capitali l’Europa non si regge. Con l’ovvio corollario che l’uso ad libitum  del golden power azzera anche quel poco che c’è di mercato europeo, e che per questo il risparmio se ne va negli Usa, malgrado Trump. Il ministro Giorgetti fa finta di non aver sentito e alla stessa Abi spiega che se non si investe in Italia, né in manufatti né in titoli, la colpa è delle banche. Si direbbe un duello fra uno che sa e uno che non sa. Ma Giorgetti è furbo, molto: sta lavorando a sottomettersi le banche e c’è quasi riuscito, partendo dal quasi fallito Mps: Bpm-Mediobanca-Generali. E ceffoni a chi non ci sta, p,es. Unicredit.
 
Dopo aver promosso in concerto con la Poste e altri soggetti francesi il s
orpasso di fatto di quota 20 del capitale Bpm, Crédit Agricole, la seconda più grande banca francese, untuosamente chiede alla Bce autorizzazione a sorpassare il 20 per cento della stessa banca, come azionista di “rilevanza significativa”. Benedetta dal solito Giorgetti, geloso manovratore del golden power  fra due soggetti italiani, Unicredit e Bpm… Da non credere.

 
E Giorgetti non è quello nemico acerrimo della joint-venture Generali-Natixis perché nemico acerrimo della Francia – Natixis è ben francese? Si sa che la Lega è un partito di governo e anche di opposizione. Ma è ben “Milano”, l’industria dell’informazione – e quindi la capitale morale, il mercato, le regola, ogni ipocrisia.
Però, Giorgetti il nuovo Cuccia di Milano non è male – c’è sempre del ridicolo nella tragedia.
 
“Non dirò mai chi mi ha convinto che Sofri è colpevole”, ruggisce l’ex giudice Violante all’invito cortese (“siamo vecchi…”) di Sofri a dirlo. Con linguaggio mafioso – posto che non è un prete in confessione. Assurdo. Di uno che non solo è stato un giudice, si professa “comunista”. “I valori di giustizia, di equità, di giustizia sociale li ho imparati nel Pci”.
O forse no, è la chiamata di correo che si minacciano i mafiosi, che l’abbia convinto il colonnello Buonaventura oppure un compagno di Sofri: la “doppia morale” è ancora legge nel (ex?) Pci. 
 
Il papa porta Zelensky in visita per l’appartamento di Castelgandolfo con vista sul lago con le mani in tasca.  E la cosa che dovrebbe essere ridicola invece sembra normale, non si nota. Forse è quello che si richiede da un papa, che faccia il papa, con i paramenti, gli appartamenti, il latino (la formazione), ma sia poi come tutti.
 
“Putin racconta un sacco di stronzate, a lot of shit". Si vuole Trump un temperamentale, e invece è uno stratega del linguaggio –diretto, specie su X, sui canoni della comunicazione social. Per scienza propria, da intrattenitore tv, e per i consulenti che certamente non gli difetteranno. La verità della cosa è che punta(va) a sganciare Putin dalla Cina e dall’Iran. Ma Putin alza sempre il prezzo.
La Cina invece è duttile – pragmatica. Anche se tra Usa e Cina la competizione è globale e inevitabile.
 
Avevamo in Egitto un generale al comando, Mubarak, uno come tutti nell’ex Terzo mondo. L’abbiamo sostituito con le Primavere arabe. Che erano i Fratelli Mussulmani. Allora ci abbiano rimesso i generali, in Egitto Al Sisi. Che ha proibito tutto, perfino la danza del ventre, e arresta le ballerine. Non sappiamo quello che vogliamo. E l’Egitto è pure vicino.
 
A leggere il “Corriere della sera”, non la “Pravda” d’antan, ogni giorno, in prima c’è: “L’opposizione attacca”, Meloni, Nordio, Salvini, Piantedosi, Mantovano, Donzelli, etc. E “attacca” nel senso che corre, mena, vince, perde? No, recita il mantra grillesco: due frasi, col punto e virgola, e poi col punto, 20 secondi di tg, in genere di facce immobili inespressive sull’obiettivo. Per fidelizzare i gregari? Non è nemmeno propaganda. Serve a gonfiare il cosiddetto “pastone” politico, di cui a nessuno frega nulla - a evitare a un redattore di scrivere mezza cartella. Poi dice che non si vota, e non si comprano i giornali.

L’Africa è un buon affare

“Nel contesto dell’elevata incertezza globale, di condizioni finanziarie globali restrittive e di costi crescenti all’indebitamento, i timori sul debito eccessivo dell’Africa a sud del Sahara si accrescono. Ma l’area sta affrontando il nuovo problema  con caparbietà e gli indici dell’indebitamento risultano stabilizzati, nella media.… Contrariamente alla percezione comune, questi paesi sono stati spesso capaci di stabilizzare o ridurre i ratios dell’indebitamento.
“Con oltre il 60 per cento di casi di riduzione del debito (definiti come periodo di due o più anni durante i quali il rapporto debito-pil si è ridotto) la probabilità che un paese subisca un peggioramento dei ratios in un dato anno è di uno a quattro”.
Athene Laws-Thibault Lemaire-Nikola Spatafora, How to stabilize Afeuca’s Debt, Imf Country Focus