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venerdì 4 gennaio 2013

Il mondo com'è (123)

astolfo

Complotto - Un Grande Complotto non si installa contro una comunità, contro l’opinione, neanche come ipotesi o sospetto. La psicosi del complotto è invasiva proprio perché si identifica con l’opinione: è cioè di un complotto scoperto, la “lettera rubata” di Poe. Nasce dall’impotenza contro l’ipocrisia.

Digitale – È un mercato reale. Prendendo per buono il piano strategico Rcs, l’editoria digitale è una realtà in Italia. Non coi prodotti dilettanteschi che pullulano quanto con quelli costruiti con criteri industriali. I risultati di Rcs devono ritenersi ancora migliori per il gruppo L’Espresso-Repubblica, dato che “Repubblica online” è il sito più frequentato.  O comunque analoghi, data la molteplice offerta del “Corriere della sera” – e un pubblico forse più ricettivo alle novità, più lombardo che romano.
Rcs dà i ricavi digitali al 14 per cento del fatturato nel 2012, e in crescita rapida, tale da ipotizzarli al 25 per cento del fatturato totale nel 2015. Settorialmente, i numeri sembrano ancora più promettenti, sempre nell’arco dei tre anni. La raccolta pubblicitaria è prevista in crescita del’11 per cento (con un cagr, compound annual growth rate, tasso composto di crescita annua, di raccolta sui mezzi digitali del 18 per cento). Ancora più forte la crescita del digitale in ambito diffusionale, i-Pad e altri mezzi, fino a coprire il 36 per cento del venduto. In aumento rapido pure la vendita degli e-book, che copriranno nel 2015 il 15 per cento del totale delle vendite.

EugeneticaIn Russia, già prima della rivoluzione, ma molto di più dopo, si progettarono forme di vita create. Fu un filosofo, F.N. Fëdorov, a progettare la ricostituzione dei corpi morti, in quello che Majakovskij chiamerà l’Istituto delle resurrezioni. Mentre il biologo Ivanov, allievo di Pavlov, presto famoso ai primi del Novecento per aver moltiplicato per venti-trenta la capacità riproduttiva degli stalloni grazie all’inseminazione artificiale, proponeva nel 1910 al Congresso di biologia di Graz l’ibrido uomo-scimmia.
Quindici anni dopo Ivanov ottenne il patrocinio dell’Istituto Pasteur, presso il quale lavorava, al suo progetto, e un finanziamento da parte del governo sovietico. La fertilizzazione di scimmie col seme umano fu tentata nel 1926 nella stazione sperimentale dello stesso Istituto in Guinea, allora colonia francese, ma senza esito: le scimmie non restarono incinte, e trasportate in Europa morirono. Ivanov tentò allora l’incrocio inverso, la fecondazione di donne col seme di scimpanzé. L’aveva tentata già in Guinea, ma le autorità francesi gliel’avevano bloccata. Nel 1927, tornato in Unione Sovietica, ottenne subito l’appoggio del governo. E qualche tempo dopo anche la decisione che almeno cinque “compagne volontarie” si sarebbero sottoposte all’inseminazione con lo scimpanzé, in Istituto di patologia e terapia sperimentale appositamente creato a Sukhumi, sul Mar Nero.
L’esperimento con le compagne volontarie si dovette poi rinviare perché c’era un solo scimpanzé disponibile a Sukhumi, che presto morì. E nel frattempo la frazione del mondo scientifico che appoggiava Ivanov andò in disgrazia. Lo stesso Ivanov fu arrestato a dicembre del 1930 e condannato per cospirazione col nemico. Morì due anni dopo, ma senza alienarsi la comunità scientifica: il Nobel Pavlov si assunse il necrologio ufficiale, elogiativo. Per l’esperimento in Guinea Ivanov aveva avuto un finanziamento statale di 10 mila dollari, ritenuto allora molto alto. Ma l’Associazione Usa per il Progresso dell’Ateismo si diceva pronta a sottoscrivere ben 100 mila dollari.
Una terza terapia eugenetica Mosca sponsorizzò, quella sviluppata a Parigi dal chirurgo russo Sergei Voronov per il ringiovanimento. Voronov, membro del Collegio medico di Francia, fu famoso attorno al 1930 per l’impianto di ghiandole sessuali di scimpanzé nell’uomo adulto, per migliorane le condizioni psico-fisiche generali. Molti trapianti strapagati furono effettuati di testicoli, anche in Italia, prima che la pratica fosse abbandonata. 

Europa – Angela Merkel ne dà sintesi efficacissima sul “Financial Times” prima di Natale: “(Se) l’Europa oggi conta per solo il 7 per cento della popolazione mondiale, produce il 25 per cento del pil globale e deve finanziare il 50 per cento della spesa sociale mondiale, allora è ovvio che dovrà lavorare molto duramente per mantenere la sua prosperità e il suo stile di vita”.
Trent’anni fa, con  la globalizzazione ancora ai primordi, in una delle sue conversazioni alla radio di Buenos Aires, Borges ammoniva: “Non so se l’Europa sia declinata, ma sembrerebbe che, disgraziatamente, sia declinato l’interesse del mondo verso l’Europa”. Perché altri mondi sono (ri)sorti. E perché l’Europa, si può aggiungere, non inventa più nulla: poesia, prosa, filosofia, storia, stili di vita.

Mobilità –Non ce n’è probabilmente mai stata meno che in questa età della mobilità – del mercato “libero” del lavoro. A cominciare dagli anni 1990 negli Usa: chi lasciava un lavoro (licenziato) non ne trovava un altro, e chi entrava ne lavoro aveva problemi, e lunghe attese, per trovarne uno. E subito dopo in Europa.
È scarsa quando impera, dunque. Ma per effetto della globalizzazione. Che sottrae lavoro: la mobilità (il precariato, la paga ridotta) è un artificio per attenuare in qualche modo la fine del lavoro nel mondo ricco. Perché la globalizzazione è, inarrestabile, un fatto di giustizia mondiale: l’accesso al mercato dei quattro quindi dell’umanità. Ma anche (perché) è un mercato inesauribile di lavoro, un’offerta a prezzi stracciati.

Socialità – Un serie di successo su Rete Quattro, “Downton Abbey”, mostra la transizione  dell’aristocrazia inglese nella Grande Guerra. E nella “profonda trasformazione” sociale che ne seguì. Il filo è il passaggio da una società del rispetto a una degli interessi esclusivi. Dai reciproci doveri, verso la patria e i combattenti (“Downton Abey” diventa un ospedale di rieducazione durante la guerra), e anche tra padroni e servi (“non poteri mai servire una persona che non rispetto”), agli egoismi, le truffe, i misconoscimenti di paternità, i riconoscimenti di paternità opportunistici, sempre contro i deboli – i poveri, le ragazze madri, chi non si sa difendere. In un’ottica fattuale, non reazionaria, uno specchio di quello che l’Europa è da un secolo, forse senza saperlo: una società egoista - per questo Rete Quattro ne ha interrotto surrettiziamente la programmazione?

Toscana – È  sotto l’acqua da alcune stagioni per essere divenuta il paradiso delle residenze secondarie. Sotto l’acqua perché c’è troppo dilavamento, e perché il suolo drena con difficoltà, lentamente e controvoglia. Quasi sabbioso. È l’effetto dell’investimento semi-voluttuario in tenute agricole, a cui la Toscana si è offerta per prima e di cui resta la destinazione ambita: chi compra si fa la vigna. In collina e in piano. Sostituendo l’alboricoltura a larga ramificazione-ossigenazione sotterranea. Specialmente nella Maremma, terra di bonifica recente, e quindi ancora poco terrosa.

La viticoltura ricrea anche l’annoso problema delle coline incolte. La collina toscana negli anni 1950-1960 soffriva del’abbandono dell’agricoltura. La collina per prima, non potendo essere coltivata ci mezzi meccanici. Si comprava a poche lire il mq. L’opposto ora si produce da un paio di decenni: i terreni si vedono bene e sono coltivati, ma a vigna. Una coltura che fa poco ricorso al mezzo meccanico e ha consentito il riutilizzo pieno della collina, ma provoca il dilavamento. Le vecchie colture ortofrutticole si disponevano lungo il crinale, e quindi lasciavano scivolare via l’humus. I filari di viti, invece, isobarici, ortogonali alla pendenza naturale, hanno slavato l’humus e prodotto ottimi vini. Ma hanno lasciato indifeso il sottosuolo, da quell’intrigo di barbe e radici che è anche una diga naturale al dilavamento. Oggi ogni pioggia scende subito tutta a valle, poco o niente umidificando i suoli in colina, come un buon assetto idrogeologico richiederebbe. Mentre la vigna viene buona, con adeguata esposizione all’insolazione, anche nelle zone a valle.

astolfo@antiit.eu

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