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venerdì 9 novembre 2018

Secondi pensieri - 366

zeulig

Complottismo – Di che colore politico è la paranoia politica, il cospirazionismo o complottismo? Si direbbe reazionario. Ma una mostra a New York, al Metropolitan Museum of Arta Breuer, “Everything is connected – Art and Conspiracy”, dice il contrario. Per gran parte del Novecento e fino a Trump è stata la sinistra che ha accettato o prodotto il “connessionismo” di ogni sospetto, mescolando il sospetto e l’invenzione al fatto. La visualizzazione artistica prende gli ultimi cinquant’ani, dall’assassinio di Kennedy, ma per il direttore del Met,  Max Hollein, i trenta artisti in esposizione “sono non soltanto i sismologi ma gli archeologi di verità inconveniente sottotraccia che ci attorniano”. Curano la preparazione della mostra, dice di avere avuto netta la sensazione della vittoria di Trump all’elezione del 2016: per non vedere “una luce al fondo del tunnel” ma piuttosto un labirinto interminabile di sale e specchi”. Il complottismo come prigione della politica.

Galileo – È stato il movimentista per eccellenza. Teorico e difensore del moto rettilineo uniforme, una condizione e un modo di essere – è l’accelerazione che va spiegata, o il rallentamento, o il cambiamento di direzione, il movimento è. Di un processo meccanico, il movimento degli atomi – anche nei processi più complicati, di trasformazione delle masse. Ma di impatto metafisico, contro la concezione “naturale” del mondo, precedente e successiva.

Ispirazione – Quanto è indipendente dalla realtà? Dall’ereditarietà ma anche dai fatti quotidiani. È intesa come evasione e via di fuga, ma è determinata – connessa in qualche modo, anche col rifiuto, al mondo reale. C’è certamente una distanza tra ciò che si ha o si può trovare, o provare, con i mezzi a disposizione – avere, trovare, provare effettualmente – e ciò che si crede o si vuole credere. Incolmabile, anche agli scienziati più agguerriti, colmabile ma non del tutto: i ricercatori teorici e quelli sperimentali impegnano anni e decenni a provare quello che hanno intuito, e più spesso che non ci riescono. Lo sesso gli artisti, poeti e scrittori compresi, che operano proprio per colmare questo gap, per materializzare l’ispirazione o intuizione L’intuizione è più che l’esperienza, e molto di più. Ma in qualche modo la riflette, riflette l’esperienza. La stessa controprova non è un processo astratto, è come srotolare una corda che si è tenuta arrotolata dentro di sé. Nel caso del’artista, e anche dello scienziato. Innata o acquisita, seppure in modi e con mezzi contorti.
Klee, “Limiti della comprensione”, 1925, la rappresenta al di sopra e in forma aliena dagli sforzi per raggiungerla, una sfera che flotta lontana dalle contorte geometrie che si disegnano per raggiungerla. Questo nel 1925, quando il pittore era sotto l’influenza di Bauhaus, il programma visuale e costruttivo razionale, e lavorava su sistemiche ritmiche e seriali.

Psicoanalisi – La rimozione, la lacaniana “parola dell’io”, si può pensare come una tenia, che si estrae interminabile. Ugualmente estranea e subdola, e in sonno. Cattiva ma non dolorosa. 

Realtà – Aumentata, virtuale, filosofica, è in spolvero, la parola chiave del millennio. In un mondo però intessuto di telefonia e social network, di chiacchiere cioè continue, interminabili. Non ineffettuali – il governo italiano per esempio ne è nato – ma sradicato e non conclusivo. Il contrario che il principio di realtà vuole.

Termodinamica – Le sue leggi regolano meglio – più chiaramente, conclusivamente – le istituzioni, i governi? “Soltanto qui”, nella funzione di governo, “ha senso la legge dei grandi numeri”, ragiona lo scrittore Dürrenmatt svolgendo il racconto “La guerra invernale nel Tibet”: “Se le leggi della termodinamica intervengono solo quando si consideri un«grande numero» di molecole, allo stesso modo le leggi istituzionali, riguardanti l’economia e lo Stato, si applicano a un «grande numero» di esseri umani, quali che siano i loro valori e la loro ideologia, e corrispondono alle leggi di natura della termodinamica”. Con la stessa indeterminazione, evidentemente.

Uniformità – È il proprio delle scienze naturali, di applicazione utile, si sa, nelle scienze umane ma rischiosa. Ma non inattiva nelle stesse scienze naturali. La Nuova Scienza di Bacone e Galileo , la fisica, la chimica, si basano su metodi matematici. Che trattano di pure possibilità, mentre l’uniformità concerne il mondo reale, delle cose o della “natura”. Da qui il bisogno di una natura “particolare” per le stesse scienze meccaniche, all’insegna della possibilità, seppure mitigata dal calcolo matematico.

Verità – Non è più enigmatica che apodittica? Si esprime per certezze, certo, ma quanto comprovate e incontrovertibili? E si raggiunge per via di ipotesi. Dove tutto è possibile. A ognuno la sua verità?

zeulig@antiit.eu

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