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venerdì 11 febbraio 2022

Banchieri d’assalto

A Sanremo quest’anno l’unica battuta politica è stata, di Fiorello, sul “governo delle banche”. Un po’ polemico ma non troppo, Draghi godendo di ampie simpatie, di bravo presidente del consiglio. Che la barca governa con mano sicura, sia pure al centro di una maggioranza composita e un po’ rissosa. In una situazione complicata, tra la pandemia minacciosa e piani europei, invece, di ampio respire infine, per la prima volta si può dire in vent’anni - unica eccezione nel declino europeo essendo stato lo stesso Draghi, col salvataggio dell’euro. Un libro fuori tempo?
Nell’anno 1658 il dottor Giuseppe Francesco Borri trasmutò in piazza a Milano due buccole di ottone in oro fino. Fu smascherato, ma senza danno per nessuno. I moderni alchimisti invece in piazza Affari a Milano fanno sparire interi patrimoni, e questo è meno inoffensivo. Sono i banchieri d’affari (detti così a Londra) o d’investimento (a Wall Street - ma Londra è ora una succursale di W. Street), cui Laura Pellegrini, firma allora del “Sole 24 Ore”, dedicava una dozzina di anni fa cinque ritratti sorridenti, in larga misura autoritratti, raccolti dopo la catastrofe bancaria. Quelli di Costamagna, Braggiotti, Ruggero Magnoni, Imbert e Tarantelli. Il titolo derivando dal sociologo Ulrich Beck, che “l’immagine pubblica” del banchiere d’affari aveva prontamente associato dopo il 2007 alle “fattezze del bankster”. Si diceva bankster, mezzo banchiere mezzo gangster, nel 1929 dopo la Grande Depressione.
“Splendori e miserie dei banchieri d’affari di casa nostra” è il sottotitolo. Che ritornano al centro, con la sceneggiata ormai trentennale tra Mediobanca e Generali – se ne preoccupava Giorgio Ruffolo dodici anni fa recensendo questo libro: nulla cambia? E con l’ennesima stagione di accorpamenti bancari, che vede in movimento una buona metà del credito, Unicredit, Bpm, Bper, attorno a Monte dei Paschi, Carige, Popolare di Sondrio.
Il banchiere d’affari era un signore dal naso lungo, Baring, i Warburg, i Rothschild, J.P.Morgan, i Lehman, Lazard, Meyer, Cuccia, che procacciava i soldi a chi non ce li aveva, purché presentasse un progetto affidabile. Funzione che non si può dire se non positiva. Il personaggio è però ultimamente degenerato nella creazione senza limiti di moneta, con le obbligazioni, le obbligazioni di obbligazioni, i derivati, i futures, sfruttando la fiducia consolidata che una “obbligazione” si paga comunque. Mentre invece può sparire, come in Parmalat o tra i vecchi compari delle tre carte, vedi i mutui sub-prime che hanno portato al collasso del 2007-2008. La stessa funzione tecnica originaria, di specialisti delle compravendite, dirette o attraverso la Borsa, è stata aggiornata con disinvoltura. Delle acquisizioni si è fatto un mestiere truffaldino, attraverso i famigerati Lbo, acquisti a debito, di società alle quali si accolla il debito contratto per l'acquisto, mentre si scorporano gli attivi e si rivendono - come fare soldi distruggendo aziende. Pellegrini ricorda il caso Telecom Italia, che non è il peggiore, e tuttavia vede una grande azienda quasi fallita per arricchire la “razza padana”. Tra conflitti d'interesse mostruosi e speculazioni dichiarate.
Memorabili i collocamenti di Seat, un paio di volte, Tiscali, CdWebTech - a solo vantaggio di Pellicioli, Soru, Carlo De Benedetti. O quello della Saras dei fratelli Moratti, dopo il quale Gianmarco si è permesso un “regalo” di 500 milioni alla sua Inter. Serafini ricorda i fratelli Magnoni, che investono negli affari che trattano, navigando tra un nugolo di reati, insider trading,  aggiotaggio, falsa informativa. E la farsa dell'acquisto fallito di Continental da parte di Pirelli, in cui la stessa banca, Goldman Sachs, operava per il gruppo italiano, con Costamagna e Prodi, e anche per il gruppo tedesco.
Il dottor Borri per rifarsi proclamò una rivolta. La rivolta venne repressa, ma il dottor Borri era già in Svizzera. I banchieri d’affari sono anch’essi in Svizzera, o in Lussemburgo, quando non alle Cayman, ma anche in questo sono meno avventurosi del dottore, bisogna riconoscerlo: dopo la crisi non danno più lezioni. Il mestiere è anche nuovo in Italia, a lungo ne è stato monopolista Cuccia, e si svolge su terreno anglosassone, e dunque le biografie celebrative si giustificano. Ma poi c’è da dire che il banchiere d’affari italiano è un nome nuovo per la vecchia figura del brasseur d’affaires: uno che fa carriera per gli affari che procaccia, cioè in Italia con le privatizzazioni. Si sono fatte privatizzazioni per cento miliardi dal 1993 al 2000, con una provvigione di 2,5 mliardi per i banchieri, e per cinquanta miliardi tra il 2001 e il 2010. Si spiega anche così che molti italiani sono vice-presidenti per l’Europa delle banche Usa - un titolo che in America non vuol dire niente. Pur operando solo in Italia. E che molti siano stati e siano i banchieri d’affari part-time: Prodi, Gianni Letta, Mengozzi, Rainer Masera, Caio, Siniscalco, Ermolli, lo stesso Draghi, e Mario Monti. Augusto Fantozzi è stato liquidatore di Alitalia e senior advisor di Lazard, il consulente storico di Air France.
L’altra verità non detta è che i moderni dottor Borri sono gli informatori privilegiati della stampa economica. Fanno l’opinione, letteralmente. Dei grandi giornali inglesi e americani, e di quelli italiani, e questo sa di mafia. Ma, bisogna riconoscerlo, c’è un’alchimia della ricchezza, e questa passa per l’informazione: semplice e geniale.
Laura Serafini, Italian Bankster, Fazi, 2009, download gratuito

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