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domenica 6 febbraio 2022

Sull'Altopiano dopo l'8 settembre, divertente

Il racconto svagato, brillante, ironico della “intellighenzia vicentina impegnata in atti di banditismo” dopo l’8 settembre. Della Resistenza, che però non viene nominata. Della vita da partigiano - ma anche questa parola non ricorre - dell’autore dopo l’armistizio di Cassibile, che lo coglie allievo ufficiale di complemento degli Alpini a Tarquinia. Tornato prontamente a casa, in treno, con altri compaesani, diventa perfino capobanda di una formazione raccogliticcia di studenti sull’Altipiano di Asiago, e infine vicino casa, tra Malo e Thiene. Lunghi mesi, impegnati a sfuggire ai rastrellamenti per lo più. Di lunghe marce per lo più, anche scalzo, come per miracolo, camminando scalzi i santi. E di sporadiche abduzioni di medici e farmacisti troppo fascisti, di cui poi non si sa che fare. L’Altipiano domina la narrazione, in ogni momento dei quindici mesi, in ogni piega della sua vasta superficie, ogni erba, ogni colore, ogni odore – anche la montagna non viene mai nominata, la parola, altra figura topica delle memorie partigiane.

Un racconto giustamente famoso. Maria Corti nell’introduzione ne dice meraviglie. Ma più per essere l’“altro” racconto della Resistenza, alternativo a quello epico di rito. Insieme, e in contemporanea, col racconto di Fenoglio: “Il partigiano Johnny” viene pubblicato postumo, nel 1968, Fenoglio è morto nel 1963, “I piccoli maestri” è pubblicato nel 1964. Una coincidenza doppia, nota Corti: questa Resistenza come avventura giovanile e disinvolta è il racconto di due anglomani, uno mentale, Fenoglio, e uno di fatto - Meneghello, appena finta la guerra, è andato a insegnare e a vivere in Inghilterra. L’opera di due temperamenti ironici anche, o di due scrittori italianissimi che mediano l’ironia dalla loro cultura di riferimento – la curiosità e la passione filtrate dal distacco. Con una differenza, tra di loro: che Fenoglio ne scrisse nell’immediatezza, Meneghello trent’anni dopo, da letterato consacrato.  
Ci sono sorprese anche qui, come in “Libera nos a Malo”, il libro-testo di Meneghello: la vita nei campi, le “infrastrutture”, morali, sociali, culturali, la flora e la fauna, che mai si raccontano in italiano – la cicala per tutti: pezzi da antologia. Con una interminabile tipologia spicciola, quanto verosimile-veritiera, di chi andava “in montagna”. E vere e proprie gag tragicomiche. Anche se una riscrittura avrebbe aiutato – prosciugato.
Luigi Meneghello, I piccoli maestri, Bur, pp. 363 € 11


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