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mercoledì 9 febbraio 2022

Secondi pensieri - 473

zeulig


Biblioteca – È universale, incommensurabile. In forma di papiri, pergamene, libri a stampa, e ora nel cloud. Brucia, dice Borges della biblioteca di Alessandria, ma i libri non periscono: Si dice che i volumi che contiene\ oltrepassino il numero degli astri\ o dei granelli del deserto”. Può bruciare ma i libri non periscono: è la memoria – le memorie - dei secoli passati. Ma anche di ogni possibile secolo o momento, passato o futuro. È la personificazione (oggettivazione) dei filamenti nervosi del cervello umano. Della fabbrica in continuo, anche in sonno, che è la mente.

Complotto – È la rivoluzione, prima di essere la controrivoluzione. La rivoluzione si vuole popolare, ma è come la controrivoluzione.

È ora la voglia anarcoide di sovversione - specialmente diffusa in questa età dei diritti. Che si alimenta imputandola agli avversari. Quando non è paranoia naturalmente.
 
È tutte le forzature della politica, altro che il consenso maturato (pensato, articolato).
 
Coscienza – È animale, prima che umana. Degli esseri viventi capaci di scelta - che hanno capacità e possibilità di scelta.
Va per gradi, c’è più e meno coscienza.
 
Essere – “Io sono quello che sono” non è un trucco di Dio per non far sapere il suo nome a Mosè . Lo ripeteva Swift, verso al fine della vita, mentre vagava da alloggio in alloggio. Lo fa dire Shakespeare al soldato parolaio Parolles di “Tutto è bene ciò che finisce bene” – quello del celebrato monologo contro la verginità. È la verità della tautologia, ma non una semplice perfidia: non ce n’è un’altra. 
 
Fiducia – Se ne parla come di un paradosso, a proposito delle persone truffate con intrighi e intrugli d’amore – in questa stagione uomini per lo più, “attori, astrofisici e sportivi”, dice il giornale, qualche nobilastro anche, insomma gene danarosa. In passato donne, vedove e ricche, nobili o glamour, ex, come Gina Lollobrigida. Ma non è un paradosso, è un bisogno: si vuole avere fiducia. È un rapporto biunivoco, ma si forma e si alimenta per il bisogno che una parte ne ha.
 
Filosofia – È più spesso di cose pensate. Ruminazione.
 
Male –È il presupposto della libertà. Lo dice il papa Francesco in termini “faziani”, ma in effetti è questo il problema della libertà, la percorribilità del male. La libertà è un evento umano? Animale, di tutti gli esseri in qualche modo coscienti. Un evento e non uno stato – nello stato, per esempio legale, costituzionale, è un evento che va in continuo rinnovato. Più o meno protetto, ma sempre in bilico.
 
Natura – “Le forme vere della natura sono forme della coscienza” – Luigi Meneghello, “I piccoli maestri”, 196.
 
Perdono – È cristiano, prima non c’era. È argomento di Simone Weil, “L’Iliade o il poema della forza”. Il poema è anche l’assenza del perdono. Non c’è magnanimità: c’è – ci sarà presto, per esempio in Enea - la pietas, ma non c’è il perdono, non c’è nella cultura greca, nella divinità, nel pensiero. Omero, come le sue divinità, guardano imparziali e impassibili le sventure, dei Troiani come degli Achei.
Ma questo è anche, in filigrana storica, il racconto che fonda l’Occidente – l’“Iliade”, il poema della forza. Perdono o non perdono.
 
Ambigua categoria, si può anche dire, che la cristianità introdurrà. Ma senza perdono, l’uomo è ridotto alla sua finitezza.
 
Poesia – Viene prima della prosa, assicurano tutte le ricerche, da Vico in poi. Viene prima l’ornato, soffuso, sensitivo, (musicale, fantasioso, malinconico, collerico, elegiaco…), della comunicazione, pratica, finalizzata. O meglio, una comunicazione fantasiosa, con un pizzico di esoterico, non essenziale, utile, monosemica. La comunicazione non è – può non essere – utilitaristica, pratica?
La prosa è anch’essa – la prosa scritta, se non quella parlata – disposta ritmicamente, evocativa, e non di quello che di pratico espone.
 
Poteri forti – Vengono prima del complottismo: il potere è sempre stato forte, forza. “Il mondo è misterioso, e questo si sente molto di più quando si vive un pezzo in mezzo ai boschi”, annota Luigi Meneghello della sua gioventù da partigiano, 1943-1945, a metà esatta della narrazione, “I piccoli maestri”, 161.  In singolare sintonia con Ernst Jünger dei “Waldgänger” (“Trattato del ribelle”). Per il singolo, il “comune mortale”, gli eventi avvengono, semplicemente: “Noi i nodi li vedevamo venire al pettine”, si è detto prima il narratore giovane, “e ci pareva di sentire che perfino dietro la politica, la regina delle cose, ci sono forze oscure che lei non governa”.

I poteri sono forti soprattutto della credenza nei poteri forti.


zeulig@antiit.eu



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