Cerca nel blog

venerdì 28 aprile 2023

Secondi pensieri - 513

zeulig


Castità – Ritorna con la queer theory o i queer studies. Come una forma di sessualità non prevaricatrice. Come ipotesi, più che come verità, è studiata dalla slavista americana (afroamericana) Jennifer Wilson, che alla Penn State University ha avviato un progetto che che intitola “Chastity and the Political Imagination in 19th Century Russian Fiction” – già autrice di una ricerca “Radical Chastity: The Politics of Abstinence in Late 19th Century Russian Literature”, e di un saggio “(Drag)ging Tolstoy Into Queer Theory: On the Cross-Dressing Motif in War and Peace”. Nella letteratura russa dell’Ottocento Wilson ha rilevato una serie di pratiche ascetiche come pratica politica, di attivisti radicali in opposizione alla società borghese. Contro la pratica borghese del matrimonio e contro il corteggiamento, pratica basata sull’ineguaglianza di genere. Piuttosto che al’amore libero, altra pratica borghese, questa opposizione ssarebbe sfociata nella pr atica dela castità, “una forma autonoma di sessualità che non apriva spazi di sfruttamento o di sentimenti proprietari”.
 
Filosofia - “Vista dall’interno la caverna è meno oscura di quello che i filosofi pensano”, nota Mauro Bonazzi della caverna di Platone, dell’ambizione della filosofia di uscire dall’oscurità: “È rumorosa certo, ed imperfetta, ma forse anche colorata, e di sicuro meno noiosa di quel pieno luminoso e tutto uguale” là fuori. Soprattutto più conoscibile, senza speciale illuminazione. Specie per la filosofia politica – la notazione di Bonazzi è riferita a Hannah Arendt, che alla fine confessa di non potersi dire filosofia perché non aveva preveduto il nazismo. Ma il nazismo non era da prevedere, solo da leggere.
 
Imperialismo – Il conto del dare e avere è sempre in perdita. Anche nella formula “spese pubbliche, utile privato”. È un esercizio di potenza, non economica. O allora: cosa è economico, redditizio? Ma non, allora, in chiave ragioneristica, di dare e avere, seppure in un arco di lungo e lunghissimo periodo. Non di contabilità da quadrare di conti numerici, misurabili in cifre. In questa chiave è un investimento. A  rischio e non a termine, per quanto lungo. È l’economia del principato, dell’investimento a perdere, per un utile politico – politicamente economico, cioè durevolmente, a temine “storico”.
L’imperialismo ribalta il concetto economico, l’economia dell’economia. A  meno che non si trasformi – elevi – a economia suntuaria, di spreco.
 
Populismo – È inteso reazionario, o controrivoluzionario. Ma fu teoria e opera di apostoli della rivoluzione, Mazzini per primo e più a lungo – finché non debordò nel messianismo: “Dio e popolo” a lungo è stato incitazione di libertà e alla libertà. Fu opera anche, commossa, di Michelet.
Mazzini poi deriverà alla causa della Gran Madre Latina, del popolo che reincarna la grandezza di Roma, che sarà fatta propria da Mussolini – ne costituirà anzi il solo verbo costante, la sola ideologia immutabile e di maggior richiamo. Ma ci arrivava nel mezzo di una corrente di moda, se non di pensiero, ai primati nazionali, da Gioberti a Bismarck – dagli Stati (nazionali) ai primati. Mazzini non si può biasimare, non commise alcun atto imperialista o di esclusione – se un rimprovero gli si fa nella storia è di essere rimasto sempre fedele a quello degli inizi, un politico senza duttilità politica . Da credente e apostolo, del popolo e per il popolo. Pur con tutta l’ambiguità che ciò comportava – che Bakunin gli faceva rilevare alla sua tarda età: del nazionalismo cioè: “Per Mazzini il popolo è una parola astratta che identifica tutti gli abitanti dell’Italia, siano essi nobili o  plebei, vittime o carnefici; e questo preteso popolo deve sacrificarsi per fare dell’Italia una potenza di prim’ordine in Europa e per conquistare la propria sovranità, cioè non avere più re che lo comandi!”. Per uno scopo quindi di libertà. Quanto al primato, è pur vero che esso ha valore, prende valore, oggi, nel mondo unipolare, in termini di brand, nel commercio cioè, come un marchio - rientra nelle tecniche di marketing.
 
Ha acquisito in Europa e negli anni Stati Uniti nel Duemila nuovo spazio per un evidente sbracamento del progressismo, in favore del mercato, delle banche, della finanza. Che non hanno prodotto più ricchezza, come garantivano, non in Europa, nei mercati industrializzati in genere, e li hanno soggiogati e interessi rapaci. E ingovernabili. Uno slittamento evidente in paesi come l’Italia, senza forza contrattuale propria, dove le forze progressiste hanno quasi fatto a gara per distinguersi  nell’acquiescenza alle pratiche più viete del mercato – non solo in termini sociali, anche produttivistici, di creazione e difesa della ricchezza (della ricchezza nazionale non di quella dei ricchi e potenti). In questo quadro si può dire il populismo sociale, o socialmente impegnato. E progressista di fatto.

Religione – Vico la intende (giustifica) come coscienza dell’umanità e origine della civiltà.
È guardare fuori e in alto per capire (vivere) dentro e in basso.
 
È “soprannaturale perché è fuori della natura”, è l’argomento di Galiani nell’“Abbozzo di un dialogo sulle donne”: “La natura non ce ne dà alcun istinto; non appartiene a nessuna classe di animali; la dobbiamo esclusivamente all’educazione; ed è ben la sola che distingua l’uomo dalla bestia: la religione costituisce la nostra caratteristica. Invece di dire: «L’uomo è un animale ragionevole», bisogna dire: «L’uomo è un animale religioso». Tutti gli animali sono ragionevoli, solo l’uomo è religioso. La morale, la giustizia, il sentimento sono un istinto, la fede in un essere sopranaturale non lo è affatto”.
E ancora: “L’idea della religione” è “credere all’esistenza di uno o più esseri che non sono percepiti da nessun senso, che sono invisibili, impalpabili e così via…. Ciò che distingue l’uomo dalla bestia è un effetto della religione: società, politica, governo, lusso, ineguaglianza delle condizioni, belle arti, etc., tutto noi dobbiamo a questa caratteristica della nostra specie.
 
Storia – Puškin, che amava narrare e poetare di personaggi e eventi storici, aveva una partita aperta con la storiografia francese dominante del suo tempo, o della storia come fato, il destino delle nazioni. Criticando Guizot, scrive: “Non si dica: non poteva essere altrimenti. Se questo fosse vero allora lo storico sarebbe un astronomo, e gli eventi della vita dell’umanità si predirebbero in calendari come le eclissi di sole”.
 
Vero-falso – Ritorna la querelle, sull’onda dell’intelligenza artificiale. Che però si ripropone come alla sua età della pietra – come già con le fake news, che poi sono propaganda o disinfornacija, e con i social “liberi tutti”, twitter e meta-instagram. Ferraris propone di non fasciarsi la testa: il vero d’invenzione è sempre esistito in letteratura – e nel mito, perché no, testi sacri compresi. E suggerisce di enucleare il “finto” dalla dicotomia vero-falso: molto si fa per leggerezza, per divertimento o provocazione (p.es. le fake news, che sono sempre grimaldello di qualcosa.
 
Cosa s’intende per vero e cosa per falso? Vera è madame Bovary, dice Ferraris: “Non è falso che madame Bovary fosse una moglie infelice”. Ma non è tutto: Emma Bovary è moglie infelice ma anche stordita e\o stupida.
Il vero è multiplo. O anche: il vero non è tutto – non esaurisce la verità.

 

zeulig@antiit.eu

Nessun commento: