Cerca nel blog

domenica 13 dicembre 2009

Letture - 21

letterautore

Baudelaire – Vede e soffre, nella vita e nella poesia, tutto il male possibile, ma opera con costanza, con forza. Il protopito del pessimismo è invece un ottimista - l’ottimismo non è l’entusiasmo ma la fiducia, il pessimismo non è il senso critico, ma la sfiducia. Pessimista è Verlaine, o Rimbaud: qualcuno che fa l’amore intensamente, è molto attivo nel suo mondo, della letteratura, ricerca e sperimenta, ma non crede all’amore e non ama la poesia.

Per primo apre la poesia alla musica – Wagner – e alla pittura – Delacroix. Con lui la poesia si lega alla musica, nel secondo Ottocento e nel Novecento. La grande lirica di fine Settecento-primo Ottocento si lega invece alla filosofia e alla filologia: Hölderlin o Schiller a Schelling, Hegel (Manzoni, Foscolo, Leopardi, sono loro migliori filosofi e filologi, perché i loro pensatori erano mediocri). La musica, anche grande, era isolata culturalmente: Mozart, Rossini, Beethoven – Stendhal ne scrive le biografie per guadagnare.

Guareschi – Era detto fascista, e lo sarà stato, se ne compiaceva. Ma nessuno più di lui ha fatto per il Pci, nemmeno Togliatti. Per i comunisti violenti, quelli della Bassa. La serie dei “Don Camillo”, che si ripete immarcescibile in tv, così campanilistica, arguta, gozzaniana, piena di buoni sentimenti, è quelle che ha indelebilmente reso popolare, buon italiano, buon compagno, ogni comunista. Dunque, ci vuole un fascista per fare un buon comunista.

Koestler – Nella sua passeggiata da Londra a Costantinopoli Leigh Fermor incontra un personaggio di grande spessore, il conte Eugenio, o Jëno, Teleki. Che tra le tante teorie interessanti argomenta solidamente quella di Hugo von Teleki sulla discendenza degli ebrei ashkenaziti dai khazari, l’impero sconosciuto che aveva abbandonato nell’Alto Medio Evo il paganesimo per l’ebraismo.
“Il ricordo del conte emerse in una taverna di Atene circa vent’anni fa”, racconta Leigh Fermor in “Between the woods and the river”, p. 119, nel 1986, “a pranzo con Arthur Kostler. Subito all’erta, Koestler disse che la cosa interessava anche lui, ma che non ne sapeva quanto avrebbe voluto. Un anno o due dopo “La tredicesima tribù” apparve”, opera di Koestler.
Patrick Leigh Fermor non è l’unico a esprimere dubbi sulla correttezza di Koestler. Come per Silone, può essere che l’abbandono del comunismo – o la pratica del comunismo – induca alla simulazione?

Latino – È lingua morta ma di grammatica ricca, soprattutto di forme verbali (concettuali), gerundio, participio futuro, e di una serie imbattibile di complementi (azioni, eventi). Tale da superare la capacità nostra di padroneggiarlo, donde il suo fascino, da miniera inesauribile.
Le lingue progrediscono per semplificazione? Si dice di più dicendo di meno?

Machiavelli – La politica è l’assunzione e la gestione del potere, non ce n’è altra. E come si può far finta (Rousseau) che non ci sia un potere, una violenza legalizzata? Come Hobbes, e a differenza dell’accademico Rousseau, Machiavelli aveva scritto senza protezione in tempi minacciosi: basta questo a rendere credibile la sua (e quella di Hobbes) ricerca della libertà.

Manzoni – Uno che non ha amato le mogli, e neppure le figlie, e forse odiava la madre – la disprezzava. Come Tolstòj, che però era appassionato, non contava le virgole.

Il suo catalogo è certo impressionante: mafia, stupro, aborto, anche in convento, gli sciacalli nella peste, la corruzione della giustizia e della religione, morte, puzza, idiozia. Non c’è altro romanzo, gotico, nero, che accumuli così tanta turpitudine. Tanto più per un’anima pia, che si assolve nella Provvidenza, e proprio perché si assolve. Pretendendo che Dio lo ascolti e lo aiuti.
Mario Soldati nel “Natale giansenista” (il racconto è nella raccolta “Rami secchi”) osserva che “Manzoni credeva di credere ma in fondo non credeva, era soprattutto superstizioso e temeva l’inferno” – mentre “Leopardi, al contrario, credeva di non credere e invece credeva”.

Petrarca – O della poesia come professione. Colto, appassionato il giusto, intelligente, produttivo, lagnoso quanto è necessario sui destini del mondo ingrato. Quasi perfetto, un modello. Da imitate e imitato. Mentre al poeta come a ognuno è richiesto anche qualche vizio, l’ira, la superbia, l’accidia, e qualche debolezza. Ne ha perfino Gesù nei Vangeli, testi apologetici.
Cosa distingue Petrarca da Omero, Dante, Shakespeare? E la letteratura italiana dalla letteratura – Dante non è italiano (lo è?). L’ammanieramento della fantasia. L’oleografia: mancano gli inciampi. Troppo ordine, troppi sbadigli: la perfezione è nella maniera (nella maniera c’è anche l’avanguardia)?

Prosa – Viene dopo la poesia, insistono Vico, Rousseau e Borges. Per Leopardi, secondo i “Ricordi” di Antonio Ranieri, pp. 121-122, la buona prosa è più difficile della buona poesia: quella è come una donna abbigliata riccamente, questa è come una donna nuda.

Proust – Ha canonizzato prima e meglio di tutti (Joyce, V.Woolf, Céline, Svevo-Zeno) la “frase pregna” (stream of consciousness), con flashback, anticipazioni, precisazioni, digressioni, ricordi, insinuazione, e l’ha ordinata, logicamente e grammaticalmente. È questa riuscita l’handicap del romanzo? Perché su quattromila pagine la scrittura aperta o pregnante provoca inconvenienti gravi: Saint-Loup fa gli scherzacci a quattro con gli amici, la combriccola, ma ha una donna, ma perché la umilia nella casa d’appuntamenti, e perché è ebrea? di lei non sappiamo niente altro, per esempio perché si umilia). Insensatezze: “Albertine” è il romanzo della gelosia di un amore che non c’è stato - e come può succedere che due ragazzi convivano, e la serva-padrona taccia, dopo il profluvio di mamme, zie, conoscenti, patronesse? Ridicolaggini: le frequentazioni dei Verdurin. In più della stessa lunghezza insensata. Decisamente, Proust non esce dai personaggi e i soggetti della letteratura fin-de-siècle e del deuxième rayon, la ragazza maschietto, il gay pamé, la piccola borghesia con le piccole virtù, le demi-vierges, le grandi baciatrici.

Se la chiave fosse l’ironia, invece che l’elegia, potrebbe diventarne il capolavoro –tanto più che con l’ironia non si costruisce. Quel mondo che rappresenta, che non vuol essere passatista (romantico), ma non sa essere moderno (democratico), ha il peggio di tutt’e due: incistato nella memoria, e nel disprezzo (lo snobismo è l’orrore di essere). Riflette l’incertezza della élite, anche in senso pratico – l’élite è un palcoscenico affollato di entrate e uscite. Incerta e aggressiva, non amabile, a differenza della casta, odiosa ma amabile. Come appassionarsi dei suoi problemi? Mai esistenziali, e di semplice posizionamento nell’abbondanza, e nell’occhio della gente. Borghesi.

Il tempo durata, invece che frazionato dalla minuzia cronologica, è dei verbi semiti, ebraico, aramaico (Aron, “Gli anni oscuri di Gesù”, pp. 63-67). Che distinguono solo compiuto (passato remoto) e incompiuto (imperfetto).

Psicanalisi – Lo studioso Bachtin e molti erotomani la pongono nel triangolo magico. Che è femminile: il triangolo magico non è esoterico, e femminile. Tanti studi e tante fatiche letterarie si concentrano in effetti su quel posto minimo, il triangolo femminile.

Rinascimento – È voglia di essere esteticamente, ricreando cioè modelli alti. Non è rinascita, non nel senso generativo, di flusso vitale nuovo. La voglia del modello fu però tale che la riproduzione è creativa. Molto di più, quantitativamente e qualitativamente, di qualsiasi altra epoca di rottura, romantica, espressionista. C’era molto mestiere (applicazione) nel Rinascimento, oltre all’ambizione. È da qui che nasce il buongusto, cioè la “produttività della creatività”.

Rousseau – O della diseducazione. Dell’incitamento alla violenza: pericoloso è autoingannarsi, non sapere (Machiavelli, Hobbes). L’autoinganno genera la misantropia oppure la violenza.
Dell’ipocrisia anche.

È la rivoluzione nell’accademia: concorsi a premi, amicizie ossia consorterie, polemiche graziose.

Saturnino – È propriamente ozioso, più che malinconico, il temperamento del rinvio. Saturno è il pianeta dell’evoluzione lenta, l’astro dell’esitazione e del ritardo.

letterautore@antiit.eu

Nessun commento: