Cerca nel blog

mercoledì 16 dicembre 2009

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (50)

Giuseppe Leuzzi

In Francia la servitù della gleba fu abolita nel 1779, in Austria, portata a modello di civile amministrazione, due anni dopo (ma in Ungheria solo nel 1848). Le leggi non contano molto per la “società civile”, la convivenza sì, l’interesse compartecipato.

Il Corso, lo struscio, la passeggiata serale, è fenomeno comune, “a Sud di differenti paralleli di latitudine, dal Portogallo alla Grande Muraglia”. Patrick Leigh Fermor, “Between the Woods and the Water”, 62.

Ib. 36: Da Carlisle al mar Nero i legionari romani di frontiera avevano sempre con sé un bassorilievo di Mitra dal berretto frigio, che sgozza con la spada un toro.

La Magna Grecia viene prima della colonizzazione. Era nota e frequentata dai greci prima delle prime colonizzazioni stabili, attorno al 700 a.C., a Siracusa, Napoli, Crotone, Taranto, Locri. I resti micenei lo documentano, la diffusione della simbologia del Toro, la toponomastica.

Calabria
A 33 anni Dumas lancia un prestito per “La Méditerranée et ses cités”, un progetto di cui presenta il 10 ottobre 1834 il prospetto su giornali e riviste. Riesce a ottenere il patrocinio del governo. E due mesi dopo parte. Ha con sé le commendatizie del presidente del consiglio e dei ministri della Marina e degli Affari Esteri, ma non gli artisti e i poeti promessi dal prospetto. Ha con sé solo il pittore Jadin, col suo gatto Mylord, e un truffatore, Jules Lecomte, che si fa passare per de Musset, e già a Marsiglia ha affondato la spedizione sotto i debiti. Per il discredito Dumas perde anche i finanziamenti governativi. Lancia allora una società per azioni, col proposito di raccogliere centomila franchi. L’esito non è noto: solo si sa che Victor Hugo ha sottoscritto 250 franchi, Nerval mille, e che il Lloyd francese ha dato il patrocinio. Quanto basta comunque perché Dumas parta, il 15 giugno1835, in carrozza. Fa tappa a Firenze e a Roma. Qui l’ambasciatore del re di Napoli, Ludorff, gli rifiuta il visto d’ingresso. Dumas si fa fare allora un passaporto falso da Ingres, che dirigeva a Roma l’Accademia francese, a nome di Joseph-Benoît Guichard. A Napoli s’imbarca sulla speronara Santa Maria di Piedigrotta, del capitano Giuseppe Arena, della Pace di Messina. Con la cantante Caroline Ungher e il di lei fidanzato Henri de Ruolz Monchal, che presto soffrirà il mal di mare e si ritirerà dalla competizione. Sulla speronara Dumas fa il giro della Sicilia, incontrando qua e là la notte Caroline, che intanto è andata a cantare la “Norma” a Palermo.
Lo sbarco in Calabria, contro burrasca, bonaccia e correnti, sarà specialmente benedetto da Dumas. Ma il viaggio lungo la costa calabrese, da Villa San Giovanni a San Lucido (Cosenza), sarà un seguito di sfide e pericoli. Così perlomeno lo racconterà Dumas sette anni dopo, scrivendone in volontario esilio a Firenze, in una camera sulla via Rondinella, il progetto “La Mediterranée” recuperando in tre titoli che vende via via a puntate ai migliori giornali di Parigi e poi in volume, separatamente e, in due tomi, col titolo complessivo “Le capitaine Arena”: “Moeurs et coûtumes siciliennes”, “Excursions aux îles éoliennes”, e “Voyage en Calabre”.
In quest’ultimo viaggio Dumas, al quale “la prudenza del serpente” era stata raccomandata per la Calabria, non va oltre le aspettative. Con non memorabili: “Tutti streghe e stregoni in Calabria”, “Per quanto calabresi, sono uomini”, e “Questi fannulloni di calabresi”. Dipingendo tra l’altro una società borbonica che oggi si direbbe democratica. Si può viaggiare dunque solo per scrivere libri.

Rossano ha molti titoli di nobiltà: due papi, un antipapa, sette monasteri, le chiese della Panaghìa, di san Marco evangelista, di Santa Maria del Pàtire, nascite illustri, san Nilo eccetera. Il pensionato che sulla piazza sopra la Cattedrale discute con gli amici la politica nazionale non sa del Codice Purpureo, dove si possa trovare, dov’è il museo diocesano che lo ospita – è sotto la cattedrale.

C’è una Madonna di Reggio, detta anche l’Africana, a Vernazza, nelle Cinque Terre. In un santuario dello stesso nome, che risale al Mille. Ma nulla si dice delle origini.

I calabresi che mangiano un pane di paglia era topos ricorrente un secolo fa. In De Amicis, “Sull’Oceano”, pp. 45-47-59. In Corrado Alvario, conferenza al Lyceum di Firenze, 1929.
.
In “Etruscan places” D.H.Lawrence ricorda a Cerveteri “il vino nero della Calabria” – di malumore, per un pasto insapore.

Calabraise e braise fanno tutt’uno”, dice Paul Louis Courier, ufficiale napoleonico, nelle “Lettere di un polemista”.

Le donne sono rapidissime, fulminee, gli uomini torpidi, e quando decidono restano indecisi. Se siamo stati popolati dalle locresi, donne libere che si unirono con gli schiavi, si spiega: è un fatto di dna.

Bernardino Telesio Bacone tenne in considerazione per la sua filosofia della scienza “più seria che celebre” ("Cogitata et visa”, XIII).

Pochi santi e moltissime Madonne. Molte sorgenti d’acqua, anche, elemento femminile della fisica naturale (dei quattro elementi). Il culto di Persefone persiste, se non vi è nato, della Grande Madre, e del matriarcato ad esso collegato di Locri. Non solo a Solano, Bagnara,e altre isole matriarcali, ma nell’insieme dei comportamenti culturali.

Secondo Gautier, della sotadica “Lettera alla presidentessa”, la Calabria è “quella regione che dà lo stivale in culo alla Sicilia”.

Reggio si pensa greca, poco sotto Atene, e parla latino, ciceroniano – come immagina che Cicerone parlasse. Ma non si può ridere. È la debolezza del Sud, il ritardo culturale. Non rispetto alla contemporaneità, cui anzi il meridionale, in quanto provinciale e per di più sradicato, è disponibile più di altri, è l’assenza o il rifiuto della propria storia o specificità. Che è la conseguenza del Risorgimento, di un’unità intesa come annessione, cui il meridionale più di altri fu pronto – sempre per la disponibilità alla modernità. La lotta al Borbone si faceva con Inghilterra, Francia e Piemonte, anche fuori dalle logge massoniche, nel nome della libertà e del futuro, e quindi l’annessione è stata un esercizio di libertà, nella specie della servitù volontaria. Ma fu – è – in realtà una colonizzazione: il dispossessamento attraverso la libertà, che passa per la negazione della personalità del colonizzato, per l’obliterazione o la vilificazione del suo modo d’essere – il colonialismo s’immagina truce, con la forca e il forcone, ma no, viene nel nome della libertà e del progresso

Tucidide, “La guerra del Peloponneso”, libro secondo, pp. 77 segg., stabilisce che i Siculi abitavano la Calabria. Che fu chiamata Italia da Italo, un re dei siculi. Pressati dagli Opici, i Siculi passarono lo Stretto e sconfissero i Sicani. Questo trecento anni prima che nell’isola, che si chiamava Trinacria ed era stata ribattezzata Sicania, approdassero i Greci. Ma trovandovi già gli Elimi, che erano ex Troiani, stabiliti a Segesta e Erice.
Zancle fu fondata dai pirati calcidesi di Cuma, nel paese degli Opici (campani): il nome però le fu dato dai Siculi, che chiamavano zancle la falce. I Siculi furono cacciati da Messina dai Samii, in fuga dai Persiani. I Samii furono a loro volta cacciati da Anassilao, tiranno di Reggio, che dà alla città il nome di Messana, in ricordo della sua patria di origine.
Non è una storia semplice, e gli effetti si vedono. I reggini sono calcidesi, vengono quindi alla penisola calcidica, nell’Egeo. Oggi sarebbero mezzi turchi.

È tutta a rischio sismico elevato. Nella vecchi carta di terremoti e nella nuova. Per questo i calabresi sono nervosi, anche se non sanno il perché.

Calabria in epoca romana era il Salento. Si sono invertiti i nomi, ma condividono le Madonne della Purità, la cadenza della parlata, il linguaggio asintattico , al limitare delle aree grecaniche propriamente dette. In tante parole che fanno sentire a casa come in Grecia: spasa per vassoio di offerta, ruga per quartiere, tigana per scodella, torre per villaggio, e ovunque i vopi.

Il calabrese va per antifrasi, la costruzione sintattica, o la semplice appoggiatura della voce, per cui si intende, e si dice, il contrario di ciò che “si dice”. Con tono naturale. Il calabrese buono – intelligente cioè e onesto – che vede la realtà scorrere in modo anomalo, la mima sorpreso. Sprezzante anche, ma profondamente deluso: il crimine, la menzogna, la stupidità lo urtano in quanto essere razionale, come negazioni della logica. È l’umorismo di Lionello o Ezio Luzzi, understated più spesso che espressivo – Lionello aspetta il nemico alla sua tagliola, Luzzi lo aggredisce.

Andare a Roma, e tornare. Nello stesso giorno. Far marciare il frantoio per sedici ore di seguito. Sei, sette giorni di seguito. Elevare la casa di un piano in una notte: mura perimetrali e sottotetto. Sono casi di normale follia in Calabria: la capacità di applicarsi non mancherebbe, ma il lavoro non è ritenuto onorevole.

Anziane analfabete in Calabria pagano mille euro al mese a giovani, belle, istruite polacche, rumene o ucraine per essere accudite - non da ora, lo facevano in valuta forte, marchi o dollari, prima dell’euro: le vecchie analfabete, che solo conoscono il dialetto, sapevano procurarsela. Non c’è verso per una donna calabrese disoccupata, allora e oggi, di assumersi questo reddito.

leuzzi@antiit.eu

Nessun commento: