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martedì 15 dicembre 2009

Secondi pensieri (34)

zeulig

Città – Quell’ombra che gli antichi prediligevano nel’edilizia urbana “era rifugio ai cupi soltanto, o non più ancora alle anime?” (B.Croce, “Storie e leggende napoletane”, 17). La città come antro. Un rifugio anonimo, un viluppo di pieghe nelle quali l’uomo si appiattisce nascondendosi perfettamente. Ecco perché la visibilità è difficile nelle città, la visibilità umana: è difficile mettere a fuoco, difficile ricordare, difficile significare. Ecco donde viene l’inaridimento dell’uomo urbano: perché è venuto in città per attaccarsi, con nervi e articolazioni, a un labirinto di pietre, strettamente, fino a farsene camaleonte, dello stesso grigio colore della pietra. Quale altro animo può proteggere l’ombra urbana, se non quello di diminuirsi, sottrarsi, camuffarsi, cancellarsi?

Dio – Esiste solo per la ragione. Alla fede si presenta ostico: dovrebbe essere un signor Dio, onnipotente, onnisciente, di ogni virtù e ogni bontà. Ma è duro da amare, o anche soltanto da obbedire, chi ti fa soffrire – Gesù non lo soffriva. Razionalmente, invece, c’è solo da aspettare.

Avrebbe creato il mondo per stizza? Se siamo figli anomali di Dio, non si viene a capo di nulla, a meno di bestemmiare. Si torna alla natura unica di Dio, e all’opposizione fra Dio e mondo, e noi siamo la parte brutta.
La storia del peccato originale è la meno convincente: Non ha senso: prova? sfida? ribellione? L’opposizione fra Dio e natura dev’essere anteriore, altrimenti non c’è sfida possibile né provocazione. Ma allora la natura sarebbe il diavolo. E come può essere?

Sono io. Anche io. E non perché è la somma, come è stato detto, di tutti i punti di vista, ma perché il creatore non esiste senza il creato – non è un paradosso, dev’essere un nodo teologico notevole, l’eternità e la creazione (meglio l’evoluzione…).

Filosofia - Dice Jünger di Heidegger: “Io stavo a Berlino, lui è un uomo della Foresta Nera”. E intende: io sapevo cosa succedeva, lui era un pensatore. Ma il pensiero non è sempre critico? Quello consolatorio è ideologia, esortazione, teleologia, etc., è il contrario della forza attiva.
Dice Kant: la filosofia non è una scienza ma una morale. O non il contrario? La filosofia non può essereche critica, in senso kantiano, e dunque non morale.

Gesù – Non ha corpo né storia – non ha desideri. È interamente verbo, messaggio. Creatura dell’ermeneutica.
Nella passione soffre. Ma è vero sangue il suo? Poiché risuscita integro e bello.

Libertà – “Puttana libertà” ha il Berni, nelle “Rime”. La libertà si definisce solo socialmente, con la libertà degli altri. La legge che modernamente entra nei diritti soggettivi (suicidio, eutanasia, droga, terrorismo intellettuale) ha in ciò l’origine e il limite. Individualmente, la trasgressione può essere grande quanto quella della legge, per il piacere dell’abiezione, e della violenza.

Morte – La paura della morte è recente. Viene con la chimica, la medicina spagirica di Paracelso? Nei racconti degli antichi (Cicerone, Agostino…), come dei moderni non aggiornati (Mozart…) il trapasso non apre scompensi, è naturale.

Narciso - Il basilisco lo fulmina la sua propria immagine.

Normale - Come orthos, di cui è l’equivalente, serve in grammatica per indicare un ordine. Senza sanzione, non sottopostio cioè al potere. Non è quindi da buttare, né la parola né il concetto. Anche se – Ovidio – l’ordine (l’età dell’oro) non può deviare, una normalità regolarità che è mediocre, aurea mediocritas.

Parola – È la scoperta più straordinaria. In sé e come strumento. È lo strumento più creativo – la musica viene ovviamente dopo. E non è inventio – non è strumento cognitivo, checché la filosofia dica. Se non per qualche mostruoso caso dal quale evidentemente siamo lontani.

Progresso - È un fatto. Cioè una costante nella storia. L’uomo nella stria ha alti e bassi, con regressioni crudeli, ma il progresso materiale, o tecnico, dal più sporco al più pulito, dal più al meno faticoso, dalla povertà alla ricchezza, dalla malattia alla salute, questa ricerca non ferma. Neanche nei secoli di regresso sociale o morale: il barbaro vuole anch’egli migliorare le condizioni materiali.
Perché questo fatto è discusso e irriso? Per la vergogna – della guerra di massa, il nazismo, la bomba atomica. Perché l’aristocrazia dello spirito rifugge dalle cose materiali. Per accelerare la crisi e la rivoluzione. E perché non sappiamo. Essere conservatori d’altra parte fa fino, per tutti.

È nell’idea della creazione come in quella dell’evoluzione. La creazione non può avere altro senso che come prova voluta dal dio. Altrimenti non avremmo che incongruenze logiche: una cosa che è eterna ma fino a un certo punto non c’era, e una materia che diventa spirito.
Ma è vero che la resurrezione costituisce una seconda interruzione del tempo, dopo la creazione. Il tempo, come il progresso, va a sbalzi?

Quello della tecnica è indubitabile. Anzi, è troppo veloce: lo vogliamo infatti, ne siamo curiosissimi, ma ci sfianca, si vede. Non altrettanto può dirsi dell’etica, o organizzazione sociale: antiquata sempre – oggi con i suoi riti paraindividuali in un mondo compattato da sfasciacarrozze.
È anche vero che il progresso accelera in una fase di accentuata confusione delle lingue, e di appiattimento – comunicazioni di massa, consumi di massa, edilizia di massa. È come un pesce fuori dal mare gelato.
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Religione – Non c’è senza il destino individuale, un disegno di consolazione (intelligenza, salvezza). Altrimenti è culto: rito, iniziazione, festa cerimoniale, una misera manifestazione di ordine.

Pensiero – Democrito si strappa gli occhi per non pensare.

Teologia – Ultimamente è materia femminile.

zeulig@antiit.eu

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