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sabato 17 dicembre 2011

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (111)

Giuseppe Leuzzi

Il Sud funziona sempre. Il Sud del mondo: balletti, musica, viaggi, onlus. Funziona soprattutto a Milano, che sa come sfruttarlo. Il Sud come mercato. Da cui prendere senza dover dare, e docile, pronto a comprare tutto.

Già a fine Ottocento Salvemini rilevava (“La sinistra e la questione meridionale”) “troppi” laureati al Sud. Troppe famiglie che, speso privandosi di tutto, volevano assolutamente laureare il figlio. Una sfida che, invece di rafforzare la società meridionale la indeboliva: nel momento della formazione del laureato, dei sacrifici, dei debiti, delle scelte univoche, e dopo, quando il laureato, socialmente sradicato e isolato, deve farsi strada tra migliaia di altri laureati per il “posto”. Come di un capitale applicato male e sempre nell’incertezza. O un progetto dalla fondamenta infide.

Rimasti nella storia incidentalmente, in uno degli “Scritti dispersi” di Corrado Alvaro, sono ora oggetto di un libro, con cd, di Francesco Lotoro e Paolo Candido, “Fonte di ogni bene. Canti di risveglio ebraico composti dal 1930 al 1945 a Sannicandro Garganico”. A Sannicandro non sono rimasti più di una diecina di convertiti ebrei. E quelli emigrati nel 1948 in Palestina, ormai di terza generazione, hanno dimenticato le origini italiane. Ma il fatto è vero: un bracciante cantastorie di Sannicandro, semianalfabeta, Donato Manduzio, che dalla Bibbia è portato negli anni Trenta a un suo personale ebraismo, al quale converte molti compaesani, una ventina di famiglia, finendo alla Liberazione per essere accettati dal rabbinato di Roma e circoncisi. In gran parte poi emigrando nel ’48, per “difendere Israele” contro gli arabi.
Antonio Moscato e Maria Novella Pierini fecero di Manduzio negli anni Sessanta un rivoluzionario (“Rivolta religiosa nelle campagne. Il movimento millenarista di Davide Lazzaretti. La profezia neo-ebraica di Donato Manduzio, Samonà & Savelli, 1965). Ma la storia vera, per molti aspetti affascinante, è in “San Nicandro. Histoire d'une conversion, 1993, della storica francese Elena Cassin, tradotta parzialmente nel 1995 dal Corbaccio.
C’è sempre al Sud il desiderio di essere qualcos’altro che quelli che si è, contadini, pugliesi, cattolici – un po’ biblici un po’ no. E l’emigrazione come una vera cesura, totale, malgrado i paisa’, le mamme e gli spaghetti.

Se la politica ha un costo, causa ne è la Sicilia. Il “Corriere della sera” lo sostiene imperterrito, il 9 dicembre con la migliore firma, Stella: “Lo ricordino, Mario Monti ed Elsa Fornero: se non obbligano la Sicilia ad eliminare immediatamente questi bubboni ogni loro sforzo per spiegare che la crisi planetaria è così grave da obbligare a pesantissimi sacrifici sarà inutile”. L’indignazione gonfia la penna dello Scrittore. Che continua: “Peggio: grottesco”. In effetti, è grottesco.

Napoli
Quando il Procuratore di Reggio Calabria Pignatone ha posto la sua candidatura a Napoli, subito gli è arrivato da Napoli un avviso di garanzia. Un avviso mafioso. Spavaldamente esibito. Pignatone, che di mafia è esperto, ha dirottato la candidatura su Roma, e l’avviso è scaduto.
La Procura di Napoli dev’essere tenuta libera per Mancuso. Ora parcheggiato nella vicina Nola, Mancuso è famoso per aver liquidato un altro intruso a Napoli, il suo capo Cordova, ex Superprocuratore e per di più calabrese. Oltre che per aver scagionato il figlio denunciato dalla polizia per violenze in una manifestazione. Andava a caccia con un camorrista di Scampia, ma questo è risultato irrilevante.

Al museo archeologico di Baia ci sono cinque ragazze per fare due biglietti, in un’ora. Quattro di loro insegnano alla quinta, lavoratrice socialmente utile, a staccare il biglietto all’entrata.

Al baretto del Museo l’addetto ha giacca verde e papillon nero su camicia candida. Non sa fare il caffè e non se ne preoccupa. Alle rimostranze obietta:
- È il mio primo giorno di lavoro.

All’Orientale di Napoli il centralino è affidato a una signora che ribatte, più polemica che agitata:
- Ma che ‘nne sacce ie? M’hanno messe qua…

In albergo la ragazza, mezzo discinta alle nove e mezza, serve la colazione. Che consiste in un cappuccino e un cornetto. Il cornetto è vecchio, secco.
- A me m’hanno detto di servirli cominciando dall’inizio della scatola – si schermisce, e non lo cambia.

Le proteste (per la violenza, il disordine, la prevaricazione) offendono Napoli, se uno legge “Il Mattino”. Solo i napoletani possono, con limiti, criticare Napoli. Sembrerebbe arroganza, superbia senza dignità. Ma è spinta fino all’autodistruzione: non è chi non veda che napoletani sono i carabinieri inefficienti, i neghittosissimi magistrati, i medici della malasanità, e l’infinita teoria del pagliettismo che si è appropriata la giustizia.
O non è inefficienza, né neghittosità, né indifferenza? Difficile immaginare un popolo prevaricatore. Difficile immaginarlo ma esserlo no.

Negozio di chincaglierie simpatico alla Solfatara di Pozzuoli. Arredato con semplicità all’antica, con scaffali di legno, vende le antiche cose, conchiglie, coralli, etc., un assortimento vastissimo e attraente. È tenuto da giovani, informati e corretti. Sembra un’idea, più che un negozio qualsiasi di ricordini. Alla domanda:
- Siete una cooperativa? – La risposta è pacata:
- Una cooperativa? No no, noi lavoriamo.

“Napoli è la piaga del Mezzogiorno”: così Gaetano Salvemini, allievo e intimo di Pasquale Villari, napoletano eminente, in “Cocò all’università di Napoli o la scuola della mala vita”, il suo primo articolo per “La Voce”, 31 dicembre 1908 (ora (in “La sinistra e la questione meridionale”).
“Cocò” è una satira. Ma rifà le “Lettere Meridionali” di Villari di quasi cinquant’anni prima, subito dopo l’unità.

Scilla sarà a Cartagine
I Martiri Scillitani furono i primi martiri cristiani in Nord Africa, dodici. Subirono il martirio a Cartagine, il 17 luglio 180, decapitati. E sono ricordati dal primo regesto della chiesa, gli “Acta Martyrum Scillitanorum”, o “Acta Sanctorum Scillitanorum”, trascrizione in latino degli atti del processo. Che fu giudicato dal proconsole Vegellio Saturnino. Gli “Acta” costituiscono il più antico documento della letteratura cristiana latina, e sono il più antico testo latino che menzioni una versione di testi biblici (“Libri et epistulae Pauli”, i libri e le lettere di Paolo).
Nulla i documenti dicono sulla loro provenienza. Che i commentatori vaticani s’inventano allora essere una possibile comunità cristiana di un toponimo ignoto della Numidia, detto Scili o Cillium (in questo secondo caso per farlo coincidere con l’odierna Kasserine in Tunisia) – così Domenico Minuto lamenta sull’ultimo “Calabria Sconosciuta”, n.131. Scilla non è menzionata, che è invece: 1) toponimo unico, 2) conosciuto in tutta l’antichità, via Omero, 3) dell’area reggina, che san Paolo visitò due volte e catechizzò.
Questi i nomi dei martiri: Speratus, Nartzalus, Cittinus, Veturius, Felix, Aquilinus, Laetantius, Ianuaria, Generosa, Vestia, Donata (sintetizzò la distinzione tra sfera religiosa e sfera politica: “Honorem Caesari quasi Caesari; timorem autem Deo”), Secunda. Sperato è probabilmente il catecumeno o sacerdote della comunità: nel processo sostenne in gran parte l’interrogatorio, ed è quello che afferma di avere avuto libri e lettere di san Paolo. San Sperato è anche un quartiere di Reggio. Che è l’unica città che lo ha in calendario, il 15 luglio.
A Scilla vorrà fare tappa, fuori dall’itinerario, san Gerolamo in viaggio verso la Terrasanta. La città era peraltro già menzionata nella Tavola Peutingeriana, la mappa segreta del cristianesimo fatta redigere agli inizi del III secolo, come Domus Ecclesiae, una delle 28 allora esistenti. E poco dopo forniva altri due martiri, giustiziati in Spagna, san Cucufante (san Cugat in catalano) e suo fratello san Felice. Anche loro scillitani, ma secondo i commentatori vaticani di qualche sperduto borgo Scili o Scilicum, localizzato non si sa dove.

leuzzi@antiit.eu

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