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giovedì 15 dicembre 2011

L’Europa, il Quarto Vuoto dell’Occidente

La grotta della Natività a Betlemme restaurata dai palestinesi, coi soldi sauditi, dopo un secolo e mezzo di abbandono, sono l’ultimo segno di decadenza. Nell’Italia che si affanna contro chiese e oratori, dai quali vorrebbe l’Ici, si può pensare la trascuratezza verso i simboli religiosi un fatto di laicismo. Ma l’Europa che rinuncia alle sue radici cristiane è solo sciocca (col contorno di Israele, che ha boicottato la progettazione del restauro). Non laica, non c’è scritto in nessun posto che la laicità debba essere stupida – l’Europa la usa come rivalsa o vendetta, contro chi non si sa di preciso, la stessa voglia matta che l’ha portata, poi, a rinunciare alla costituzione politica dalla quale aveva espunto le radici cristiane. Un’Europa, al più, pusillanime. Ma c’è di peggio.
L’Europa, esclusa l’Unione Europea che oggi sembra non ci sia mai stata, è cinquant’anni di storia inutile, dopo la decolonizzazione, all’insegna del neo colonialismo. Pura agitazione stupida, intempestiva, sanguinosa, da giapponesi perduti nella giungla, in un mondo globalizzato. Per l’Europa, nell’Occidente e nel mondo, senza alcun beneficio. Una sorta di Quarto Vuoto dell’Occidente, quella parte del deserto arabico dove nessuna forma di vita sopravvive. L’Occidente nel mondo globalizzato non gioca più un ruolo assoluto. Ma peggio fa l’Europa, che al più vi si affaccia ancillare degli Usa - i quali un progetto comunque hanno, seppure sempre più asfittico, nei confronti dell’America latina, del Medio Oriente fino al Pakistan, dell’oceano Pacifico, dell’Africa, l’imperialismo esercitano in un progetto.
In Libia si è giunti al ridicolo. Libia. Col capofila Sarkozy che pensava a una guerra lampo e alla fine, scosso dall’assassinio del generale Abdel Fattah Yumes, il generale ucciso dagli altri congiurati, pensa di ritrarsi. Ma ne viene dissuaso da Bernard-Henri Lévy, giornalista e filosofo, un intellettuale che celebra n Libia “la penna e la spada”. Roba da non credere: una guerra “concepita” fino al dettaglio, da un “filosofo della libertà”, così lo stesso Lévy fa valere nel pronto libro di memorie. O, sempre per restare alla Libia, un Obama poco convinto che viene soggiogato da Hillary Clinton, ex senatrice di New York.
Con contorno di mortificanti dettagli illustri. Prima di Lévy un solo intellettuale si fa ricordare in guerra, Chateaubriand che nel 1823 fece invadere la Spagna rivoluzionaria. Ma Chateaubriand non comandava le operazioni dall’Eliseo, né si fece immortalare, come Lévy a più riprese, in posa, tra le rovine e i mutilati che lui ha voluto, in abito di taglio sartoriale a piombo, e la camicia candida a collo alto aperta che ne è il marchio. Un Lawrence di Libia senza cavallo ma con molti fotografi al seguito. Che nelle sue smargiassate umanitarie coinvolge – è un profittatore? un provocatore? un agente segreto? - il Centre Répresetatif del Institutions Juives de France (Crif).
La Libia è l’ultima di una serie di guerre che l’Occidente ha condotto con continuità, e l’Europa per esso con cecità, anche se con sufficienza. In Costa d’Avorio due o tre volte, in Iraq due volte, in Afghanistan due volte, e non è finita, in Sierra Leone, in Serbia, nel Congo ex Zaire a lungo e in varie circostanze, nella stessa Libia quarant’anni fa, dopo il golpe di Gheddafi, a Cabinda e in varie altre località africane, con soldati propri e con mercenari. E in America latina ovunque, a Panama e Grenada coi marines, in Brasile, Argentina e Cile coi locali generali.
Guerre non inutili. Fanno infatti tanti morti, benché “pulite”, aeree per lo più, o golpiste (golpe organizzati, come l’ultimo in Libia) E sono letali per l’Europa, direttamente e indirettamente, rinnovando, dentro e fuori, il suo gretto spirito coloniale, se non razzista, e l’odio che esso suscita.

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