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mercoledì 27 giugno 2012

Secondi pensieri - 105

zeulig

Duplicità – Franco Fortini resta famoso, contro i suoi meriti, per il finale di questo brano del 1962, poi raccolto nella “Verifica dei poteri: “Mi chiedo se non si debba cercare di preservare le residue capacità rivoluzionarie del linguaggio in una nuova estraniazione, diversa da quella brechtiana ma su quella orientata. Le poetiche dell' occulto e dell' ermetico potrebbero essere paradossalmente, e fra scoppi di risa, riabilitate. Farsi candidi come volpi e astuti come colombe. Confondere le piste, le identità. Avvelenare i pozzi”. Un’etica del nicodemismo, dunque. Ma la duplicità è fine a se stessa, se il coniglio si vuole leone, e il leone coniglio. La mimetica usa negli eserciti per la preparazione all’attacco.

Intellettuale – È l’Anticristo, per quanto modesto. L’Anticristo si presume ed è il benefattore dell’umanità, equanime, clemente, l’uomo della pace e della prosperità universali. Già san Paolo era infastidito dell’irenismo dei primi cristiani, e lanciò il famoso: “Siate fanciulli nel cuore, ma non nella mente”.
Ecumenico, come si presenta l’Anticristo. Che “abbraccia e mette d’accordo tutte le contraddizioni”, spiega Solov’ëv, “il nobile rispetto per le tradizioni e i simboli antichi con un vasto e audace radicalismo di esigenze e direttive sociali e politiche, una sconfinata libertà di pensiero con la più profonda comprensione di tutto ciò che è mistico, lo assoluto individualismo con un’ardente dedizione al bene comune, il più elevato idealismo in fatto di principi con la precisione e la vitalità delle decisioni pratiche”.

L’intellettuale, si sa, è dannato alla sterilità per l’ipocrisia che lo rode malgrado se stesso, anzi proprio per questo, per le sue buone intenzioni. Si crea mondi irreali per la voglia di filosofare, ma la buona disposizione è fatale che degradi a protervia. Il rovesciamento non è isolato, tutta la realtà partecipa dell’irrealtà. Quello dell’intellettuale è però voluto, nell’assurdo programma di conoscere tutto, sistematizzarlo, e perfino, con la forza del pensiero, cambiarlo.

Il gesuita è il prototipo dell’intellettuale, non solo in Thomas Mann (“La montagna magica”). Anche quando, più spesso, non pensa: la sua condizione la vive. A tu per tu col Cristo, di cui s’appropria per proteggerlo. Non si suda con loro.

Povertà – È “non mancare di nulla” secondo Heidegger, “Die Armut”. Che sembra bizzarro, e lo è. A meno di una concezione francescana del mondo, che l’Essere incontra (svela) nella Nudità o Povertà- in Heidegger è gioco di parole. La realizzazione di sé nella negazione o annientamento, la deiezione di sé. Non immorale: la ricchezza, anche distorta, sempre si conferma povera. Ma asociale e anzi antisociale.

Santità - È orgoglio. Anche nel santo povero, Francesco. Specialmente in lui. Dunque peccaminosa. Nel senso che vuole il noto midrash talmudico: “L’uomo è legato a Dio da un filo. Se per il suo peccato il filo si rompe, Eloïm prenderà allora i due pezzi che restano e li riattaccherà con un nodo. Il fio divenendo allora più corto, l’uomo si avvicinerà ancora di più a Eloïm”. Ma quale distanza è buona?

Saturno – Ancora in Platone, nelle “Leggi”, il mondo si muoveva alternativamente tra l’età dell’oro, la contemplazione che avvicina l’uomo agli dei, regno di Saturno, e l’età di Giove, di novità, idee, leggi, frutto di applicazione paziente e laboriosa. Il tempo contemporaneo è lavoro - l’Economica che Croce nobilita in Vitalità. Sta qui la stessa chiave laica di lettura della dissacrazione: chi non lavora è triste perché non pensa, non ha materia. Un tempo tutte le strade portavano a Dio, ora portano all’immagine di se stessi, e alla malinconia.

Scienza – “Occupatevi di quello che vedete, non avrete tempo per le cose segrete”, pare sia un motto di Dumas figlio. Ma non proprio superficiale. Si sapeva che la ricerca stessa è perturbante – muta lo stato dell’evento o della cosa. Della materia meno che delle scienze umane (l’autore è il suo critico, l’ermeneutica, eccetera). Ora uno studio della “Physical Review”, la rivista dell’American Physical Society, ripreso dal “New Scientist”, opera dei ricercatori italiani Viola Folli, Andrea Puglisi, Luca Leuzzi, Claudio Conti, mostra che questo può avvenire anche a caso: delle regolarità (nella fattispecie della luce, l’esperimento è di fotonica) si stabiliscono agitando a caso materiali diversi. Non è la soluzione del mistero dell’ordine figlio del caos, ma del fatto sì.

Stupidità – È la cattiveria, insondabile.
È come l’inefficienza, irrimediabile. Non slo imbattibile ma demolitrice.

Storia - Forse non c’è storia ma una serie di istanti eterni, come Yourcenar vuole. Anche se la storia non si cancella. Max Weber, Croce, Ortega y Gasset, Arendt, Camus, Sartre, Cioran, Trockij, Gramsci, Weil soffrono la separazione tra morale e storia, Marx e Popper no. Ma si può dire merda alla politica. Il sogno è questo, liberarsi dei padroni, per quanto affettuosi, e dei collari, benché pregiati.
Nell’antichità la morale privata era inseparabile dalla morale pubblica, da Omero a Marco Aurelio. L’etica era una, e si legava alla metafisica, ossia alla conoscenza e alla concezione del mondo. Cristo e la Chiesa hanno scisso le due esperienze. Si può avere voglia di tornare indietro e negare la storia, o la chiesa, erigere paletti, e altari alla dea ragione, dirsi società di uomini integri illuminati, ruminare il latinorum, rimpiangere il buon tempo antico quando gli uomini erano d’un pezzo. E può anche essere che storica sia pure la metafisica.

Ma la storia è un sapere e non una scienza, ha ragione l’insopportabile Schopenhauer, analizza e comprende solo il singolo, e mai conosce il singolo mediante il generale. Deve strisciare sul suolo dell’esperienza, mentre la scienza volteggia su di essa. La storia parla dell’individuo, e di ciò che è solo una volta, poi non più. Sa tutto quindi solo imperfettamente e a metà. Ecco in che consiste il vantato pragmatismo della storia: ci illude che in ogni momento avviene qualche cosa, direbbe Schopenhauer - lui sa cos’è illusione? Ma dice anche: “Noi conosciamo un’unica scienza, la scienza della storia. La storia può essere considerata da due lati, storia della natura e scienza degli uomini. Dovremo soffermarci sulla scienza degli uomini perché l’ideologia è o una concezione falsata di questa storia, oppure un’astrazione completa da essa!”.

zeulig@antiit.eu

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