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sabato 4 agosto 2012

Secondi pensieri - 110

zeulig

Imperialismo – È la via della libertà? La libertà è la costituzione materiale dell’imperialismo del Duemila, e dell’Occidente durante la guerra e dopo. La risorsa ultima degli alleati nel punto di massima violenza fu la democrazia, la violenza indiscriminata. L’imperialismo della democrazia è la fine: difficile salvarsene, anche in ginocchio con le braccia levate.
L’opinione pubblica, nella mobilitazione totale democratica, entra in gioco non come somma delle singole volontà libere, ma come espressione piccolo borghese, cioè acritica, di ideologie e politiche di altri, che essa non genera, non controlla e di solito non capisce. Alla melassa del linguaggio socio-psicologico corrisponde del resto l’identificazione mistificata del soggetto: ceto medio, società civile, la stessa opinione o sfera pubblica. Il radicalismo rivoluzionario condivide col pacifismo questa ambiguità, sia pure col supporto di Rousseau. Che la volontà libera, singola o “generale”, e non gli Stati determinino le scelte. Gli Stati che s’intrecciano con questo o quel fulcro della volontà politica, la borghesia o i lavoratori, un tempo i soldati o i signori, e perfino i preti.
L’idea che il no, o una bomba, possano fermare la violenza è l’ultimo esito della concezione idealista del primato della politica, la stessa che risolve la politica nel voto - Marx ne riderebbe.

Internet – Lo scrittore Roberto Cotroneo ha su “Sette” Dio nella Rete. Dall’Inizio: “In principio era la parola”. Durante: “La rete è il regno delle psicologie, dei sogni, dell’anima e del divino”. Alla Fine: “L’unione dei corpi con le anime nel Giudizio Universale potrebbe essere totalmente inutile oramai. Bastano gli avatar”. Non nuovo, almeno a partire da “2001, Odissea nello spazio”, ma ben detto. Sembra una parodia e lo.

Ironia – L’ironia dissecca se non è disseccata.

Si può fare a meno di Kierkegaard? Normalmente sì. “Il fenomeno, come sempre foeminini generis, deve cedere al più forte, al cavaliere filosofo”: è l’esordio del “Concetto d’ironia”, libro di esordio di Kierkegaard, senza ironia. Mentre è il contrario.

Dice Soldati, lo scrittore: “Chi ha provato la lontananza, difficilmente ne perde il gusto”. Accade da fermi con l’ironia, la lontananza di chi è dannato a straniarsi. Chi ha provato la lontananza, in realtà, torna più volentieri. Se non che l’esilio c’è, la voglia di espellere, l’ostracismo non è trovata dei greci, e uno si ritrova spesso fuori. Senza bussola.

Storia – Il motto di Clemenceau, “nessuno aveva un’idea più vaga dell’affaire dello stesso Dreyfus”, è vero o falso? È più facile che sia vero, anche se significa che non si è autori della propria storia. E non per “sapere” o non sapere, per essere più o meno avvertiti, o potenti, decisivi, ma perché la storia va a valanga, seppure con leggi o costanti, come la fisico-chimica della valanga.

Storia fededegna è sempre quella di Erodoto, quella che si vede. E anche questo è Occidente, nel senso di concreto. Forse per dare i connotati delle persone. Ma per sapere chi erano, che pensavano, che volevano? E chi mai ha realmente visto? Perfino una bella donna è difficile da vedere tutta. O una statua. Storia vera, lo diceva già Luciano, è quando scrivo cose che non ho visto, di cui non ho avuto esperienza, neanche notizia. O Montesquieu: le storie sono fatti falsi composti su quelli veri o in occasione di quelli veri. Storia vera è Gargantua, Simplicissimus, don Chisciotte, i romanzi, che, dice Novalis, nascono dalle mancanze della storia.
È questo il verum factum di Vico, il verum fictum, la verità inventata: la storia è bella perché varia, ognuno si fa la sua. Anche se spesso uguale a un’altra, dei copisti alla Vrain-Lucas, di Curzio Inghitrami con gli etruschi, di Meegeren con Rembrandt, dei rifacitori di Shakespeare, degli inventori di Ossian e della tradizione, del banditismo di Klopstock, l’inesistente teatro dei bardi che servì ad annettere al germanesimo i cantori celti, a torto definiti impostori. Lo sapeva Tocqueville: la storia è una galleria di quadri in cui ci sono pochi originali e molte copie. La storia perfetta di Bacone, che l’umanità porta dall’infanzia antica alla maturità moderna, nasce romanzetto barocco.

“La storia, facile da pensare, è difficile da vedere per quelli che la subiscono nella propria carne”, dispone Camus da ultimo. Resta la grandezza. Sia pure, in epoca razionalista, un’arcata di venti metri per convogliare l’acqua a Ariccia, ideata da un cardinale, l’essere più inutile. Si è del resto scritto più sul rock-and-rollche sulla Rivoluzione dell’89, benché tutto a Occidente, Presley e la Rivoluzione. La storia è oziosa. Ma allora doppiamente occidentale, per l’ozio e la fede nella memoria – l’Oriente, si sa, non coltiva la memoria, l’India, la Cina, il Giappone….

“La storia viene sopportata solo dalle personalità forti”, Nietzsche stabilisce, “quelle deboli essa le cancella immediatamente”. Col seguito famoso: “Non si creda alla storia come eterno femminino - la donna in sé, l’eternamente inavvicinabile. Al contrario, è all’eterno maschile che va paragonata. Senonché, per coloro che sono «colti in storia», è piuttosto indifferente che essa sia l’una cosa o l’altra: è una generazione di eunuchi”.
Per i neutrali la storia è “critica” - Nietzsche direbbe pettegola. La storia inoltre si fuma: “Lo storico del presente ha elaborato una tale delicatezza ed eccitabilità di sentimento che niente di umano gli resta estraneo, egli è diventato una risonanza passiva, che agisce con altre vibrazioni su altre nature passive dello stesso genere, finché l’atmosfera di un’epoca si riempie di tali delicate e affini risonanze che s’incrociano. Mi sembra tuttavia che, di ciascun suono fondamentale originale della storia, si percepiscano per così dire solo i suoni concomitanti nelle ottave superiori… É come se si fosse strumentata la sinfonia eroica per due flauti destinandola all’uso di sognanti fumatori d’oppio”. Nietzsche apprezzava Stirner, ma nessun rischio ha fatto correre a nessuno. E anzi restaurò l’arcaico, un moralista reputandosi nella tradizione aristocratica francese. Si può dire per dire.

zeulig@antiit.eu

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