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venerdì 7 giugno 2013

Secondi pensieri - 143

zeulig

Giustizia –  È mediatica e spettacolare, scenografica anche (colori, processioni, sorpresa, segreto). Intesa a produrre scandalo, cioè meraviglia, più che il riconoscimento del diritto.
Si dice e si vuole politica, ma allora si ribassa a produrre investimenti pubblicitari grazie alle audiences (lettori, spettatori) degli scandali che essa promuove.

È castale. Il giudice figlio di giudice, nipote di giudice. Gli ermellini, le eccellenze, le retribuzioni a livello dei parlamentari senza il sospetto di abusi. Montesquieu, cui si deve l’onnipotenza della  magistratura nella teoria dei tre poteri, non la voleva legibus soluta, ha anzi più rfacconti ridicoli e sprezzanti degli arbitrii della noblesse de robe, l’occupazione degli uffici pubblici, ereditaria.
Il palazzo della Cassazione a Roma, imponente di suo, con le vittorie alate ai quattro frontoni, è stato accresciuto con la chiusure di due strade a uso garage, e della grande piazza Cavour come giardino dello stesso: esprime un senso di potenza ineguagliato a Roma, in confronto allo stesso Quirinale, nonché a palazzo Chigi e a Montecitorio.
Si può dire la sola casta italiana a tutti gli effetti. E la sola che va esente dalle critiche, nei giornali e nell’editoria. Non per caso: governa l’opinione, col morso stretto dell’arbitrio.

Sono i giudici i soli sacerdoti residui. I preti sudano, si sporcano, faticano. Mantengono i poveri, sempre molti, aiutano le famiglie in difficoltà, con difficoltà, i ragazzi all’oratorio e al doposcuola, il sabato anche la mattina, puliscono e ordinano, accudiscono gli immigrati, sono i soli che lo fanno, i drogati, i senzatetto, raccolgono e distribuiscono cibo e vestiario. Per indossare i paramenti a amministrare  sacramenti devono farsi prima la doccia, e sempre sono affannati. I giudici lavorano un giorno la settimana, sono amabili conversatori, intrattengono amicizie, hanno portieri e uscieri, segretari, cancellieri, molti hanno l’autista e la scorta, guadagnano quanto un parlamentare, e non ne sono giudicati. Il modo come gestiscono nutrite e variate polizie giudiziarie  è ottocentesco, da commedia ottocentesca.

“L’attivismo giudiziario è un abuso di potere e distrugge la pretese dei magistrati di essere il legittimo arbitro finale del significato della legge”. Antonin Scalia (intervista a Paolo Valentino, sul “Corriere della sera” del 27 maggio) è un giudice conservatore, ma è da 26 anni giudice della Corte Suprema americana cui nessun torto viene addebitato.

Guerra dei filosofi – Ripete in tutto, da una parte e dall’altra, il modello che si propone di demolire, il populismo. Di cui non tenta nemmeno una definizione, se non quella del berlusconismo. Nella specie, sembra di capire, della mediatizzazione, o videocrazia. Cioè del reale tv, fatto di telegenia e ragionamento corto, semplificato. Entrambi i fronti i propongono di vincere così, con la frase breve e l’appeal. Curiosamente avulsi dalla storia (realtà), cui invece il loro comune nemico è evidentemente sensibile, poiché ne sa più di loro.

Internet - È un mondo che la scienza della comunicazione non ha penetrato. La comunicazione è un’arte, che oggi si professa complessa e costosa scienza. Il che è più realistico: è un’arte che s’impone, prevarica la realtà che dovrebbe interpretare, la modella, la fa – la scienza sempre più fa il suo oggetto, l’elemento che dovrebbe decifrare. Il modello naturale, o classico, dell’osservazione scientifica ha lasciato il campo all’interpretazione, all’ipotesi che afferma. Lo stesso la invasiva scienza della comunicazione, che dovrebbe sapere come meglio vendere con la pubblicità, tende come la Rete ad allargarsi piuttosto che a sistematizzare. Si possono per questo dire entrambe realtà allo stato nascente. La scienza è sempre in difficoltà sull’evento che deve studiare. 

È il dilagare della sindrome mcluhaniana dell’Occidente de “il mezzo è il messaggio”. Che non è una verità ma una dipendenza. Come di chi fosse arrivato al burrone, e invece di ritrarsi o di saltarlo, vi sprofondasse, anche con piacere e senso di dominio. È causa ed effetto di un modo d’essere. Che privilegia la tecnica in assenza di “dio”, di una fede che non sia solo il progresso tecnico, la tecnica. Comparatisticamente ciò è evidente al confronto con la ricezione di Internet negli altri mondi. In Asia è solo uno strumento, come è proprio della tecnica, duttile, aggressivo, o in Israele, tra gli arabi, in Africa.

Paternità – Non più attiva nella connotazione sociale (patriarcale), se non per il nome, - residuale. Non necessaria alla procreazione. E per questo forse on demand, non come condizione fisiologica e antropologica, ma come qualcosa di personale. E come si ceca una rarità più che come rimpianto. Ma è tutta la funzione genitrice che è residuale, in attesa, forse prima di una generazione, di essere del tutto soppiantata dalla clonazione – l’eterologa è del tutto analoga alla clonazione, eccetto che per le tecniche. La funzione pedagogica è da tempo obliterata.

Realismo – È marxista? Ferraris non ci ha (ancora?) pensato, ma è al marxismo che si richiama. Al primo marxismo, quello dei “Manoscritti”. Nella “Tesi n. 1 su Ludwig Feuerbach” si ritrova un’informazione capitale data da Marx: la mancanza più grande del materialismo finora è stata la dimenticanza sistematica dell’attività pratica. Non si deve interpretare questo come una nuova filosofia della prassi. Marx non fa intervenire una nuova nozione filosofica. Allude a “una realtà che possiede questa particolarità di essere allo stesso tempo presupposta da ogni discorso filosofico tradizionale, e di non essere per natura esclusa in alcuno”. E. “Quest'irruzione della pratica nella tradizione filosofica […] costituisce in principio una critica radicale della forma di esistenza classica della filosofia”. Oppure, l’irruzione della pratica è la denuncia di questa pretesa della filosofia di abbracciare il Tutto, di non avere qualcosa “di fuori”. Questo “di fuori” che la filosofia vuol dare l’illusione di sottomettere alla verità è la prassi. La prassi non produce la Verità, ma le verità.

La cosa non va col trend. Però, siccome c’è ancora una nicchia di combattenti perduti nella giungla, una rinascenza marxista non sarebbe da buttare.

zeulig@antiit.eu

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