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lunedì 3 giugno 2013

L’8 settembre fu colpa di Eisenhower

La storia segreta promessa è l’ennesima apologia della mafia. Il tutto mafia dev’essere una sindrome di Stoccolma, se infetta anche una giornalista esperta come Marianna Bartoccelli e uno scrittore, D’Ayala. A prima vista sembra difficile innamorarsi di personaggi come Luciano o Riina, ma evidentemente si può. E con che argomenti! Metà abbondante del libro è presa da prolissi referti della commissione parlamentare Antimafia, che ne attestano l’inutilità. Dalle testimonianze di Graziano Verzotto, il personaggio più squalificato. E da alcuni allucinanti interrogatori al processo Andreotti. In uno il pentito del processo, Siino, descrive l’ingresso della villa di Guarrasi nel 1977 come era nel 1998, dopo una radicale ristrutturazione - imbeccato?
La litania è nota. Lo sbarco in Sicilia? Opera di Lucky Luciano e Vito Genovese. I politici dell’isola, Restivo, Alessi, Milazzo, La Loggia, Gullotti, Nicolosi (mancano i Mattarella…)? Non esistono, o sono della mafia. L’avvocato Guarrasi forse, naturalmente non si sa, ma perché no. Mafioso dev’essere anche, un po’, non si sa, lo stesso La Cavera. Che pure ha dato agli autori il pezzo forte del libro, il diario che Guarrasi tenne nei tre mesi dell’armistizio che passò in Nord Africa col generale Castellano, dal 5 settembre al 22 novembre 1943. E fornisce loro un epilogo gustoso, da imprenditore e fiduciario della Confindustria siciliana, sull’impossibilità di fare industria in Sicilia, a opera degli stessi siciliani. Dev’essere come per il “tutto mafia”, che si penserebbe imposto alla Sicilia dal perfido Nord e invece no, è opera “squisitamente” siciliana. Una cassata indigesta.
Mancano invece i pezzi forti, se non per accenni. I tantissimi contenuti nell’intervista con Marcello Colitti, che spezia il libro nel suo punto più debole. I tanti che Macaluso premette, che inquadrano forse al meglio, seppure in breve, la storia della Sicilia ultra-democristiana. E si possono sintetizzare nel fatto che il Pci e la Cgil si tennero fuori del mondo contadino. Manca perfino la figura della moglie di Guarrasi, Simonetta Biuso. Bellissima figlia dell’avvocato Biuso, influente avvocato del Banco di Sicilia. Amante poi a lungo, in costanza di matrimonio con Guarrasi, del migliore amico di lui, Mimì La Cavera – soppiantata nel 1961 da Eleonora Rossi Drago. Tutrice infine delle fortune e perfino dello studio del compagno legittimo, dove offriva granite che chiamava acquette, e veicolava uno stuolo di agenti, agenti di Borsa, tributaristi, ingegneri, comparse. Un posto impossibile ai complotti, questo studio. Più semmai alle maldicenze, inclusi i tradimenti reciproci di letto tra i maturi coniugi, una sorta di teatro che recitavano ogni giorno immutato. Nell’ovvio senso del “cumannari è megghiu che futtiri” - di cui Bartoccelli e D’Ayala fanno grande uso senza spiegarlo: l’insegna dell’isola è motto di chiara origine muliebre, riguarda i conti della spesa.
Colitti, Macaluso, La Cavera meritano però la lettura, singolarmente espliciti nella memorialistica italica. Il diario di Guarrasi tra Tunisi e Algeri è un forte documento storico, per almeno tre aspetti. È testimonianza inequivocabile della difficoltà di uscire dalla guerra, nemici sconfitti, a fianco degli Alleati. Col sostegno americano, ma boicottati con costanza dal governo e dai capi militari inglesi, nonché dall’astio francese. Con un errore fatale per parte. Da parte alleata l’annuncio prematuro dell’armistizio l’8 settembre, che non consentì il riconcentramento delle forze italiane già avviato. Da parte italiana il rifiuto dello sbarco già concordato di una divisione paracadutisti a Roma. Quanti lutti si potevano evitare – si capisce anche che i tedeschi, in rotta, abbiano tenuto agevolmente sotto scacco un nemico soverchiante per ogni aspetto, non ci voleva molto genio. Il diario documenta anche il sabotaggio che dell’armistizio fece - non per altre ragioni, per ambizione - il generale Roatta, cui obbedivano i generali Carboni, che non difese Roma, e Zanussi, che tentò di accreditarsi a Lisbona, al primo contatto con gli Alleati, invece di Castellano, con l’unico risultato, scontato, di indebolire la missione italiana.
Marianna Bartoccelli-Francesco D’Ayala, L’avvocato dei misteri. Storia segreta di Vito Guarrasi, Castelvecchi, pp. 189 € 16,50

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