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sabato 8 giugno 2013

Ladri di bambini, il neorealismo vuole i preti

Gli squallori di Simenon non sono niente al confronto. E non solo perché Banville, “Benjamin Black”, scrive tre volte più lungo – ma si legge con la stessa avidità, senza saltare (per un gran numero di lettori, evidentemente, se si riedita in economica). Qui a metà col giallo alla Chandler, di ambienti ricchi e riservati, ma la cadenza  è sempre quella dei vinti - il tavolo anatomico di Simenon. Banville è anche scrittore di altre ambizioni, specialista del non detto (le famiglie, gli amori, le attese deluse), con una vena ansiogena, dell’indistinto, come cifra della vita. Un narratore “all’italiana”, neorealista, grigio dall’inizio alla fine. Seppure con qualche artificio in più, sparizioni, agnizioni, e traffici inimmaginabili, a fin di bene, oltre che con assassini al di sopra di ogni sospetto, e ladri di bambini.
Il metafisico di Simenon Banville lega come il neorealismo a una realtà precisa, qui tra Dublino e Boston. Tra irlandesi, cattolici: sarà il neo realismo una cifra cattolica?  È solo in ambito cattolico che il povero si mescola al ricco. Anche l’anticlericalismo è cattolico, virulento – qui si parla male delle monache, figurarsi.
John Banville, Dove è sempre notte, Guanda, pp. 367 € 9,50

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