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martedì 4 giugno 2013

La giustizia dei padrini

Si producono in serie a Milano sentenze decise a priori, con spreco quindi di soldi e tempo nei dibattimenti. Quelle incredibili del giudice D’Avossa e della giudice Guadagnino, quella a breve del terzetto annoiatissimo del processo Ruby, di cui non serve nemmeno fare il nome, sono le ultime di una serie ormai lunghissima. E ora quella, in esteso, del giudice con la barba, Oscar Magi, con l’inesausta Guadagnino. Di una giustizia concentrata contro Berlusconi, come già contro Craxi, mentre procede bendata su tutto il resto dell’impalcatura politica e affaristica. Anche quando il delitto è manifesto. Più che giudici, a Milano sono padrini, o meglio madrine.
I casi di connivenza manifesta sono moltissimi, e alcuni di grande dimensione. Non è mai stata processata, per delitti accertati dai revisori dei conti, con un ammanco di 1.300 miliardi di lire del 1996, la Rizzoli Corriere della sera. E dieci anni dopo i fratelli Moratti per un collocazione in Borsa truffaldina. Anche ora Milano si rifiuta di processare Tronchetti Provera per colpe manifeste nello spionaggio Telecom. Nel processo civile il sacco fu tenuto all’editrice del “Corriere della sera” dall’attuale presidente del tribunale Tarantola – l’uomo che in genere dava condanne più alte di quelle richieste dalla pubblica accusa, purché a carico di non democristiani. Il caso Sme è il primo e il più grave: nessuna indagine è stata fatta sulla vendita del colosso alimentare a De Benedetti, da parte dell’Iri di Prodi, a costo zero, e anzi con un prestito di favore dell’Iri allo stesso acquirente
Chiamare giustizia questa che si configura come una mafia è repellente. Cinquecento o seicento perquisizioni nell’azienda di Berlusconi, posto che la Guardia di Finanza non è fatta d’incapaci, si può solo in regime sbirresco, totalitario – senza occuparsi cioè di produrre uno straccio di delitto, solo a fini persecutori.
Contro il Pci
Tutto è falso a Milano. Si dice questa giustizia di sinistra, mentre è tutta il contrario, pervicace fascismo che si lascia dire, ammiccante, irridente, di sinistra. Per i sentimenti personali di molti dei suoi esponenti, con la barba e senza, specie le donne, notori anche se i cronisti di nera fanno finta di nulla. Del resto colpiscono sempre in una sola direzione. Colpiscono anche Berlusconi, è vero, ma da destra, e attenti-e a non fargli male. Si legga oggi la condanna di Berlusconi – che questa volta non c’entra nulla – per la telefonata su Unipol e si vedrà: è uno sghignazzo dalla prima all’ultima parola dell’ex Pci. Dell’affarismo dei suoi dirigenti, della stupidità dei suoi militanti. La giustizia politica è sempre stata fascista. È stata anche comunista, in Cina, a Cuba e nell’Urss, ma non nel nostro contesto: da noi è sempre stata opera  di prefetti, polizie e fascisti. 
Tutto è falso anche nei giornali. La cronaca nera è tutta falsata – basta leggerla anche una sola vota per capirlo – per andare in “prima”. Il “Corriere della sera” fa da anni una lotta sorda alla Fiat, giornaliera, insidiosa, sul mercato italiano e su ogni mercato estero, siano gli Usa, o il Brasile, o la Serbia, o la Polonia. Anche su non notizie. Riportando sempre il taglio interessato della Volkswagen. Ma la Fiat è quella che ha salvato l’aumento di capitale in corso, e quindi il giornale e l’azienda. Dunque non c’è da meravigliarsi, Milano è una città di misteri. Ma la giustizia vi è infetta in modo particolare. “Se la giustizia scompare, non ha più valore la vita degli uomini sulla terra”, diceva Kant, con largo seguito. Milano fa eccezione, oppure lavora, come crede, tutti buoni cristiani a Milano, fuori dalla prospettiva terrena, col paradiso assicurato.

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