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sabato 24 agosto 2013

Ci fu anche un Risorgimento onesto

Esumato per il centocinquantenario, un po’ in ritardo, Antonio Garcèa uno dei tanti patrioti che pagarono col carcere il patriottismo e il liberalismo, e con l’isolamento l’unità che avrebbe dovuto coronarne gli ideali. Nativo di San Nicola da Crissa, sopra Vibo Valentia, attivo nel 1848 – aveva già 28 anni - nel distretto di Gerace, tra Roccella Jonica e Reggio Calabria, si scontrò con la dura repressione del generale Nunziante, che fece oltre cento morti, cinquecento feriti e molti prigionieri. Garcèa era tra questi. Fu rinchiuso a Procida, dove incontrò Carlo Poerio.
Per disinnescare la rivolta, il governo borbonico pensò di deportare i prigionieri politici in Argentina, tra essi Garcèa e Poerio, imbarcandoli su una nave americana. Nel viaggio i patrioti convinsero il capitano a dirigersi verso l’Irlanda. Dove verranno liberati, e origineranno con la loro testimonianza il famoso pamphlet di Gladstone, che disse il Regno la “negazione di Dio”.
Nell’agosto 1959 Garcèa si arruola nell’esercito piemontese. L’anno dopo è tra i Mille. Fatta l’unità si trasferisce a Parma, senza onori né prebende. È il marito felice di Giovanna Bertòla, di vent’anni più giovane, maestra piemontese che l’ha sposato a diciott’anni. Giovanna è la fondatrice e direttrice de “La voce delle donne”, giornale protofemminsita, per il diritto delle donne al voto e all’istruzione. Atonio morirà presto, a 58 anni, nel 1878.
L’antropologo Teti, che aveva anticipato la riscoperta di Garcèa, suo compaesano, alcuni anni fa nel supplemento culturale del “Quotidiano di Calabria”, ha intessuto attorno alla ricostruzione storica del personaggio una serie di osservazioni sulla formazione dell’unità. In particolare sul brigantaggio. Su cui forse l’antropologia ha già detto troppo. Mentre la storia ha poco da dire, se non che fu affrontato male. Con pregiudizio, lo stesso che concludeva l’epopea risorgimentale e ha retto l’Italia unita – ancora dopo centocinquant’anni: la frase famosa “l’Italia è fatta, bisogna fare gli italiani” è al contrario che funziona, “gli italiani ci sono, resta da fare l’Italia”..
Il volume collettaneo, curato dalle autorità di San Nicola da Crissa, è una raccolta di atti, lettere, documenti, edita localmente nel 2011. Garcèa non si segnala per gesta eclatanti. Ma è – e potrebbe rappresentare – quel Risorgimento dell’onestà politica e intellettuale che la lasciato il posto nelle storie ai carrieristi, capicorrente, maneggioni, un po’ briganti, che hanno occupato le storie. E confitto il Risorgimento stesso.
Vito Teti, l patriota e la maestra, Quodlibet, pp. 366 ill. € 28
Bruno Congiusti, Michele Roccisano, Domenico Tallarico, Antonio Garcea 1820 – 1878, Eroe calabrese del Risorgimento italiano s.i.p.

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