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mercoledì 21 agosto 2013

Berlusconi non vuole morire

Berlusconi è più furbo certo di Craxi, l’altro politico che la Repubblica ha condannato perché non poteva non sapere. Ci sarebbe da chiedersi se Napolitano potesse non sapere, o Veltroni, o in materia di affari Prodi, il presidente Iri delle privatizzazioni, poi consulente delle banche d’affari. Ma stiamo ai fatti.
Berlusconi non crede al Parlamento. Se non come a un’estensione degli oscuri poteri della repressione. È il segno più evidente della differenza tra il 2013 e il 1993. Tra due modi di fare politica, anche se non tra due Repubbliche – c’è più prima Repubblica di Berlusconi, o dei giudici di Berlusconi? Quello serio di Craxi ancora lo rende inviso a tutto il vecchio Pci oltre che ai sacrestani. Mentre Berlusconi, che certamente non andrà a farsi impallinare al Senato, non sa nemmeno dove il Senato è, sarà a Roma?, potrebbe mettere ancora una volta tutti nel sacco.
Craxi credeva nel Parlamento, a torto. Berlusconi non crede nel Parlamento, ma sa fare (manipolare) l’opinione meglio dei pallidi democratici. Non è una differenza da poco, non è una colpa da poco. Non di Berlusconi, semmai di Craxi, che non capì in tempo.
La giustizia spettacolo Berlusconi combatte con la politica spettacolo. È un gioco tra furbi. Ma non uguale. Berlusconi è un privato cittadino, benché ricco, mentre i giudici sono istituzioni. Oppure no?
Un’altra differenza è che Berlusconi si rivolge alla audience, al popolo. I suoi giudici invece ai carabinieri. E ora che faranno? Ammanettarlo non possono. Ucciderlo? 

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