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giovedì 5 dicembre 2013

Calabria nobilissima

Bisognerà rivalutare il tribalismo. Gli Usa del resto, sotto la cui bandiera prospera l’era globale, non sono cosmopoliti, nient’affatto: sono superetnici. Il padre del Grande Amico d’adolescenza del padre dello scrittore, quindi siamo attorno al 1938, un irlandese, non sedeva a tavola se l’“italiano” era invitato a mangiare. Ma ci sono anche effetti benefici del tribalismo, e questo “Stolen figs”, la riscoperta di Gimigliano, il paese dei nonni in Calabria, ne è celebrazione. Semplice, graziosa, golosa. Trecento fittissime pagine di un modo diverso. Un mondo a parte anche, la “parte misteriosa” della gloriosa Italia – i “fichi rubati” del titolo sono più dolci, e per questo si rubano, non per bisogno ma per modo di essere, perché gustati con lo scherzo o la beffa.
La scoperta è ritracciata attraverso la memoria femminile, che sola assicura la persistenza, mentre il nonno e il padre la rifiutano. Quindi attraverso il cibo, la devozione, la parentela – l’unico ingolfato nel “tutto è mafia” è lo studente, il “novissimo”, che all’università “segue” teatro e danza (teatro e danza si studiano o non si praticano?). Ma niente di bozzettistico. Niente neanche di eccezionale, ma sì il miracolo della scrittura – Rotella è anche (ri)traduttore di Levi, “Cristo s’è fermato a Eboli”..
Un miracolo pure di precisione, con pochissimi errori nei toponimi o termini italiani, “Delianovo, “capicola”, roba del genere (ma ha un “cazzo americano” invece di cazzone), e solo uno o due errori di fatto. Uno forse non per colpa dello scrittore: un’addetta del consolato italiano a New York lo convince che non può avere la cittadinanza italiana via nonna, perché le donne fino al 1935 “non avevano diritti civili”. L’altro è l’uso costante di ocean per i miti mari mediterranei, il Tirreno, lo Ionio (il Roget’s se ne meraviglierebbe, che solo registra di assimilabile le Oceanidi, le ninfe marine) – eredità forse della Florida, dove l’autore è nato e cresciuto. Anche “affumicare la carne” è sbagliato: il maiale in Calabria si bolle o si secca all’aria, facendolo poi “rinvenire” nell’olio – ma può darsi che negli Usa, dove i nonni e i prozii dello scrittore ne continuarono il rito invernale, abbiano dovuto ricorrere all’affumicatura, altri climi.
Il pregio di questa riscoperta è che per una volta si evita la nostalgia vacua - di che? È la novità, seppure delle piccole cose, che Rotella fa gustare, giorno dopo giorno. Partendo dalla casualità: in vacanza a Perugia col padre, lo convince a tornare, benché di malavoglia, al paese per un week-end. In realtà per poche, svogliate, ore, ma sufficienti a sorprendere il figlio. Ogni piccolo evento, gesto, saluto, atteggiamento, smorfia, locuzione nei soggiorni successivi del figlio si racconta con effetto di sorpresa, nella sua diversità, nelle radici se ce ne sono, nei significati reconditi, storici, mitici, o solo di adattamento.
Non è un libro nuovo. Fa dieci anni questo piccolo capolavoro della letteratura di viaggio, ma non trova editore in Italia. La novità è questa. È un libro di scoperta, ma di scoperta della Calabria, dove non si legge – è per questo che non si traduce? Ma costa poco in originale, e si legge difilato, benché semplice, perché semplice – non bisogna sapere molte parole d’inglese.
Mark Rotella, Stolen figs (and other adventures in Calabria), Farrar, Strauss and Giroux, pp. 320 $ 16

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