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mercoledì 5 febbraio 2014

Letture - 161

letterautore

Capitalismo – C’è ora un Madoff per tutto, il “Madoff dei Parioli”, etc., per ogni uomo di denaro che promette guadagni folli, salvo ritrovarsi senza il capitale. Non il ladro che scappa  ma un “mago della finanza”: qualcuno, più spesso una persona spiritata, che pensa di avere il segreto della ricchezza, lo vuole, ne è certo. Nell’alveo della ricchezza (denaro) come magia. Non assurdo come sembra, e anzi istituzionale, nella sociologia più avveduta del fenomeno.
Il Madoff di Conrad, il protagonista occulto del romanzo “Chance”, è uno che chiama Thrift tutte le sue finanziarie. Il thrift, il senso della vita risparmioso, intento col denaro a produrre altro denaro invece che a spenderlo, è il motore del “capitalismo protestante” di Max Weber, l’accumulazione costante. Altre sociologie della ricchezza, da Mandeville a Sombart, mettono al centro dell’accumulazione la spesa, e anzi il lusso, il dispendio. Ma non convincono, sembrano paradossali. La teoria di Max Weber è la più accreditata - nelle contrade latine, cattoliche, anche a motivo dell’anticlericalismo che consente.
È peraltro per il senso dell’accumulo che lo scandalo si crea. Il protagonista di Conrad è convinto, spera, sa che se si aspetta ancora lui saprà rifarsi e ripagare tutti. E in effetti in tutti gli scandali, è sempre incerto il momento in cui la speculazione va arrestata: non c’è un limite fra lecito e illecito. Il diritto commerciale e fallimentare ne prevede alcuni, ma è sempre l’autorità che trova o impone d’imperio un limite, magari su denuncia o imposizione di una parte avversa – così con Calvi, Gardini, Tanzi, etc. La finanza si vuole ed è creativa.

Classici – Tocqueville li ridimensiona elogiandoli (“La Democrzaia in America”, II, cap. 15) – o ne dà la giusta dimensione: “Se gli scrittori (antichi) hanno qualche volta mancato di fecondità nei soggetti, di arditezza, di movimento, di generalizzazione nel pensiero, hanno però sempre espresso un’arte e una cura ammirevole dei particolari”. Minuziosi, non profondi.
O non sarà questa la classicità, il fondo della sua capacità di rivivere? Una dimensione “giusta”, non nel senso della storia come freccia, che non  c’era nella classicità. Quello di Tocqueville è infatti un giudizio ottocentesco, della storia in corsa.

Dialetto – È “l’amico di casa” che ora ci manca, diceva Heidegger, che per questo s’impegnò in un breve scritto sul poeta popolare vernacolare Hebel: “Erriamo oggi in una casa del mondo alla quale manca «l’amico di casa»”.
Ma è di riappropriazione che si parla. Heidegger ebbe forte, specie dopo gli errori con Hitler, la componente locale familiare, sveva, alemanna, per il senso della vita e dello stesso filosofare: il radicamento, la lentezza. Hebel, poeta della Foresta Nera, trascorse metà almeno della sua vita lontano. La sua poesia è della  nostalgia e della riscoperta, la lingua del paese – meglio, il linguaggio – è rivissuta, e riapprezzata, in controluce. Rivive come ritorno.
Heidegger “usa” Hebel a suo modo, quasi che il dialetto fosse la chiave per “portare alla parola”. Con ciò intendendo l’origine del linguaggio: “«Portare alla parola» significa: innalzare la cosa non parlata e non detta nella parola e far apparire delle cose nascoste fino ad allora tramite il dire”. Ma sa che il segreto del dialetto è di essere stato assunto nella lingua: “Hebel è riuscito a inserire la lingua del dialetto alemanno nella lingua standard e scritta. In questo modo il poeta fa risuonare la lingua scritta come pura eco del dialetto”. Pura forse no, e neanche eco, ma familiare sì.

Fiamminghi – La pittura fiamminga fu spregiata in Germania fino a tutto l’Ottocento. Per la tedesca Empfindung, la sensibilità, era un’arte troppo realistica – “un realismo troppo crudo corrispondente, in letteratura, allo stile basso o sermo humili” (Eleonora de Conciliis). Inadatta, come tecnica e finalità, alla raffinatezza che si vuole dall’arte.

Luoghi comuni -. Kafka, nel saggio a lui dedicato da Deleuze e Guattari, che ne f anno il campione della “letteratura minore” (“Non c’è i grande, e di rivoluzionario, che il minore. Odiare tuta la letteratura da maestro”), ne sarebbe la talpa, nel racconto omonimo e non solo, e la spia. Conscio – oppure no? per caso – che rifiutare, evitare, sottovalutare gli stereotipi è la via maestra per finirvi dentro. Che la scrittura “che dice” ne fa, al contrario , un punto di partenza.
Che vuole essere un paradosso, e lo è.

Storia – “Oltre 500.000 libri di storia in lingua inglese per tutti coloro che amano conoscere e ricostruire le vicende storiche e politiche dall'antichità ai giorni nostri” – li promette la libreria online Ibs. E nelle altre lingue? Un milione, due milioni di libri di storia avvolgono la terra? Oggi, e ieri?. 

Tedesco – Si pensa egemonico, anche linguisticamente, anche nelle menti più considerate, anche per errori grossolani. Kant, trovandosi in presenza di nomi similari in farsì e in dialetto, derivati dallo zoroastrismo, ne conclude senza più che “l’attuale persiano contiene una gran quantità di parole provenienti dalla lingua tedesca”.

letterautore@antiit.eu

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